Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
sul ricorso 16027/2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE 2 RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 596/2024 depositata il 06/05/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Gli odierni ricorrenti instano questa Corte con tre mezzi perché sia cassata l’epigrafata sentenza con cui la C orte di appello di L’Aquila ne ha respinto l’appello avverso la decisione che in primo grado aveva rigettato la domanda dei medesimi intesa a far dichiarare nullità di alcune clausole di un contratto di conto corrente e di un mutuo chirografario, nonché l’azione risarcimento dai medesimi ancora proposta nei confronti di Unicredit spa e l’opposizione al decreto n. 80/16 con cui l’istituto di credito (che ha successivamente ceduto la posizione a RAGIONE_SOCIALE) aveva ingiunto alle medesime parti il pagamento della somma di € 199.589,95 in forza dell’esposizione debitoria maturata sul predetto finanziamento indicato al n. 4202680. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con separati controricorsi.
Riguardo al proposto ricorso il presidente ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’articolo 380bis cod. proc. civ.:
«3. – Il ricorso contiene tre motivi.
Primo motivo. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio / violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in ordine alla conferma del decreto ingiuntivo n. 80/2016 reso dal tribunale di Pescara.
Secondo motivo. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio / violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in ordine alla erronea quantificazione del saldo debitore del conto corrente ordinario ed alla erronea ed indeterminata quantificazione del saldo debitore del conto corrente anticipi su fatture.
Terzo motivo. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio / violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in ordine al rigetto delle domande risarcitorie formulate in entrambi i giudizi riuniti in primo grado 4847/2014 e 1179/2016 nrg.
– Il ricorso è palesemente inammissibile.
4.1. -Innanzitutto, essi prospettano genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per RAGIONE_SOCIALEzione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione
di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria. È sicuramente vero, peraltro, che, in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr. Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non (si) rinviene dei motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli
invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quelle teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
4.2. – Quanto, poi, alla omessa considerazione di fatto storico decisivo e controverso è agevole rammentare che il testo vigente dell’art. 360, n. 5, c.p.c. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori viceversa non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma; nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 18 aprile 2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2019, n. 5200).
Nel caso di specie nessuno dei tre motivi identifica specifici fatti storici, né secondari, né tantomeno principali, che il giudice di merito non avrebbe considerato, mentre le censure si risolvono in una mera critica di merito della decisione adottata dalla corte territoriale.
4.3. – Quanto alle denunce di violazione di legge, è altrettanto facile ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745).
Nel caso in esame non si comprende, in nessuno dei tre motivi, quali sarebbero le norme violate, sicché tantomeno riesce ad intendersi in qual modo il giudice di merito sarebbe incorso in violazioni che neppure il ricorso consente di identificare».
la proposta è stata ritualmente comunicata alle parti e la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
E’ stata quindi fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.
Ha depositato memoria il solo ricorrente.
All’esito dell’odierna trattazione in camera di consiglio il collegio reputa di dover definire il giudizio in conformità alla riportata proposta.
Né in questo vi è motivo di rivedere le conclusioni a cui è pervenuta la proposta alla luce delle considerazioni esternate nella memoria ricorrente, che, oltre ad essere inutilmente reiterative delle doglianze già diffusamente disaminate in sede di proposta -e da questa debitamente disattese -si sostanziano, a ben vedere, in una contestazione generica ed intrinsecamente tautologica di dette conclusioni, senza evidenziare, cioè, alcun profilo di criticità oggettivamente valutabile nel senso di un loro ripensamento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata si applica a mente dell’articolo 380bis, comma 3, cod. proc. civ. l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. con conseguente condanna della parte soccombente al pagamento: a) di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) di un’ulteriore somma di denaro stabilita nel rispetto dei limiti di legge in favore della cassa delle ammende, somme che si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di ciascuna parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 7000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché dell’ulteriore somma di euro 6800,00, a norma dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.; condanna, inoltre, parte ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, della somma di euro 2.500,00 Euro, a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.9.2025.
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME