Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6382/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del MINISTRO p.t. e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Prefetto p.t., elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’ RAGIONE_SOCIALE che li rappresenta e difende ope legis
-resistenti- avverso l’ ORDINANZA del GIUDICE DI PACE di RAGIONE_SOCIALE nel proc. RGN 42321/2022 depositata il 16/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.- Il sig. NOME COGNOME, cittadino pakistano, ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Roma del 10/12/2022, emessa nel proc. iscritto al nr. R.G. 42321/22, pubblicata in data 16/12/2022 con la quale è stato respinto il ricorso ex art. 18 del D. Lgs. nr. 150/11 avverso il decreto di espulsione della Prefettura di Roma del 15/09/2022, emesso ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. a) del D. Lgs. nr. 286/98, recante intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni dalla data di notifica del predetto decreto.
Il Giudice di pace ha respinto il ricorso sul rilievo che nessuna prova era stata fornita circa l’asserito tentativo di presentare la domanda di protezione e l’asserito rischio in ipotesi di rientro nel Paese di origine a causa di violenza che avrebbe in precedenza subito.
L’Amministrazione ha depositato mera costituzione.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
2.1- Il ricorrente svolge i seguenti quattro motivi:
Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 D. Lgs. nr. 150/11, artt. 10, 13, comma 2, lett. a) e 19 del D. Lgs. Nr. 286/98 ed artt. 3 e 10, comma 2 bis, del D. Lgs. nr. 142/15 ed art. 112 cp.c. in relazione all’art. 360, nr. 4, c.p.c. Secondo il ricorrente, il Giudice di pace ha omesso di pronunciarsi sul motivo relativo all’ingresso sul territorio nazionale avvenuto in data 27/08/2022 al fine di presentare la domanda di asilo, implicitamente rifiutata dalla Questura di Roma con contestuale emissione e notifica del decreto di espulsione del 15/09/2022.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 18 D. Lgs. nr. 150/11 ed art. 210 e 702 bis c.p.c. in relazione agli artt. 6, 7, 10, 16, 17 e 18 del D.Lgs n. 25/08; artt. 9 e 14 D. Lgs. n. 142/15, nonchè degli artt. 19 del D.Lgs. n. 286/98, art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, nonché 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.), in relazione agli artt. 10 e 117 della Costituzione (Direttive n. 2013/32/UE, art. 8, n. 2013/33 c.d. nuova ‘direttiva accoglienza’, nonchè direttiva 2013/32/UE) ex art. 360, comma 1, nr. 3, c.p.c. Il ricorrente deduce che il Giudice di pace, a fronte del primo motivo di ricorso volto a censurare la violazione di un diritto di matrice costituzionale dell’odierno ricorrente, si è limitato a dare atto della mancanza di prova in merito al tentativo effettuato in data 15/09/2022 di presentare domanda di protezione internazionale.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 D. Lgs. nr. 150/11, artt. 10, comma 2, lett. b) e 19 del D. Lgs. nr. 286/98, artt. 132, 4 comma e 156 c.p.c. ed art. 118 disp. att. al c.p.c. in relazione agli artt. 6, 7, 8 e 9 della direttiva 2013/32/UE ex art. 360, comma 1, nr. 5, c.p.c. Si censura l’impugnata ordinanza per motivazione apparente, non essendo dato comprendere il percorso argomentativo sotteso al negativo convincimento del giudice del merito in relazione alle deduzioni ed argomentazioni dell’odierno ricorrente.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 del D. Lgs. nr. 286/08, art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 ed art. 3 della C.E.D.U. in relazione all’art. 18 D. Lgs. nr. 150/11 ed art. 112 cp.c. in relazione all’art. 360, nr. 3, c.p.c. si ritiene che la impugnata decisione concreti, comunque, la violazione del principio del non-refoulment , avendo l’adito Giudice di Pace circoscritto l’ambito cognitivo devolutogli con il secondo motivo di ricorso alla mancata prova
della presentazione della domanda di protezione Internazionale. Si duole che il GdP non abbia attivato poteri officiosi e ricorda che il principio del non-refoulment costituisce un obbligo inderogabile di carattere internazionale a fronte del quale l’odierno ricorrente aveva allegato circostanze di fatto precise e puntuali.
2.2.- I motivi da trattare congiuntamente, per connessione, sono inammissibili.
Innanzi tutto, il ricorso risulta infondato perché non si ravvisa alcuna omessa pronuncia, né una motivazione apparente poiché il Giudice di pace si è pronunciato ed ha affermato in maniera sintetica, ma chiara che «Il ricorrente nulla ha provato né chiarito in ordine all’asserito ‘tentativo’ di presentazione della domanda di protezione internazionale», con accertamento in fatto che, peraltro, non risulta efficacemente contestato. con riferimento ad eventuali vizi motivazionali, mediante l’indicazione di fatti storici specifici di cui sia stato omesso l’esame.
Va rammentato, in proposito che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito (Cass. n. 29404/2017; Cass n. 19547/2017; Cass. Sez. U. n. 34476/2019; Cass. n. 5987/2021).
Va, inoltre, osservato che le censure sono svolte in maniera astratta, mediante la deduzione di violazioni di legge ed il richiamo di numerosi precedenti giurisprudenziali senza, tuttavia, che sia illustrata alcuna circostanza specifica inerente alla posizione propria del cittadino straniero, che avrebbe potuto condurre ad un diverso esito il giudizio. Il ricorso ruota attorno alla presunta volontà del ricorrente di presentare la domanda di protezione in ordine alla quale avrebbero dovuto essere svolti accertamenti, ma si tratta di
prospettazioni sganciate da qualsiasi dato concreto e certo, espressamente dedotto innanzi al Giudice di pace e da questo non valutato, come si evince da quanto dallo stesso accertato in fatto e non contestato specificamente mediante l’indicazione dei fatti non esaminati.
Va, aggiunto, che nel ricorso non risultano svolte censure circostanziate e la stessa sollecitazione alla cooperazione istruttoria appare del tutto generica, perché non indica nemmeno su cosa avrebbe potuto essere esercitata.
Quanto alle dedotte violazioni di legge, giova ricordare che in tema di ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 3340/2019; Cass. n. 24155/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art.360 c.p.c., primo comma, n.3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata.
Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge
consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 640/2019).
Ne discende l’inammissibilità dei motivi di ricorso sotto questo profilo.
3.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla spese in assenza di attività difensiva dell’intimato.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
-Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30 maggio 2002, n.115, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 30 novembre 2023.