Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20519 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20519 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19617/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domiciliata digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente per legge – controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZ.DIST.TARANTO n. 284/2023 depositata il 27/06/2023.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28/05/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE chiese e ottenne, dal Tribunale di Taranto, un decreto ingiuntivo, per oltre sedicimila euro, per il pagamento di prestazioni di sorveglianza svolte in favore della RAGIONE_SOCIALE
L’ingiunta propose opposizione e il Tribunale di Taranto con la sentenza n. 2736 del 2021 revocò il monitorio e rigettò tutte le ulteriori domande, proposte dalla RAGIONE_SOCIALE anche a titolo di arricchimento senza causa.
Avverso la sentenza di primo grado propose appello la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE si costituì ritualmente in fase di gravame.
La Corte d’appello di Lecce, ha, con sentenza n. 284 del 27/06/2023, rigettato l’appello.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE ha risposto con controricorso.
Il ricorso è stato avviato a trattazione con proposta di definizione accelerata di inammissibilità.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto tempestivamente la decisione del giudizio a norma del secondo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., ed è stata quindi fissata la trattazione nell’odierna adunanza camerale , per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria, all’esito della quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 2735 c.c. e 112 c.p.c. e 2735 c.c.
R.g. n. 19617 del 2023 Ad. 28/05/2025; estensore: NOME. Valle
Il motivo contesta la mancata attribuzione di valenza probatoria alle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e censura la mancata ammissione delle prove testimoniali e in generale la mancata attribuzione di valenza a sé favorevole di alcuni documenti, quali fatture e scritti descrittivi delle modalità di espletamento del servizio di vigilanza da essa svolto anche in favore della RAGIONE_SOCIALE
II) violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. Il motivo censura la sentenza della Corte territoriale per mancata pronuncia sulla domanda di condanna parziale e su quella di arricchimento senza causa.
La proposta di definizione accelerata li ha così, entrambi, testualmente ritenuti inammissibili:
«Il ricorso presenta evidenti profili di inammissibilità, per violazione del vigente art. 366, comma 1, nn. 3, 4 e 6, c.p.c.
Infatti, il ricorso è anzitutto privo di adeguata esposizione dei fatti di causa, neppure essendo riportata una sufficiente esplicazione delle ragioni della decisione impugnata; inoltre, con riferimento alla contestata mancata ammissione delle prove testimoniali, non viene neanche riportato -benché sommariamente -il contenuto dei capitoli di prova, con ciò redendo impossibile alla Corte la valutazione circa la loro decisività. Ancora, non vengono affatto argomentate, in ricorso, le ragioni per cui la Corte del merito sarebbe incorsa nei pur pretesi errores in iudicando .
Infine, quanto specificamente al secondo mezzo, esso è inammissibile perché non è stata colta la ratio decidendi dell’impugnata sentenza.
Infatti, quanto alla domanda di condanna parziale, essa è stata evidentemente delibata per implicito, laddove la Corte ha rilevato che la pretesa creditrice non aveva dimostrato il credito; quanto alla domanda ex art. 2041 c.c., la Corte ha evidenziato che la pronuncia di rigetto del primo giudice non era stata adeguatamente censurata
con l’appello, sicché non può neanche in astratto configurarsi l’omessa pronuncia pur denunciata.» .
Il Collegio condivide le ragioni d’inammissibilità dei singoli motivi del ricorso di cui alla proposta di definizione accelerata e rileva che le prospettazioni difensive di cui alla memoria depositata dalla ricorrente non valgono a incrinare le esposte ragioni in quanto: la deduzione difensiva relativa all’adeguata esposizione del fatto di causa non è condivisibile poiché nell’esposizione si omette l’indicazione della causa petendi del credito, delle ragioni dell’opposizione, delle ragioni per cui non venne fatta l’istruzione, delle ragioni della decisione di primo grado e di quelle dell’appello.
In particolare: i motivi sono entrambi inammissibili in quanto il primo contesta apoditticamente la mancata ammissione delle prove per testi ma non ne riporta i capitoli né ne esplica la decisività e per il resto chiede una diversa valutazione delle dichiarazioni rese dal legale rappresenta della RAGIONE_SOCIALE nel corso di una riunione e la valutazione, a sé sfavorevole o quantomeno neutra, di alcuni documenti.
Il secondo motivo non concerne un’omessa pronuncia: la condanna parziale e la pronuncia ai sensi dell’art. 2041 c.c. per arricchimento senza causa sono stati ritenuti privi di adeguato fondamento «essendosi l’impugnante limitata a riproporre la domanda di condanna ai sensi di tale disposizione», come ritenuto dalla Corte territoriale e, pertanto, le relative domande, di condanna parziale e di arricchimento senza causa, sono state rigettate.
La difesa esposta in memoria dalla RAGIONE_SOCIALE e relativa alla mancata specifica riproposizione delle istanze istruttorie è inconferente, posto che la pag. 8 del ricorso, alla quale la memoria si richiama, è del tutto carente in relazione al disposto dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., come vigente al momento della proposizione del ricorso, notificato dopo il 1/01/2023, a seguito delle
modifiche apportate all’originario testo dell’art. 366 c.p.c. dall’art. 3, comma 27, del d.lgs. n. 149 del 10/10/2022.
L ‘ ampia motivazione della sentenza d’appello , fondata sulla mancata prova dell’esistenza di un debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per i servizi di vigilanza nel sito RAGIONE_SOCIALE è, infine, criticata in modo del tutto apodittico e le censure svolte ai punti c) e d) della memoria difensiva sono incomprensibili.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La definizione del giudizio con decisione collegiale del tutto conforme all’originaria proposta di definizione accelerata e senza che la ricorrente abbia adeguatamente interloquito nella memoria sui punti qualificanti la proposta e avendo essa agito mediante la riproposizione di argomentazioni già ampiamente disattese nelle fasi di merito (Cass. n. 36591 del 30/12/2023 Rv. 669749 – 01) comporta che la RAGIONE_SOCIALE debba essere condannata al pagamento della somma di Euro duemila ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e della somma di Euro mille ai sensi dell’art. 96, quarto comma, codice di rito, in favore della Cassa delle ammende.
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta, infine, che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento della soma di Euro 2.00,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione