Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14981 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 10733/2022 R.G., proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. COGNOME o COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza del la Corte d’appello dell’Aquila
n. 1476/2021 pubblicata il
7.10.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 25.3.2025 dal
Consigliere relatore dr. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Chieti, Sezione distaccata di Ortona, ingiunse ad NOME COGNOME il pagamento della somma di € 2.700,00 in favore di NOME COGNOME per canoni di locazione non corrisposti nel periodo novembre 2017 -luglio 2018. Il Paris propose opposizione al d.i., deducendo: a) che esso opponente aveva riconsegnato le chiavi dell’immobile nel febbraio 2018, esercitando il diritto di recesso senza preavviso; b) che nel 2016 e nel 2017 si erano verificate infiltrazioni d’acqua nel locale a causa del pessimo stato degli infissi e delle perdite d’acqua del vetusto impianto idraulico del bagno, il che aveva provocato danni pari al costo del maggior consumo d’acqua; c) che il locatore, reso edotto dell’accaduto, non aveva effettuato gli interventi riparatori, che gravavano sullo stesso in virtù sia dell’art. 1576 c.c. sia del contratto di locazione, sicché era gravemente inadempiente; d) che tale situazione aveva diminuito il godimento dell’immobile, costringendo il conduttore a rilasciarlo il 2.2.2018. Ciò posto, chiedeva accertarsi la risoluzione del contratto per grave inadempimento del Rapino e, in via riconvenzionale, la condanna dello stesso al ristoro dei danni da compensarsi con la somma eventualmente dovuta. Costituitosi il Rapino, ed istruita la causa, il Tribunale di Chieti, Sezione distaccata di Ortona, con sentenza n. 32/2020, rigettò l’opposizione del Paris, avendo esercitato il recesso per gravi motivi, confermò il decreto ingiuntivo e rigettò la domanda nuova (risoluzione del contratto) siccome tardivamente proposta e comunque infondata. Rigettò, infine, la domanda riconvenzionale del COGNOME e compensò le spese di lite.
Il COGNOME propose appello e, nella resistenza del Rapino, la Corte d’appello dell’Aquila lo rigettò con sentenza del 7.10.2021. Osservò il giudice d’appello che
N. 10733/22 R.G.
dalla relazione di CTU emergeva una chiara situazione di insalubrità dell’immobile locato , adibito alla vendita di generi alimentari e dunque inidoneo all’uso . Pertanto, la Corte abruzzese ritenne giustificato il recesso anticipato operato dal conduttore, tenuto al pagamento dei canoni per il periodo novembre 2017-luglio 2018.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME sulla scorta di un unico motivo, cui resiste con controricorso NOME COGNOME che ha pure proposto ricorso incidentale, sulla base di un motivo, a sua volta resistito dal COGNOME con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE
1.1 -Con l’unico motivo, NOME COGNOME lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 27 della legge n. 392/1978 nonché degli artt. 1578 e 1581 e delle ‘ norme generali in tema di risoluzione per inadempimento dei contratti a prestazioni corrispettive ‘ , per aver la Corte d’appello ritenuto sussistenti i gravi motivi per il recesso anticipato, benché la accertata insalubrità non potesse ascriversi a fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto.
RICORSO INCIDENTALE
1.2 -Con l’unico motivo NOME COGNOME lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , per non aver la Corte territoriale pronunciato sulla eccezione di giudicato interno, in relazione alla domanda risarcitoria tardivamente proposta dal Paris in primo grado, sollevata da esso COGNOME nella comparsa di costituzione e risposta.
2.1 -Il ricorso principale è inammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., difettando della sia pur minima esposizione dei fatti sostanziali (oltre che, a ben vedere, anche processuali), il che rende praticamente incomprensibile la censura avanzata contro la decisione d’appello.
In particolare, il ricorrente principale ha omesso di precisare adeguatamente il contenuto del decisum del primo giudice, specialmente con riguardo alle domande proposte dalle parti ed in particolare quanto alla domanda di risoluzione per inadempimento, di cui nemmeno si conoscono i fatti costitutivi. Inoltre, il Paris ha omesso di descrivere il contenuto dell’atto di appello.
In tali condizioni, lo scrutinio del motivo di ricorso risulta impossibile, dato che non si ha una chiara percezione della materia del contendere cui il motivo si riferisce.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità è assolutamente consolidata nell’affermare che ‘ Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda
processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata ‘ (così, ex multis , Cass. n. 1352/2023).
Il mancato rispetto dei superiori canoni rende dunque il ricorso principale inammissibile.
3.1 -Il ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c., è pertanto inefficace , stante l’inammissibilità del principale , giacché l’impugnazione del Rapino è da considerare tardiva, in relazione al termine breve.
4.1 In definitiva, il ricorso principale è inammissibile, mentre il ricorso incidentale è inefficace. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore dei procuratori antistatari, che hanno reso la prescritta dichiarazione.
In relazione alla data di proposizione del ricorso principale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso principale inammissibile e il ricorso incidentale inefficace. Condanna il ricorrente principale alla rifusione delle spese processuali, che liquida in € 2.200,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge, con distrazione in favore dei procuratori antistatari.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente principale, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data