Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28986 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28986 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
sul ricorso 8258/2024 proposto da:
DEL MURO COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
–
ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CANOSA RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
controricorrente –
nonché contro
PASTORE NOME
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1409/2023 depositata il 27/09/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre a questa Corte onde sentir cassare sulla base di quattro motivi di ricorso, ai quali resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’epigrafata sentenza con la quale la Corte di appello di Bari ha respinto il gravame della stessa, nonché della litisconsorte NOME COGNOME, avverso la decisione del tribunale di Trani, che, revocato il decreto ingiuntivo nei confronti di costoro, aveva condannato la COGNOME e la COGNOME al pagamento della somma di € 9.226,18 oltre accessori.
Riguardo al proposto ricorso il presidente ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’articolo 380bis cod. proc. civ.:
« 3. Il ricorso contiene i seguenti motivi.
Primo motivo: violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 1845, 1175 e 1375 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma n. 3) c.p.c.
Secondo motivo: violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 2697, secondo comma c.c. in relazione all’art. 360, primo comma n. 3) c.p.c.
Terzo motivo: violazione e falsa applicazione delle norme in materia di prova e, segnatamente, l’art. 2967 c.c. dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 1226 e 2056 c.c. in relazione all’art. 360, 1° comma n. 3) c.p.c.
Quarto motivo: violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 111 6° comma della Costituzione in relazione all’art. 360 primo comma n. 3) c.p.c.
– Il ricorso è palesemente inammissibile.
4.1. – È palesemente inammissibile il primo mezzo.
Esso non ha nulla che vedere con una censura di violazione di legge, e, cioè, nulla dice sul significato e la portata applicativa delle norme sostanziali richiamate in rubrica.
Viceversa la censura sostiene che: « Il CTU, nel giudizio di primo grado, dopo aver esaminato il conto corrente intercorso tra le odierne parti in causa, ha erroneamente affermato che la revoca dell’affidamento bancario risale al 01.10.2006 ». E cioè si tratta di una censura totalmente versata in fatto e diretta a capovolgere l’accertamento in proposito operato dalla corte territoriale.
Quanto alla violazione dell’articolo 115 c.p.c., è nozione elementare che per dedurre la violazione di detta norma, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a
fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867 tra le tantissime).
Nel caso in esame non è neppur dedotto che nel processo si sia verificato quanto costituisce violazione dell’articolo 115 c.p.c., ed invece la censura denuncia ciò che secondo la ricorrente avrebbe determinato un erroneo governo del materiale istruttorio.
4.2. – Non meno inammissibile è il secondo mezzo.
La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).
Nulla di tutto ciò ricorre nel caso di specie.
4.3. – Non è il caso di dilungarsi sull’ammissibilità del terzo mezzo, che combina gli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c.,
pervenendo a sollecitare la Corte di cassazione ad una riedizione del giudizio di fatto, che è del tutto al di fuori dai compiti del giudice di legittimità. Per altro la censura riguarda il quantum debeatur , sicché la sua inammissibilità è comunque conseguente all’inammissibilità dei primi due mezzi.
4.4. – Anche l’ultimo mezzo è manifestamente inammissibile, dal momento che il rigetto della domanda risarcitoria è motivata: lo è sinteticamente, ma è una sintesi che rimanda a quanto precedentemente affermato in ordine alla infondatezza della domanda spiegata dalla COGNOME sull’ an . Sicché la ratio decidendi del rigetto è del tutto comprensibile.
Si propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. ».
la proposta è stata ritualmente comunicata alle parti e la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
E’ stata quindi fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.
Hanno depositato memorie entrambe le parti.
All’esito dell’odierna trattazione in camera di consiglio il collegio reputa di dover definire il giudizio in conformità alla riportata proposta.
Né in questo vi è motivo di rivedere le conclusioni a cui è pervenuta la proposta alla luce delle considerazioni esternate nella memoria ricorrente, atteso che la stessa si sostanzia in una contestazione generica ed intrinsecamente tautologica di dette conclusioni, senza evidenziare, cioè, alcun profilo di criticità oggettivamente valutabile nel senso di un loro ripensamento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata si applica a mente dell’articolo 380bis, comma 3, cod. proc. civ. l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. con conseguente condanna della parte soccombente al pagamento: a) di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) di un’ulteriore somma di denaro stabilita nel rispetto dei limiti di legge in favore della cassa delle ammende, somme che si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 3200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché dell’ulteriore somma di euro 3000,00, a norma dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.; condanna, inoltre, parte ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, della somma di euro 2.500,00 Euro, a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.9.2025.
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME