Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6837 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 6837 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27658/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
COGNOME
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, NELLA QUALITA’ DI CESSIONARIA DI RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente – nonché contro
RAGIONE_SOCIALE (GIARAGIONE_SOCIALE) , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE E, PER ESSA, RAGIONE_SOCIALE (NUOVA DENOMINAZIONE DI RAGIONE_SOCIALE), in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso NOME COGNOME dall’AVV_NOTAIO.
-controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO -controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME NOME NOME NOME NOME difes i dall’AVV_NOTAIO
-controricorrenti – nonché contro
NETTUNO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E, PER ESSA, RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, QUALE MANDATARIA DI RAGIONE_SOCIALE, POI RAGIONE_SOCIALE, OGGI RAGIONE_SOCIALE, SUCCEDUTA EX LEGE A RAGIONE_SOCIALE CEA COGNOME NOME E COGNOME NOME, NELLA QUALITA’ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E, PER ESSA, RAGIONE_SOCIALE
r.g. n. 27658/2022 Cons. est. NOME AVV_NOTAIO
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ARTURO
CUTTANO NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME E RAGIONE_SOCIALE NOME, NELLA QUALITA’ DI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati -Avverso la sentenza n. 1217/2022 del TRIBUNALE DI FOGGIA, depositata il giorno 6 maggio 2022. Udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 7 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE; udito l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO, per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME, debitori esecutati in una procedura di espropriazione forzata immobiliare intrapresa presso il Tribunale di Foggia dalla RAGIONE_SOCIALE (in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE) nella quale avevano spiegato intervento plurimi creditori, proposero due distinte opposizioni agli atti esecutivi:
(i ) la prima avverso l’ordinanza del 6 marzo 2012 , con cui il giudice dell’esecuzione aveva pronunciato su un reclamo ex art. 591-ter cod. proc. civ. sollevato avverso due avvisi di vendita emessi da NOME COGNOME, professionista delegato al compimento delle operazioni di vendita dei cespiti immobiliari;
(ii ) la seconda avverso l’ordinanza del 7 maggio 2013 , con cui il giudice dell’esecuzione aveva definito la fase cautelare dell’ opposizione
sub (i) , riqualificando l’opposizione come istanza di revoca della ordinanza emessa il 6 marzo 2012.
Sulle due controversie, riunite per ragioni di connessione, il tribunale ha pronunciato la decisione in epigrafe, dichiarando l’ inammissibilità di ambedue le opposizioni agli atti.
Per quanto ancora qui d’interesse, il giudice territoriale:
-) quanto alla opposizione sub (i), ha rilevato che gli esperimenti di vendita indetti con i contestati avvisi erano risultati deserti, da ciò inferendo la sopravvenuta carenza di interesse all’opposizione;
-) quanto alla opposizione sub (ii) , ha ritenuto l’errone ità del rimedio impugnatorio praticato, per essere l’ordinanza conclusiva della prima fase delle opposizioni esecutive contestabile con lo strumento del reclamo di cui all’ art. 669-terdecies cod. proc. civ..
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, con quattro motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME nonché, uno actu, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Non svolgono difese in grado di legittimità le altre parti intimate, in epigrafe dettagliatamente specificate.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
In via preliminare, non occorre procedere a verificare la effettiva e regolare notificazione del libello introduttivo a tutti le parti litisconsorti in grado di appello e non costituite nel presente giudizio di legittimità, stante l’i nammissibilità del ricorso per le ragioni in appresso meglio esplicate.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo
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ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di RAGIONE_SOCIALE processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718).
Infatti, con le doglianze esposte nel libello introduttivo, il ricorrente:
2.1. rileva la nullità della sentenza impugnata per vizio processuale, asseritamente costituito dalla mancata dichiarazione di interruzione del giudizio, da pronunciarsi in via officiosa in conseguenza del decesso di NOME COGNOME (primo motivo);
2.2. lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto regolanti la struttura bifasica della controversia di opposizione agli atti esecutivi (secondo motivo);
2.3. denuncia inosservanza del principio del contraddittorio, con illegittima preclusione della domanda dell’opponente (terzo motivo);
2.4. eccepisce la nullità della sentenza per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo (quarto motivo).
Il ricorso è palesemente inammissibile per violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., sotto il duplice profilo della mancanza di una sintetica esposizione del fatto processuale e della carenza di specificità delle censure svolte.
Come già recentemente statuito da questa Corte con riferimento ad analoghi ricorsi proposti da ll’odierno ricorrente con argomentazioni che ben si attagliano anche a questo giudizio (in specie da: Cass. 13/02/2023, n. 4300; Cass. 09/05/2022, n. 14548; Cass. 21/04/2022, n. 12708; Cass., 11/02/2022, n. 4435) e come rilevato anche dal Pubblico Ministero, nel libello introduttivo del presente giudizio il ricorrente si dilunga in una contorta esposizione delle vicende processuali, frammista a continue ed incidentali proprie valutazioni, intersecate da stralci degli atti processuali propri e anche delle controparti nonché stralci dei provvedimenti adottati nelle varie fasi della controversia, ritenendo di dover informare la Corte di ogni più infinitesimale dettaglio, ma così finendo per rendere incomprensibile la vicenda processuale nelle sue distinte componenti delle ragioni decisorie della pronuncia di merito gravata e delle singole e specifiche censure contrapposte a ciascuna di quelle.
