Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19947 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19947 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7582/2021 R.G. proposto da: COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Giustizia, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME curatore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE Notburga sas e NOMECOGNOME
Avverso il decreto del Tribunale del Bolzano di cui al procedimento n. 3191/1999 depositato il 22/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La società RAGIONE_SOCIALE e, in ripercussione, la socia illimitatamente responsabile RAGIONE_SOCIALE furono dichiarati falliti con sentenza del Tribunale di Bolzano n. 70 del 21/12/1999; con decreto del 22/12/2020 è stata dichiarata la chiusura del Fallimento.
2.Con atto rubricato «ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento abnorme, decisorio e definitivo, incidente su diritti soggettivi, del Tribunale di Bolzano dd. 22.12.2020 sub nr.3191/1999 RG, dalla natura contenziosa (all. n.1). Pregressa nullità per violazione di norme imperative e inderogabili. Inesistenza giuridica, improcedibilità e rilevabilità ex officio. Violazione del diritto UE, colpa grave e permanenza di fatti illeciti. Accertamento in sede di legittimità e potere della Corte Suprema. Legge 117/1988 e traslatio iudicii. Rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE » COGNOME ha chiesto che fosse dichiarata la nullità e/o inesistenza della sentenza dichiarativa di fallimento.
Il Curatore del Fallimento e il creditore istante sono rimasti intimati mentre il Presidente del Consiglio e il Ministro della Giustizia hanno svolto difese con controricorso.
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., così come modificato dall’art.3 comma 28 lett g) del d.lvo 10/10/2022 n. 149. Il ricorrente ha chiesto la decisione collegiale ed ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione accelerata :« L’atto si sviluppa in unica non chiara né sintetica né specifica articolazione (sotto rubrica ‘Fatti’) ex art.366 co.1 c.p.c.; con narrativa di procedura avviata da unico creditore istante nel 1999 e indicato ‘conto di gestione del curatore dd.20.4.2020’, impugnato ‘con rito contenzioso ex artt. 116, 38, 1, 5, 147, 18 l.f., 161, comma 2, 163, 164 c.p.c. sub n. 3191/1999 RG ancora deducendo varie nullità insanabili, motivi di originaria improcedibilità, istanza di verifica delle relazioni ex art. 33 l.f. per estrarne copia e le opportune notificazioni per il contraddittorio d’obbligo’, nonché con rilievo che ‘il Tribunale di Bolzano, anche ricusati dalla parte i giudicanti che avevano già sostanzialmente deciso sui medesimi fatti in precedenza, tuttavia, variava d’ufficio il nr. di iscrizione del ruolo in nr. 2379/2020 RG, denegava illegittimamente l’accesso al fascicolo d’ufficio impedendo l’estrazione di copie delle relazioni ex art. 33 LF e notificava l’avviso di chiusura del fallimento in data febbraio 2021. La cancelleria, su richiesta, rilasciava la copia autentica del decreto di chiusura, qui impugnato per cassazione’. Il ricorso appare definibile ai sensi dell’art.380bis c.p.c., sotto un complesso profilo. In primo luogo, allo stato degli atti si rileva la definitività del provvedimento impugnato (indicato decreto di chiusura del fallimento) per mancata proposizione del reclamo ex art. 119, c.3 (e art. 26 l.f., nella sua attuale formulazione e con disciplina vigente al momento del deposito del decreto di chiusura: cfr. Sezione 2 -Ordinanza n. 34862 del 13.12.2023) e conseguente insussistenza dei presupposti di proponibilità del ricorso ex art. 111 Cost., delineati da orientamento consolidato (cfr. ex multis Sezione 1 -Ordinanza n. 35948 del 27.12.2023, in tema di impugnabilità con ricorso straordinario di provvedimento ‘…che pronunci -o venga
comunque ad incidere – irrevocabilmente e senza possibilità di impugnazioni su diritti soggettivi’, contraddistinguendosi ‘…per la sua definitività, in quanto non altrimenti modificabile’: cfr. Sezione 1 – Ordinanza n. 29466 del 15.11.2018); nonché insussistenza dei presupposti di proponibilità dell”actio nullitatis’, cui più volte si fa riferimento nel ricorso, mediante ripetuto richiamo dell’art. 161 c. 2 c.p.c. (in tema di actio nullitatis, si veda Sezione 1 -Ordinanza n. 6324 del 2.3.2023, e l’ivi citata Cass. n. 3810/2022, ‘secondo cui la cd. inesistenza giuridica o la nullità radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o dal contenuto abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, può essere fatta valere sia in ogni tempo, mediante un’azione di accertamento negativo, sia con i normali mezzi di impugnazione, stante l’interesse della parte ad una espressa rimozione dell’atto processuale efficace’, con richiamo altresì di Cass. n. 27428/2009). Sotto un secondo profilo, appare evidente il difetto di specificità. Risultano infatti sovrapposte (con inserimento nel testo anche di un atto di ‘cessione di quote’ del 1987 e di un ‘parere pro veritate del dicembre 2005’) la narrativa dei fatti dalla quale si evince (con difficile approssimazione di lettura) che la ricorrente sarebbe stata dichiarata fallita in estensione di una RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita nel 1999, su istanza di unico creditore, per spese giudiziarie relative ad una causa immobiliare, con esito definitivo di procedimento tavolare a questi sfavorevole -e le argomentazioni in diritto (volte a rilevare l’affermata nullità ex art. 161 c.2 c.p.c. della sentenza dichiarativa del fallimento, per affermata inesistenza della stessa società in accomandita semplice ‘ab origine’, poiché ‘partecipata da un unico socio accomandante con quota del 60% che era una società di capitali’ oltre che relativa ‘sostanziale cessazione e cancellazione dal registro ditte sin dal 1994’). In relazione a siffatta rappresentazione redazionale, può essere data continuità
all’orientamento di questa Corte, in punto di inammissibilità di un ricorso che prospetta genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea – censure motivazionali ed errores in iudicando in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui ‘una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure’ (cfr. Sezione 1 Ordinanza n. 30878 del 6.11.2023, e i numerosi riferimenti ivi citati: ex plurimis, Cass. n. 28385 del 2023; Cass. n. 26789 del 2023; vedi anche Sezione 5 -Ordinanza n. 33904 del 5.12.2023, con riguardo ad argomentazioni e contestazioni il cui filo conduttore -come nel caso di specie -‘non sempre è dato cogliere, in ragione delle disquisizioni assai eterogenee, vaganti sulle più disparate disposizioni normative’ così trascurando di considerare che ‘il ricorso per cassazione costituisce un rimedio di tipo impugnatorio a critica vincolata «con riguardo al quale quelle di precisione, chiarezza, pertinenza e sinteticità costituiscono non già mere ed opzionali connotazioni stilistiche, ma puntuali e cogenti prescrizioni di legge funzionali al corretto espletamento del suddetto controllo di legittimità’) ».
Il Collegio condivide e fa proprie le suesposte argomentazioni che non vengono minimamente scalfite dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente anche nella successiva memoria illustrativa.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
4 Sussistono, inoltre, i presupposti, essendo la decisione adottata conforme ai rilievi contenuti menzionata proposta, per la condanna della ricorrente , nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo
comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023).
La Corte stima equo fissare in € 7.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. (pari ai compensi liquidati in dispositivo), ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.30 maggio 2002 n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare le spese presente giudizio che liquida in € 7.000, per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 7.000, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 14 maggio