Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19083 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19083 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5872/2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv.ssa NOME COGNOME con domicilio digitale ex lege ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 13/2024 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA depositata in data 2/1/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/5/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che:
con sentenza resa in data 2/1/2024, la Corte d’appello di Catania, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da NOME COGNOME e da
NOME COGNOME e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato integralmente le domande proposte da NOME COGNOME volte alla condanna dei convenuti al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente modificati dall’edificazione, da parte del Russo e sotto la direzione del COGNOME (autore del progetto), di un fabbricato parzialmente collocato oltre il confine con la proprietà dell’attrice, in violazione delle distanze legali e, in ogni caso, con modalità tali da aver provocato il danneggiamento dell’immobile di proprietà della COGNOME;
a fondamento della decisione assunta, la Corte territoriale, dopo aver escluso la dimostrazione, da parte dell’attrice, dell’esistenza di uno specifico nesso di causalità tra l’attività dei convenuti e i danni denunciati a carico del proprio immobile, ha rilevato l’inammissibilità della domanda di rimessione in pristino proposta nei confronti dei convenuti, non essendo questi ultimi proprietari dell’opera realizzata;
sotto altro profilo, il giudice d’appello ha in ogni caso accertato, da un lato, l’inesistenza di alcuna violazione delle distanze legali e, dall’altro, la mancata realizzazione di alcuno sconfinamento nella proprietà della COGNOME;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese in questa sede; considerato che :
con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 840, 2043 e 2055 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la sussistenza di uno specifico nesso di causalità tra edificazione del fabbricato ad opera di controparte e i danni subiti dall’immobile dell’attrice, in contrasto con le obiettive risultanze della consulenza tecnica d’ufficio;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, attraverso la proposizione della censura in esame, la ricorrente -lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate -si sia limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo ;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odiern a ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa, in particolare riguardo ai contenuti della consulenza tecnica d’ufficio (nella quale, peraltro, non risulta mai affermata, in termini certi e inequivocabili, l’esistenza del nesso di causalità preteso dall’odierna istante);
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione
delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2043 e 2055 c.p.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere Corte territoriale, erroneamente escluso la sussistenza di uno sconfinamento del manufatto realizzato dalle controparti nella proprietà dell’attrice, in contrasto con le obiettive risultanze della consulenza tecnica d’ufficio;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi,
dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 331 del 13/01/2020, Rv. 656802 -01; Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);
in relazione alla censura in esame, varrà sottolineare come l’argomentazione critica sostenuta dall’odierna ricorrente muova da una lettura del tutto soggettiva della consulenza tecnica d’ufficio, sollecitando la ricostruzione dei fatti di causa (con particolare riguardo all’effettiva sussistenza di uno sconfinamento del manufatto realizzato dalle controparti) sulla base di tale rilettura istruttoria, con la conseguente inammissibile prospettazione di una rivisitazione nel merito delle prove e dei fatti di causa, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la Corte territoriale omesso di considerare la documentazione prodotta dall’odierna istante in relazione alla questione del danno subito dall’attrice in conseguenza dell’ombreggiamento e del pregiudizio alla luminosità e alle vedute derivante dalla costruzione dell’abusiva quarta elevazione fuori terra dell’opera della controparte;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, secondo quanto riconosciuto dalla stessa ricorrente, la Corte territoriale ha affermato che « la normativa vigente nella zona in cui è stato edificato l’edificio per cui è causa in tema di altezza dei fabbricati è stata rispettata dall’edificio realizzato dal Russo », e pertanto « stante il rispetto della normativa vigente con riferimento all’altezza dei fabbricati, la COGNOME non può ottenere il risarcimento dei pregiudizi dedotti conseguenti alla realizzazione di una
sopraelevazione legittima sotto il profilo sostanziale, pur se realizzata in assenza di titolo edilizio » (cfr. pagg. 11-12 della sentenza impugnata);
a sostegno della propria doglianza, e in contrasto con tali asserzioni della Corte territoriale, l ‘odierna istante invoca l’asserito valore dimostrativo di un documento contenente il provvedimento di demolizione emesso dal Comune competente sull’abusivo quarto piano realizzato dai convenuti;
di tale documento, tuttavia, deve essere decisamente negata alcuna decisività, poiché la Corte territoriale ha in ogni caso radicalmente escluso la commissione di alcuna attività illecita dei convenuti rilevante sul piano civilistico « pur se realizzata in assenza di titolo edilizio » (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata), con la conseguenza che la ricorrente avrebbe dovuto piuttosto sottoporre a critica tale ultima ratio decidendi – o quantomeno prospettare in quali termini, e secondo quali modalità, l’esame del provvedimento di demolizione avrebbe inciso sul ragionamento probatorio del giudice di merito in modo da determinare, con inequivocabile certezza , una diversa decisione – piuttosto che limitarsi ad invocare la mera omessa considerazione del provvedimento amministrativo di demolizione;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione