Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25550 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25550 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9806 – 2022 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
intimato –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA del 14 febbraio 2020, depositato in data 14/2/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/9/2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
C on decreto del 14 febbraio 2020, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha rigettato il ricorso proposto avverso il provvedimento del Tribunale di Caltanissetta che aveva liquidato al ricorrente/opponente il compenso in euro 16.800,00 spettantegli quale amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro ai sensi del d. lgs. n. 159/2011, nei procedimenti di prevenzione iscritti ai n. 8/2011 e 4/2011 del Tribunale di Caltanissetta.
Avverso questo decreto, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione nelle forme previste dal rito penale; quindi, la IV Sezione penale, con ordinanza n. 8540/2022 del 1/3/2022, depositata il successivo 14/3, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso ad una sezione civile .
Con provvedimento del 17/3/2022, il Presidente aggiunto ha disposto la trasmissione del ricorso alla Cancelleria centrale civile che lo ha, perciò, iscritto nel Registro generale con l’attuale n. 9806/2022 in data 22/4/2022; è seguita la trasmissione a questa sezione tabellarmente competente.
In data 15/5/2023, al ricorrente è stata comunicata la proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis cod. proc. civ., formulata dal Consigliere delegato per manifesta inammissibilità in quanto il ricorso, proposto secondo le forme del rito penale, anziché nelle forme del rito civile, non è stato notificato ad alcuno, risultando quindi inammissibile.
In data 19/6/2023, NOME COGNOME ha depositato istanza di decisione del ricorso, corredata da nuova procura e la trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, prima dell’esposizione dei motivi, deve prendersi atto che -come rilevato nella proposta di definizione accelerata – il difensore non ha provveduto alla notifica del ricorso al Ministero dopo la riassegnazione del ricorso, ma ha sostenuto, con l’istanza di decisione, che , a seguito della riassegnazione del ricorso alle Sezioni civili di questa Corte, avrebbe dovuto essere a lui concesso un termine per provvedere alla corretta instaurazione del contraddittorio.
Questa istanza deve allora essere interpretata come richiesta di rimessione in termini per provvedere alla corretta instaurazione del contraddittorio, posto che il ricorrente avrebbe ben potuto provvedere autonomamente alla notifica della sua impugnazione dopo la pubblicazione dell’ordinanza di trasmissione della IV Sezione penale.
1.1. Sul punto, deve considerarsi che, come proprio puntualizzato dalla IV sezione penale di questa Corte nel disporre la trasmissione del fascicolo al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni civili, secondo la giurisprudenza di legittimità, sia civile che penale, la trattazione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sulla liquidazione dei compensi ai difensori e agli altri ausiliari del giudice spetta alle sezioni civili della Corte, a prescindere dalla natura del procedimento al quale inerisce il decreto opposto (cfr. Cass. Sez. 4, n. 44810 del 22/10/2013, in cui il principio è stato affermato con riferimento agli onorari dovuti al difensore d’ufficio; Cass. Sez. 2 civile n. 11577 del 11/5/2017, con riferimento proprio alla liquidazione del compenso del custode e dell’amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro di prevenzione, ai sensi della legge n. 575/1965, abrogata dal d. lgs. n. 159/2011; Cass. Sez. 2 civile, n. 15813 del 2/7/2010, con riferimento alla liquidazione degli onorari e delle spese al difensore di collaboratore
di giustizia; più di recente, Cass. Sez. 2, n. 12802 del 14/5/2019, Sez. 6-2 civile, n. 10136 del 16/4/2021). D’altronde, tali principi si inseriscono nel contesto di un consolidato orientamento giurisprudenziale, avendo le Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 19161 del 3/9/2009, precisato che il procedimento di opposizione, ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115/2002, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice, oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento decisorio spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione.
È vero che l’art. 42 d. lgs. n. 159/2011 ha introdotto una disciplina specifica con riferimento alle spese, ai compensi e ai rimborsi spettanti all’amministratore giudiziario dei beni sequestrati confiscati, alla stregua della quale la determinazione dell’ammontare del compenso e la sua liquidazione sono disposte dal Tribunale, sezione misure di prevenzione, su relazione del giudice delegato (comma 4), prima della redazione del conto finale (comma 5), sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’art. 8 d.lgs. n. 14/010 (istitutivo dell’Albo degli amministratori giudiziari) e avverso tali provvedimenti l’interessato può proporre ricorso alla Corte d’appello, che giudicherà in diversa composizione nel caso di provvedimento emesso dall’ufficio di secondo grado (comma 7).
L’art. 42, però, non contempla il ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide il ricorso di cui al comma 7, essendo tale mezzo di impugnazione espressamente limitato alle ipotesi disciplinate dall’art. 10 d. lgs n. 159/2011, pertanto, questo provvedimento che
decide sul ricorso proposto ai sensi dell’art. 42, poiché ha natura dispositiva e incide su diritti soggettivi (a differenza di quelli aventi natura meramente gestoria), deve ritenersi ricorribile davanti alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., secondo i principi generali e, dunque, al di fuori del procedimento speciale come sopra delineato (cfr., sul punto, Cass. Sez. 2 civile, n. 11577 del 11/5/2017, con riferimento all’opposizione proposta ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115/2002 dal custode e amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro di prevenzione ai sensi della previgente legge n. 575 del 1965, in cui la Corte ha ritenuto per l’appunto ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi del citato art. 111, comma 7, Cost.). Ne deriva che, in assenza di una espressa previsione contenuta nella normativa di settore, la individuazione delle sezioni della Corte di cassazione competenti a decidere sul ricorso proposto avverso la decisione della Corte d’appello, adottata ai sensi dell’art. 42, comma 7, d. lgs. n. 159 del 2011, va condotta secondo i principi formulati dal giudice di legittimità con riferimento alla liquidazione dei compensi a tutti gli ausiliari del giudice, tenuto conto della natura del provvedimento decisorio, avente ad oggetto una controversia di natura civile ( così nell’ordinanza Cass. IV Sezione penale, n. 8540 del 2022 del 1/3/2022).
Con il suo provvedimento di riassegnazione, la Prima Presidente ha ugualmente rimarcato che, sin dalle Sezioni Unite n. 19161 del 2009, questa Corte ha affermato che i ricorsi in materia di liquidazione dei compensi agli ausiliari del Giudice e di indennità dei custodi sono proposti nelle forme del rito civile.
1.2. In altri termini, la scelta del rito civile invece che penale per l’impugnazione costitui va questione decisa dalla nostra Corte prima dell’ordinanza del 2022 di rimessione al Primo Presidente.
Ciò posto, l ‘erronea proposizione dell’impugnazione nelle forme penali, invece che civili e l’omessa notifica del ricorso al Ministero contraddittore già risultano imputabili al ricorrente.
A ciò, in ogni caso, deve aggiungersi che l’istanza di rimessione in termini come prospettata nell’istanza di decisione , depositata in data 19/6/23, è stata proposta -oltre che dopo oltre un anno dall’ordinanza di rimessione della IV Sezione penale – dopo oltre un mese dalla comunicazione della proposta di decisione, avvenuta in data 15/5/23: questo tempo, allora, risulta inadeguato per l’attivazione del procedimento notificatorio, in riferimento ai criteri stabiliti da Cass., Sez. U., n. 14594 del 15/07/2016, in quanto evidentemente superiore alla metà del termine ordinariamente concesso per l’impugnazione in Cassazione ex art. 325 cod. proc. civ.; il notificante, infatti, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (il principio è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte; ex plurimis , Cass. Sez. 6 – 3, n. 19059 del 31/07/2017; Cass. Sez. 5, n. 11485 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – 3, n. 20700 del 09/08/2018; Cass. Sez. L, n. 17577 del 21/08/2020).
Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a statuizione sulle spese in assenza di un contraddittore.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione del comma quarto dell’art. 96 cod. proc. civ., il ricorrente deve essere condannato al pagamento di una somma, equitativamente determinata, a favore della Cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass., Sez. U., 27-9-2023 n. 27433 e Cass., Sez. U., 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 comma III e IV cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un ‘ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna NOME COGNOME ex art. 96 IV comma cod. proc. civ., al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di Euro 1.500,00.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 18 settembre 2024.
La Presidente NOME COGNOME