Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2245 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2245 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10062/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che rappresenta e difende i primi due e si difende personalmente ex art. 86 c.p.c.;
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, NOME COGNOME, COGNOME, CONDOMINIO INDIRIZZO COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, rappresentati e difesi dell’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE – SEZ.DIST.
TARANTO n. 359/2022 depositata il 24/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 359/2022 della Corte d’appello di Lecce -Sezione Distaccata di Taranto pubblicata il 24 ottobre 2022, che ha dichiarato inammissibile la domanda di revocazione della sentenza n. 566/2019 emessa dalla medesima Corte d’appello.
Resistono con controricorso il Condominio di INDIRIZZO Taranto, ed altri.
Le parti hanno depositato memorie.
Il ricorso deduce la nullità della sentenza impugnata (violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 e dell’art. 395 n. 4 e 5 c.p.c.) per carenza di motivazione ed assume che ‘l’inesistenza giuridica della società semplice RAGIONE_SOCIALE affermata nelle sentenze versate in atti, passate tutte in giudicato, è, pertanto, una verità assoluta, che dev’essere rispettata da tutti senza riserve o discussioni’.
Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non è perciò affatto ‘apparente’, consentendo un «effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr. Cass., Sezioni Unite, n. 8053 del 2014; Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 2767 del 2023).
La censura, esposta tra pagina 2 e pagina 3 di ricorso, non rispetta l’art. 366, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 6, c.p.c.
Manca l’esposizione dei fatti di causa rilevanti; manca l’indicazione specifica, chiara e intellegibile del fatto che si assume avere costituito
oggetto dell’errore e delle ragioni per cui la decisione d’appello appaia fondata, in tutto o in parte sull’affermazione di esistenza o inesistenza di tale fatto; manca quindi l’esposizione delle ragioni revocatorie ex art. 395 c.p.c.; manca, ancora, la specifica indicazione, ovvero l’illustrazione del contenuto rilevante, delle affermazioni contenute nella sentenza avente autorità di giudicato che si assume contraria a quella revocanda, per essere la materia del contendere oggetto del processo in corso coperta, in tutto o in parte, dal giudicato formatosi in altro, precedente giudizio.
Peraltro, l’istanza di revocazione, prevista dall’art. 395, n. 5, c.p.c., per essere la sentenza da revocare contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, è ammissibile solo quando si tratta di giudicato risultante da un giudizio separato e sempre che, con la sentenza da revocare, il giudice non abbia pronunciato sull’eccezione di giudicato esterno; quando il contrasto con un precedente giudicato sia stato invece eccepito nel corso del giudizio di appello, e costituì punto controverso su cui la sentenza ebbe o avrebbe dovuto pronunciare, il rimedio contro la violazione del giudicato è quello del ricorso per cassazione (Cass., Sez. Un., n. 21493 del 2010). Nel caso in esame, la decisione qui impugnata riferisce che la sentenza di appello, di cui è domandata la revocazione, era stata pronunciata in data 17 dicembre 2019, mentre le sentenze passate in giudicato, su cui fonda la domanda di revocazione, risalivano ad epoca precedente ed erano state, infatti, prodotte e oggetto di discussione nell’udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello.
Il Consigliere delegato, ravvisata la inammissibilità del ricorso per cassazione, aveva proposto la definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022.
I ricorrenti hanno chiesto la decisione del ricorso.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione anticipata, trovano applicazione il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c. L’integrale conformità dell’esito decisorio alla proposta ex art. 380 -bis c.p.c. costituisce, invero, indice della colpa grave della condotta processuale dei ricorrenti, per lo svolgimento di un giudizio di cassazione rivelatosi del tutto superfluo, con conseguente condanna degli stessi al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dei controricorrenti, nonché di somma in favore della cassa delle ammende, negli importi indicati in dispositivo (Cass., Sez. Unite, sentenza n. 9611 del 2024; Cass. ordinanze n. 36069, n. 27195, n. 28540 e n. 27433 del 2023).
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per l’impugnazione dichiarata inammissibile, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dai controricorrenti, che liquida in complessivi € 3.400,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge; condanna altresì in solido i ricorrenti, ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., al pagamento in favore dei controricorrenti della ulteriore somma di € 3.200,00 ed al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione