Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2471 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2471 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
ORDINANZA
Oggetto
Università Bari
–
Dipendenti area
tecnica
Indennità
posizione variabile
aggiuntiva nella
composizione della indennità di
perequazione ex art. 31 d.P.R. n.
761/1979
R.G.N. 5599/2020
COGNOME
Rep.
sul ricorso 5599-2020 proposto da:
Ud.23/01/2025
UNIVERSITA’ DEGLI RAGIONE_SOCIALE DI BARI NOME COGNOME, in persona del Rettore pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC dei difensori CC
ricorrente principale –
Contro
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CONSORZIALE RAGIONE_SOCIALE BARI, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
–
di
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE DI BARI;
– controricorrente al ricorso incidentale nonché contro
NOME COGNOME
– intimate – avverso la sentenza n. 1680/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 30/07/2019 R.G.N. 171/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. Il Tribunale di Bari, con sentenza del 15.12.2014, condannava l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro (di seguito: Università) a pagare alle dipendenti NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, appartenenti all’area tecnica in servizio presso l ‘Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari (di seguito: Policlinico) le somme specificamente indicate, per ciascuna di esse, in dispositivo, a titolo di indennità di equiparazione ex artt. 1 l. n. 200 del 1974 e 31 d.p.r. n. 761 del 1979, per il periodo dal 1^ gennaio 2002 al 30 ottobre 2004; dichiarava altresì il Policlinico e la Regione Puglia, quali terzi chiamati in garanzia, tenuti in solido a manlevare l’Università, in relazione alla condanna di cui al capo
che precede, dal pagamento delle somme liquidate a titolo di indennità di equiparazione.
Avverso detta pronunzia proponeva appello il Policlinico, contestando sia l’ an del credito che la sussistenza di un rapporto di manleva, nella resistenza dell’Università e delle dipendenti NOME COGNOME e NOME COGNOME che chiedevano entrambe il rigetto dell’opposizione , mentre rimaneva contumace NOME COGNOME
2.1. Resisteva altresì la Regione Puglia, spiegando appello incidentale.
La Corte territoriale, per quanto qui rileva, così decideva: accoglie l’appello principale per quanto di ragione e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta la domanda di manleva formulata dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro nei co nfronti dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari; conferma nel resto la sentenza gravata, dichiarando assorbito l’appello incidentale.
La sentenza di appello, dopo aver escluso nell’ an il diritto dei dipendenti all’indennità di posizione variabile aggiuntiva nella composizione della indennità di perequazione cd. piccola indennità COGNOME e dopo aver sottolineato che nel giudizio di appello è pacifica l’ammissibilità della contestazione del diritto attoreo, perc hé l’obbligazione principale costituisce la premessa necessaria della garanzia invocata dal chiamante, nella specie, dall’Università, nega, però l’esistenza di un obbligo di manl eva del Policlinico, non esistendo l’obbligazione principale ed altresì essendo l’obbligazione di garanzia subordinat a all’ottenimento del finanziamento da parte della Regione Puglia, finanziamento del quale l’Università non ha offerto prova; conferma , però, la pronunzia di primo grado nel rapporto processuale fra l’Università, la Regione Puglia e le dipendenti in ragione della
richiesta di rigetto dell’appello formulata dall’Università nelle conclusioni della comparsa di resistenza in sede di gravame e dell ” assorbimento ‘ (così testualmente in sentenza) dell’appello incidentale, per mancata notifica dello stesso, notifica indispensabile ai fini della rimozione dell’obbligazione accollata. 4.1. In conseguenza, della scelta processuale da parte dell’Università di chiedere solo il rigetto dell’appello, la sentenza qui impugnata evidenzia, poi, che non è applicabile il principio estensivo della riforma in appello enunziato da Cass. Sez. U, n. 24707/2015, successivamente ripreso da Cass. n. 21098/2017. Al riguardo si legge nella pronunzia: ‘ A fronte di siffatta netta presa di distanza dell’Università dall’appello del Policlinico, anche nella parte in cui l’impugnazione del chiamato in garanzia investe e nega il diritto delle lavoratrici; accertato, cioè, il totale dissenso del garantito dal gravame, deve considerarsi precluso l’effetto estensivo della parziale riforma, che le Sezioni Unite si sono spinte a configurare pure ne caso, di per sé neutro, della contumacia in appello del garant ito’.
Avverso detta pronunzia propone ricorso per cassazione l’Università articolandolo in due motivi.
Propone controricorso con ricorso incidentale la Regione Puglia, articolandolo in quattro motivi, illustrati da memoria.
Con controricorso resiste il Policlinico, anche rispetto ai motivi formulati nel ricorso incidentale, depositando altresì memoria.
Restano intimate NOME e COGNOME Rosa.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare va rilevato che nella fattispecie sussiste un litisconsorzio facoltativo, dovuto alla riunione dei giudizi da parte del giudice di primo grado (cfr. pag. 1 della sentenza di appello).
Si deve in proposito rammentare che la notificazione dell’impugnazione a parti diverse da quelle dalle quali o contro le quali è stata proposta ai sensi dell’art. 332 c.p.c. non ha la stessa natura della notificazione prevista dall’art. 331 c.p.c., relativa all’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili in quanto, mentre in tale ultima norma si tratta, appunto, di una vocatio in ius per integrare il contraddittorio, nell’ipotesi di cause scindibili detta notificazione integra soltanto una litis denuntiatio , allo scopo di avvertire coloro che hanno partecipato al giudizio della necessità di proporre le impugnazioni, che non siano già precluse o escluse, nel processo instaurato con l’impugnazione principale (Cass. n. 7031/2020, rv. 657280-02 che richiama Cass. n. 3858/1983, rv. 428782-01).
Pertanto, in caso di omissione dell’indicata notificazione (ordinata o meno dal giudice), si produce l’unico effetto per cui il processo, per facilitare l’ingresso dell’eventuale interveniente, è da ritenere in situazione di stasi e di quiescenza e la sentenza non può essere utilmente emessa fino alla decorrenza dei termini stabiliti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. (Cass. n.7031/2020, rv. 657280-02; Cass. n. 9080/2013 e Cass. n.3858/1983, rv. 428782-01).
Nel caso di specie, il termine cd. lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza n. 1680/2019 della Corte di Appello di Bari del 30.7.2019, entro il quale poteva essere proposto il ricorso per cassazione è ampiamente decorso, e non si prospetta dunque la necessità di ordinare ex art. 332 c.p.c. la notifica del ricorso per cassazione a NOME COGNOME cui non risulta notificato.
Ne consegue la formazione del giudicato quanto alla posizione di NOME COGNOME contumace nel giudizio di appello, cui non è stato notificato il ricorso per cassazione.
1.1. Il primo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e/o l’errata applicazione dell’art. 1 l. n. 200 del 1974; dell’art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979; del d.i. del 9.11.1982, all. D; dell’art. 6 del d.m. 31.7.1997, dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001; ed inoltre, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
1.2. Con la prima censura l’Università lamenta, nella sostanza, l’erroneità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui non valorizza l’effettiva domanda delle lavoratrici. Rappresenta, infatti, che le dirigenti non hanno agito in giudizio per il riconoscimento del la spettanza dell’indennità di posizione variabile, ma per ottenere gli arretrati dell’adeguamento dell’indennità perequativa, per un limitato periodo (2002 -2004) ovvero a decorrere dal loro passaggio giuridico ed economico alla categoria D, avvenuto con progressione verticale, tanto desumendosi dagli atti del giudizio di primo grado, del quale si riportano nel corpo del motivo le conclusioni: ‘accerti e dichiari l’inadempimento contrattuale dell’Università di Bari all’obbligo di adeguamento dell’indennità di perequazione, istituita dall’art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979, nella misura di cui alle tabelle approvate dal Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Bari in data 24.11.1998 per il periodo compreso tra il gennaio 2002 (data di inquadramento della ricorrente nella categoria ‘D’ già VIII q.f.) ed il novembre 2004 (data a partire dalla quale l’Università ha iniziato a corris pondere gli adeguamenti dell’indennità di perequazione rispetto all’inquadramento contrattuale della ricorrente in categoria D).
1.3. Le dipendenti insomma -si assume nella doglianza -lamentano di aver ottenuto l’adeguamento della indennità di equiparazione ospedaliera alla nuova categoria soltanto a
partire dal novembre 2004, anziché a far data dall’inquadramento giuridico nella nuova categoria.
1.4. Il motivo è inammissibile, in quanto non individua correttamente il vizio, la violazione dell’art. 112 c.p.c., da denunziare ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., e nel rispetto del principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U. n. 17931/2013, rv. 627268-01. Il ricorso per cassazione, infatti, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c. deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, quindi, benché non sia indispensabile che il mezzo faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., occorre pur sempre che rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, la violazione dell’art. 112 c.p.c , dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge.
1.5. Ebbene, la doglianza articolata con il primo motivo non è rispettosa di detti principi in quanto, invece, denunzia l’erroneità della sentenza per travisamento della fattispecie e la nullità conseguente a detto travisamento , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (cfr. pag. 12 del ricorso in cassazione), con conseguente inammissibilità della censura.
Il secondo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 31, comma 2, d.P.R. n. 761 del 1979; dell’art. 6, comma 6, del d.i. 31.7.1997; dell’art. 7 d.lgs. n. 517 del 1999 con specifico riguardo all’obbligo del Policlinico di fornire le risorse finanziarie per il pagament o dell’indennità per cui è causa e all’obbligo di manleva del lo stesso Policlinico nei confronti dell’Università , in relazione agli artt. 32, 108, 331 c.p.c., con riguardo agli effetti dell’impugnazione del Policlinico, terza chiamata in causa in garanzia, sul soggetto garantito, Università, soccombente in primo grado.
2.1. Rappresenta che è nulla la sentenza di appello perché dalla lettura integrale della memoria difensiva dell’Università in sede di gravame emerge che il predetto datore non ha affatto formulato conclusioni in aderenza con quelle dei dipendenti, riportandosi, invece, alle difese svolte in primo grado, ribadendo che il diritto all’indennità per cui è causa è dovuta solo a parità di mansioni, funzioni e anzianità.
La conseguenza – si argomenta nel motivo – è che la richiesta di integrale conferma della sentenza n. 9505/2014 formulata nelle conclusioni va letta in maniera non avulsa dalle osservazioni innanzi svolte e quindi come riferentesi alla sola disposta condanna del Policlinico in manleva.
2.3. Il motivo – prima ancora che infondato, alla luce delle conclusioni rassegnate dall’Università nell’atto di costituzione in appello in cui (secondo quanto risulta della sentenza impugnata e dallo stesso motivo) si chiedeva il rigetto del gravame proposto dal Policlinico – è inammissibile perché la doglianza non è formulata nel rispetto dell’art. 366 c.p.c.
2.4. Nel mezzo, infatti, è riportato solo parzialmente, in stralcio ed in modo tale da non consentire una compiuta valutazione del
tenore dell’atto, il contenuto della costituzione in appello , sicché risulta violato l’art. 366 n. 6 c.p.c.
Il ricorso incidentale della Regione Puglia è articolato in quattro doglianze:
3.1. la violazione e falsa applicazione dell’art. 436 c.p.c. e dell’art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 3, c.p.c. , per aver la corte di appello erroneamente dichiarato ‘assorbito’ l’appello incidentale (così in sentenza), in ragione della mancata notifica, pur essendosi le controparti difese nel merito, in tal modo dimostrando l’avvenuta notifica e, comunque, l’accettazione del contraddittorio sulle questioni poste dall’ appello incidentale;
3.2. la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e l’omessa pronunzia sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Regione Puglia, per non avere la sentenza impugnata affermato la piena ed esclusiva legittimazione processuale passiva dell’Università e del Policlinico, essendo l’ente territoriale del tutto estraneo sia al rapporto di impiego che al rapporto di servizio;
3.3. la violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e l’omessa pronunzia sulla eccezione di prescrizione; la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 r.d.l. n. 295/1939 e ss.mm. e dell’art. 2948, n. 4, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; la violazione e falsa applicazione dell’art. 1309 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La Regione ripropone l’eccezione di prescrizione che assume sollevata nell’appello incidentale e non esaminata.
3.4. la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.; l’infondatezza della domanda di garanzia e delle pretese delle lavoratrici.
Il ricorso incidentale è inefficace.
4.1. Il ricorso incidentale della Regione Puglia è stato notificato in data 18 maggio 2020, dunque ben oltre il termine cd. lungo di sei mesi, essendo stata pubblicata la sentenza della Corte territoriale impugnata, come evidenziato al punto 1, in data 30.7.2019.
Tuttavia esso è tempestivo, ex art. 334, comma 1, c.p.c., rispetto al ricorso principale.
Infatti, notificato il ricorso principale dell’Università all’ente territoriale in data 14 febbraio 2020, calcolata la cd. sospensione Covid-19, il termine per la notifica del ricorso incidentale scadeva il 29 maggio.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso principale comporta, tuttavia, l’applicazione dell’art. 334, comma 2, c.p.c.
a tenore del quale se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, quella incidentale tardiva (perché come si è detto proposta oltre il termine perentorio imposto dall’art. 327 c.p.c.) perde ogni efficacia.
Conclusivamente vanno dichiarati inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei rapporti tra l’Università, il Policlinico e la Regione Puglia in conseguenza della declaratoria di inefficacia del ricorso incidentale della Regione Puglia e si liquidano come in dispositivo. Non occorre provvedere sulle spese quanto al rapporto processuale con le parti rimaste intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso art.
8. Le richiamate condizioni processuali non ricorrono nei confronti della ricorrente incidentale in quanto la perdita di efficacia dell’impugnazione non rientra fra le ipotesi tassative indicate dal citato art. 13, non potendo essere equiparata ad una pronuncia di rigetto, di inammissibilità originaria o di improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 18348/2017).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale. Condanna la ricorrente Università degli Studi di Bari, Aldo Moro, al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari e Regione Puglia, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 23.1.2025
La Presidente NOME COGNOME