Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4206 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
Oggetto: contratti bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20118/2023 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.
-intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 4480/2023, depositata il 21 giugno 2023
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
–NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 21 giugno 2023, che, in riforma della sentenza del locale Tribunale, lo ha condannato al pagamento in favore della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. della somma di euro 155.677,990, oltre interessi, quale fideiussore delle obbligazioni assunte nei confronti della banca dalla Selit s.r.l.;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, intervenuta nel giudizio di primo grado quale cessionaria del credito dedotto in giudizio;
la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. non spiega alcuna difesa; – a seguito di proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., parte ricorrente chiede la decisione della causa; – la controricorrente deposita memoria illustrativa;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia la «violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nullità del procedimento ed omesso esame circa un fatto decisivo», per aver la sentenza impugnata erroneamente affermato che il contratto di conto corrente n. 1661 era stato depositato dalla banca sin dalla proposizione della domanda monitoria, laddove, invece, era stato depositato solo nel corso del giudizio di primo grado;
con il secondo motivo deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nullità del procedimento ed omesso esame circa un fatto decisivo», asserendo che la sentenza di appello sarebbe viziata in quanto fondata su «una prova mai esistita, e prodotta tardivamente, ben oltre 10 anni dopo»;
con il terzo motivo si duole della «violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo», per aver
la Corte di appello omesso di rilevare d’ufficio la nullità del patto di capitalizzazione trimestrale sul tasso a debito;
-con l’ultimo motivo lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo », in relazione alla mancata considerazione del pagamento della somma di euro 7.451,78;
la proposta di definizione del giudizio ha ritenuto che i primi due motivo fossero inammissibili, osservando quanto segue: la censurata statuizione « si pone in conformità all’insegnamento di questa Corte, secondo cui nell’ipotesi di smarrimento del proprio fascicolo e dei documenti in esso allegati, la parte ha l’onere di richiedere al giudice il termine per ricostruirlo e, disposte infruttuosamente le opportune ricerche tramite la cancelleria, può depositare nuovamente i documenti, onde il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, di documenti che la parte invoca, se il fascicolo risulta depositato per tale momento, comporta per il giudice l’obbligo di disporre la ricerca di essi con i mezzi a sua disposizione e la possibilità per la parte di ottenere di depositarli nuovamente ovvero di ricostruirne il contenuto, se erano stati ritualmente prodotti . Per il resto, pur laddove si invoca la violazione dell’art. 115 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo, si ripropone inammissibilmente il giudizio sul fatto, come risulta dalla stessa formulazione del secondo motivo di ricorso»;
aggiunge che: «il terzo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata, che ha decurtato dal credito della banca la somma accertata da questa indebitamente pretesa a titolo di anatocismo (p. 10); -il quarto motivo è manifestamente infondato, avendo la corte territoriale provveduto ad un nuovo accertamento del totale dovuto, che include ogni diversa minor somma reputata dal primo giudice»;
il Collegio condivide tali considerazioni, non investite da specifiche critiche nell’istanza di opposizione;
il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540);
-il ricorrente va, dunque, condannato, nei confronti della controricorrente, al pagamento di una somma che può equitativamente determinarsi in euro 7.500,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.500,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 7.500,00 in favore della controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale dell’8 gennaio 2025 .