In particolare, la tecnica di redazione seguita è connotata da una esposizione dei fatti distinta in due parti (di cui la prima descrive la genesi sostanziale della vicenda controversa e il suo dipanarsi sino alla fase sommaria delle cause di opposizione, la seconda rappresenta lo svolgimento della fase di merito dei giudizi) la quale occupa ben 34 di complessive 55 pagine del ricorso; ad essa segue l’illustrazione dei quattro motivi di doglianza, nei quali, con un continuo alternarsi di segno grafico (corsivo, grassetto, caratteri ridotti), vengono trascritti interi passaggi di atti processuali, documenti (peraltro non individuati -e, tanto meno, idoneamente -nella collocazione processuale, in
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trasgressione al disposto dell’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ.) e provvedimenti, inestricabilmente affastellati da lapidarie e anapodittiche considerazioni sulle norme pretesamente violate.
Ciò posto, è appena il caso di rammentare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Suprema Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità -dai quali, in thesi, è inficiata la decisione impugnata – scegliendoli dal novero di quelli elencati dall ‘ art. 360, primo comma, cod. proc. civ., e nel rispetto, tra l ‘ altro, dei requisiti di contenuto-forma prescritti dagli artt. 365 e 366 cod. proc. civ..
D’altro canto, il principio di specificità (anche detto « di autonomia ») del ricorso per cassazione – in forza del quale il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’ oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa -, declinato secondo le prescrizioni del giudice eurounitario (sentenza C.E.D.U. del 28 ottobre 2021, in causa RAGIONE_SOCIALE ed altri c/Italia), impone sinteticità e chiarezza, criteri e obiettivi realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d ‘ interesse, in guisa da contemperare il fine legittimo di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 14/03/2022, n. 8117; Cass. 04/02/2022, n. 3612).
In ulteriore puntualizzazione di tali princìpi, questa Corte, nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia, ha affermato che la pedissequa riproduzione dell ‘ intero, letterale contenuto degli atti processuali è: per un verso, del tutto superflua, non essendo richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto ovvero anche
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quello di cui non occorre sia informata, la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (così Cass., Sez. U, 11/04/2012, n. 5698; nello stesso ordine di idee, Cass. 22/02/2016, n. 3385 e Cass. 19/05/2017, n. 12641).
In altre parole, il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l ‘ enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di una concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell ‘ atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all ‘ interprete di ricercarne gli elementi rilevanti all ‘ interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte (Cass. 25/11/2020, n. 26837).
Orbene, nella fattispecie, il ricorrente è incorso in una eccessiva e sovrabbondante esposizione, avendo adottato una tecnica espositiva (già descritta supra ) che, da un lato, implica la lettura di una imponente massa di informazioni su fatti (processuali e sostanziali) per lo più irrilevanti ai fini della decisione, e che, dall ‘ altro, rende di per sé impossibile la focalizzazione sui fatti invece rilevanti, neppure potendo procedersi mediante la tecnica della espunzione (Cass. 04/04/2018, n. 8245), ossia dell ‘ isolamento di quanto di superfluo sia stato inserito nel ricorso, stante la stretta concatenazione tra frasi, contenuto di atti e provvedimenti tra virgolette, considerazioni incidentali e quant ‘ altro, prima illustrata.
Una tecnica del genere, oltre al mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali, pregiudica l’adeguata (o quantomeno sufficiente) intellegibilità delle questioni, rende effettivamente oscura l’esposizione dei fatti e così confuse le
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doglianze sollevate avverso la sentenza gravata, e impropriamente devolve a questa Corte il compito, radicalmente esulante dalla natura e dalla funzione del giudizio di legittimità, della ricerca e della selezione nel vasto ed indifferenziato perimetro delle censure ipotizzate dei fatti (anche processuali) effettivamente muniti di potenzialità incidente ai fini del decidere.
E tanto giustifica l’inammissibilità del ricorso.
Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza con liquidazione operata secondo tariffa ed attribuzione di maggior compenso alle parti controricorrenti che hanno partecipato alla discussione in pubblica udienza.
Va altresì disposta condanna del ricorrente per responsabilità processuale aggravata ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ..
La proposizione di un’impugnazione in tutta evidenza inammissibile ha realizzato un uso abusivo del ricorso per cassazione, idoneo a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali, ponendosi in chiara incompatibilità con un quadro ordinamentale che, da un lato, deve universalmente garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art. 6 CEDU) e, d ‘altro canto , deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose.
Tanto giustifica la qualificazione come temeraria dell’impugnazione in esame (da ultimo, Cass. 28/12/2023, n. 36308; Cass. 04/08/2021, n. 22208; Cass. 04/09/2020, n. 18512; Cass. 11/02/2022, n. 4430) e l’irrogazione della condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, di una somma equitativamente determinata ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., la quale « configura una sanzione di carattere pubblicistico che non richiede l’accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’agente ma unicamente quello della sua condotta processualmente abusiva, consistente nell’avere agito o
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resistito pretestuosamente » (così, ex plurimis, Cass. 13/02/2023, n. 4300; Cass., 24/09/2020, n. 20018, Cass., 18/11/2019, n. 29812).
In applicazione della citata norma, si emette condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, per responsabilità processuale aggravata, dell’ulteriore somma di euro 10.000.
6. Attesa l’inammissibilità del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, co mma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME, alla integrale refusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate: in euro 13.000 per compensi professionali in favore di RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALE; in euro 13.000 per compensi professionali in favore di RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE; in euro 10.000 per compensi professionali in favore di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE); in euro 10.000 per compensi professionali in favore di NOME COGNOME; in euro 10.000 per compensi professionali in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre, per ciascuna parte controricorrente, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME, al pagamento, a titolo di responsabilità processuale aggravata ed ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 10.000 in favore
r.g. n. 27658/2022 Cons. est. NOME AVV_NOTAIO
di ciascuna delle parti controricorrenti: RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE); NOME COGNOME; NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione