Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28483 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3480/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
Liquidazione controllata di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– controricorrente –
e contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO , che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 2503/2023, depositata il 28.12.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.10.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Su ricorso della creditrice NOME COGNOME il Tribunale di Verona dichiarò aperta la procedura di liquidazione controllata (art. 270 del d.lgs. n. 14 del 2019, Codice della crisi d’Impresa e dell’ Insolvenza: c.c.i.i.) di RAGIONE_SOCIALE, la quale propose reclamo alla Corte d’Appello di Venezia, perché, a suo dire, l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati sarebbe stato infer iore a € 50.000 (art. 268, comma 2, c.c.i.i.).
Instauratosi il contraddittorio con la creditrice e con la procedura concorsuale in persona del liquidatore, la corte territoriale rigettò il reclamo e condannò il legale rappresentante della reclamante alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore di entrambe le controparti.
Contro la sentenza della corte d’appello RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione articolato in due motivi.
La liquidazione controllata e NOME COGNOME si sono difese, ciascuna con controricorso.
La liquidazione controllata ha altresì depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunciano «violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 (art. 360, n. 2, c.p.c.)».
La ricorrente si duole che la corte d’appello abbia trascurato la censura del l’errore in cui sarebbe caduto il
Tribunale di Verona «ponendo a fondamento della decisione un documento proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riguardante altra società, la RAGIONE_SOCIALE, estranea al presente procedimento».
1.1. Il motivo è inammissibile, perché evidentemente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La corte territoriale, sul tema specifico del limite di € 50.000 di debiti scaduti posto dall’art. 268, comma 2, c.c.i.i., ha chiaramente evidenziato che quel limite era ampiamente superato a prescindere dall’errata comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che per questo non è stata presa in considerazione.
Innanzitutto, i giudici veneziani hanno rilevato che anche «i rimanenti debiti scaduti» -ovverosia i debiti non fiscali -erano da soli complessivamente superiori al limite di legge, fornendone un elenco dettagliato. Inoltre, la corte territoriale ha espresso il condivisibile giudizio che, tra i debiti scaduti, andavano conteggiati anche i debiti fiscali propri della attuale ricorrente, nonostante questa avesse presentato istanza di rateizzazione (conf. Cass. n. 4201/2025, con riguardo all’analogo limite posto dall’art. 15, comma 9, legge fall. per la dichiarazione di fallimento). Infine, nel corpo della motivazione, dandosi atto RAGIONE_SOCIALE difese di NOME COGNOME, si espone il dato dei crediti nel frattempo ammes si al passivo (€ 624. 615,79), del tutto incompatibile con l ‘ipotesi che sia stato violato il limite posto dal citato art. 268, comma 2, c.c.i.i.
Non ha quindi alcun senso insistere nel rilevare l’errata comunicazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, di un dato che la corte d’appello non ha tenuto in alcun conto nel motivare il rigetto del reclamo.
Anche con il secondo motivo, la ricorrente censura «violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.)».
Si contesta alla corte d’appello di essersi espressa «in ordine alle pendenze fiscali … in termini ipotetici e/o ‘soggettivi’ » e si richiama la giurisprudenza di legittimità sul divieto per il giudice di utilizzare, per la decisione «la propria scienza personale».
2.1. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente esprime, in termini meramente astratti, principi ampiamente condivisibili (il giudice deve porre a fondamento della decisione solo i fatti accertati nel processo e non mere ipotesi, né fatti conosciuti per propria scienza personale); ma non spiega, né si comprende, in che modo e in che termini tali principi sarebbero stati violati dalla corte veneziana.
Come già osservato, essendo in discussione soltanto il limite dell’importo minimo dei debiti scaduti, il giudice del reclamo ha rilevato che esso era stato sicuramente superato, sia considerando i soli debiti non fiscali, sia argomentando che anche del debito fiscale rateizzato si doveva tenere conto come debito scaduto. E ciò è stato fatto prendendo in esame i dati risultanti dal processo, ovverosia allegati dalle parti, non contestati o documentati.
Manca, pertanto, in questo secondo motivo, una effettiva critica al concreto contenuto della decisione impugnata.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
3.1. Per quanto riguarda la difesa della liquidazione controllata, si prende atto che il giudice delegato ha attestato,
ai sensi dell’art. 144 d.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia di spese di giustizia), che non è disponibile il denaro necessario per le spese. Con il che la procedura si considera ammessa al patrocinio dello Stato. Originariamente la disposizione di legge era riferita soltanto al fallimento ( e quindi alla liquidazione giudiziale, ai sensi dell’art. 349 c.c.i.i.). È intervenuta però nel frattempo la sentenza n. 121/2024, con cui la Corte costituzionale ne ha dichiarato la illegittimità « nella parte in cui non prevede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della procedura di liquidazione controllata, quando il giudice delegato abbia autorizzato la costituzione in un giudizio e abbia attestato la mancanza di attivo per le spese ». La norma dichiarata incostituzionale ha dunque cessato di avere efficacia e l’art. 144 T.u.s.g. deve essere applicato, anche in questo processo, così come esso si legge per effetto dell’integrazione disposta dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
L ‘ inammissibilità del ricorso, perché privo di qualsiasi aggancio alla ratio decidendi chiaramente esposta nella sentenza impugnata, dimostra la mala fede del legale rappresentante della società, che ha conferito la procura al difensore per proporre un ricorso palesemente destinato all’insuccesso, evidentemente confidando nella responsabilità limitata collegata al tipo sociale prescelto, che farebbe ricadere soltanto sui creditori concorsuali il costo dell’improvvida iniziativa giudiziale nonostante la condanna del soccombente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Deve pertanto trovare applicazione l’art. 51, comma 15, c.c.i.i., che impone al giudice, proprio in questo caso («mala fede del legale rappresentante che ha conferito la procura»), di condannare il legale rappresentante al pagamento in solido con la società sia RAGIONE_SOCIALE spese legali, che dell’ulteriore importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato (il comma 15 è stato riscritto dall’art. 12 del d.lgs. n. 136 del 2024 , ma la riscrittura non modifica la sostanza della norma, per quanto qui interessa, sicché è irrilevante domandarsi quale sia la versione applicabile ratione temporis ).
Tale disposizione è riferita in generale alle «impugnazioni» ed è contenuta nel titolo IV, capo III, sezione II, del c.c.i.i., applicabile alla liquidazione controllata in virtù dei richiami contenuti nell’art. 270, comma 5, e n ell’art. 65, comma 2. In entrambi i casi il richiamo è condizionato con la consueta clausola «in quanto compatibili», ma nulla induce a dubitare della compatibilità, anche considerato il fatto che si tratta di una specificazione, in questo particolare ambito dell’ordinamento, di un principio generale espresso nell’analoga disposizione dell’art. 94 c.p.c.
Infine, è certo che la norma vale anche per il giudizio di legittimità e che spetta alla Corte di cassazione applicarla, sia per il tenore generale della rubrica dell’art. 51 e de llo stesso comma 15 -che si riferiscono alle impugnazioni, senza alcuna distinzione -, sia perché il ricorso per cassazione è espressamente previsto e disciplinato nei precedenti commi 13 e 14.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso;
condanna in solido la società ricorrente e il suo legale rappresentante, NOME COGNOME, al pagamento, in favore dello Stato, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità relative alla difesa della liquidazione controllata di RAGIONE_SOCIALE, che liquida in € 8.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
condanna in solido la società ricorrente e il suo legale rappresentante, NOME COGNOME, al pagamento, in favore di NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 8.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente e del suo legale rappresentante NOME COGNOME in solido , dell’ulteriore imp orto a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.10.2025.
Il Presidente NOME COGNOME