Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19834/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE ( -) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 334/2022 depositata il 23/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME chiese al Tribunale di Lecce la condanna di NOME e NOME COGNOME al rilascio di un immobile, detenuto dal secondo in virtù di un contratto di comodato precario a favore del primo. Anche NOME COGNOME e NOME COGNOME promuovevano analoga causa nei confronti dei convenuti ed il giudice adito, riuniti i giudizi, accoglieva la domanda attorea, rigettando quella riconvenzionale volta ad ottenere la declaratoria di usucapione.
La predetta decisione era impugnata dai soccombenti e, nella resistenza delle controparti, che formulavano motivi di gravame incidentale, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 334 del 23 marzo 2022, confermava integralmente la decisione del Tribunale.
Il giudice di secondo grado premetteva che l’assunto di NOME COGNOME circa una donazione dell’immobile, a titolo di compensazione della sua attività alle dipendenze del dante causa
dei COGNOME, non sarebbe stata sostenibile, in mancanza di atto scritto, ma avrebbe piuttosto corroborato una concessione dei locali come mera detenzione, ove egli era solito ricoverare attrezzi e materiali necessari alla coltivazione dei fondi. Sarebbero pertanto risultati irrilevanti sia i lavori di ristrutturazione, di media portata, sia il pagamento dei servizi di fornitura da parte del detentore. Né miglior sorte avrebbe potuto avere la domanda svolta dagli appellati ed appellanti incidentali circa il risarcimento del danno per l’occupazione illegittima.
Contro la predetta sentenza ricorrono per cassazione NOME e NOME COGNOME, sulla scorta di quattro motivi.
Si sono costituiti con distinti controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, i ricorrenti, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, hanno chiesto la decisione del ricorso. La causa è stata dunque rimessa alla camera di consiglio del 13 marzo 2024.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DI DIRITTO
Attraverso la prima censura, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.
La Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito alle controparti l’intero immobile, nonostante la richiesta avversaria fosse limitata solo ad alcune porzioni.
Con il secondo mezzo, i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.., ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., con
riguardo al profilo della domanda di rilascio di una sola parte dell’immobile.
Il terzo rilievo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1150 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
Affermano i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di pagamento delle somme corrisposte per le opere realizzate sull’immobile e non avrebbe riqualificato la domanda subordinata formulata quale azione generale di arricchimento.
La quarta doglianza s’impernia sull’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, costituito dalla conclusione del rapporto di lavoro nel 1986 anziché nel 1982, ritenendo così non compiuta l’usucapione, all’atto della prima iniziativa giudiziale, nell’anno 2003.
Rileva la Corte che il ricorso è improcedibile.
I ricorrenti hanno dichiarato che la sentenza impugnata è stata loro notificata il 19 maggio 2022, ma non allegano la copia del provvedimento con la relata di notifica, che non producono neppure le controparti. E poiché il ricorso è stato notificato il 16 luglio 2022, oltre il termine di giorni 60 dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado (il 23 marzo 2022), risulta irrimediabilmente tardivo.
Invero, la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un ‘fatto processuale’ la notificazione della sentenza -idoneo a far decorrere il termine ‘breve’ di impugnazione e, quale manifestazione di ‘autoresponsabilità’ della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di
ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c. (Sez. U., n. 21349 del 6 luglio 2022; Sez. 6, n. 15832 del 7 giugno 2021; Sez. 5, n. 1295 del 19 gennaio 2018).
Alla declaratoria di improcedibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna NOME e NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali a favore di NOME COGNOME , liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3.500 (tremila/500) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, nonché al pagamento delle spese processuali a favore di NOME COGNOME , liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3.500 (tremila/500) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2024, nella camera di consiglio delle Seconda Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME