Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22221/2021 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE PROV. DI CAMPOBASSO, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO n. 160/2021, depositata il 06/05/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Nel 2017, con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., NOME COGNOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Campobasso l’ Istituto Autonomo per le Case Popolari -I.A.C.P.- della Provincia di Campobasso per sentirlo condannare al pagamento della somma di euro 4.830,72 (o della diversa somma ritenuta di giustizia), oltre accessori, a titolo di indebito oggettivo, oltre al risarcimento del danno (che quantificava in euro 1.246,80 a titolo di spese e competenze legali per la fase di media/conciliazione ed euro 2.000,00 a titolo di spese e competenze professionali del CTP). A fondamento della domanda esponeva: a) di essere assegnatario dell’alloggio I.A.C.P. sito in Campobasso alla INDIRIZZO; b) che l’Istituto dall’anno 2000 all’anno 2009 aveva erroneamente effettuato il calcolo del canone di locazione e che vi era una divergenza in merito alla rendita catastale, all’identificazione e intestazione dell’alloggio; c) che quest’ultimo risultava intestato a terzi e non più all’I.A.C.P.; d) di aver corrisposto un canone maggiore per caratteristiche riferite ad altro alloggio.
Si costituiva l’Istituto resistente, contestando l’avversa pretesa. In particolare, deduceva che: a) nell’atto di riscatto dell’alloggio da parte di tale signora COGNOME del 5.11.2014, pur essendo stato erroneamente identificato l’alloggio con quello assegnato al ricorrente, si era provveduto alla relativa rettifica, comunicandola a mezzo nota del 10.10.2016; b) il ricorrente non aveva interesse ad agire quanto all’errore materiale contenuto nell’atto di compravendita, essendo legittimato, semmai, l’acquirente; c) l’immobile assegnato al ricorrente non poteva che essere identificato in catasto come primo piano; d) l’azione di ripetizione era infondata sia perché gran parte dell’asserito credito era prescritto, sia in ragione della corretta determinazione del canone ai sensi del Regolamento Regionale n. 5/2008 dove il dato di rilievo, ai fini del calcolo del canone, era quello reddituale e non l’esatta indicazione e/o ubicazione dell’immobile locato; e) di aver comunque
eseguito il ricalcolo del canone riscontrando dall’anno 2006 all’anno 2010 un lieve scostamento del canone pari ad euro 177,24, regolarmente accreditato al ricorrente nel mese di agosto 2016; f) non vi erano inadempienze ad esso istituto imputabili.
Il Tribunale di Campobasso – istruita la causa a mezzo di c.t.u. contabile e assunzione di prove testimoniali – con sentenza n. 235/2020, rigettava le domande del ricorrente, che condannava alle spese di lite e di c.t.u.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello NOME COGNOME chiedendone l’integrale riforma, con il favore delle spese del doppio grado di giudizio.
L’RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame, del quale chiedeva il rigetto, vinte le spese del grado.
La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza n. 160/2021, rigettava l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado e condannando parte appellante alla rifusione delle spese processuali relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Ha resistito con controricorso l’Istituto Autonomo per le Case Popolari.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, ma è stata depositata nota <>.
La Corte si è riservata di depositare la motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il COGNOME articola in ricorso quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale ha affermato (p.8) che: <>.
1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia:<> nella parte in cui la corte territoriale ha affermato (p. 4, p. 6 e p. 9) che: a) <>; b) <> e c) <>.
1.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, ricalcando sostanzialmente la sentenza del giudice di primo grado (pp. 2-9, in particolare pp. 7-8), ha omesso l’esame: a) sia di tutti i parametri e i coefficienti applicativi al fine del ricalcolo del canone
di locazione relativo all’immobile ERP oggetto di causa; b) sia, ai fini della determinazione del livello di piano, della dichiarazione resa al Catasto da IACP di Campobasso in data 01/12/2011, del provvedimento direttoriale del 28/08/2012, reso dal Catasto di Campobasso ai sensi del D.M. 701/94 ed accettato da IACP di Campobasso, nonché di tutte le risultanze catastali agli atti.
1.4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui (pp. 7, 8, 9) la corte territoriale, condividendo ed approvando la c.t.u.: da un lato, ha deciso in aperta violazione dell’ art. 26 della citata L.R. Molise 12/1998, perché ha preso in esame solo uno dei cinque coefficienti; dall’altro lato ha deciso – applicando erroneamente il Regolamento Regionale Molise n. 5/2008 (pubblicato in BURM n. 24 del 16/10/2008), perché detto regolamento era stato applicato per effettuare il ricalcolo dei canoni di locazione in ERP (per cui vi è ricorso) per il periodo sotto osservazione, che andava dall’anno 2000 all’anno 2009, mentre l’applicazione del regolamento era stata differita al 01/01/2010 dalla L.R. Molise 17/2009.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Inammissibili sono il primo, il terzo ed il quarto motivo, che, in quanto relativi al ricalcolo dei canoni di locazione, sono qui trattati congiuntamente.
Al riguardo, la corte territoriale, ribadendo (e quindi confermando) quanto sostenuto nella sentenza di primo grado:
ha precisato che il giudice di primo grado, chiamato a decidere il canone dovuto, aveva conferito incarico a c.t.u. <>;
b) ha condiviso le risultanze della espletata c.t.u. argomentando sul fatto che: b1) il c.t.u., sul presupposto che ai fini dell’applicazione dei coefficienti era necessario identificare il bene e, in particolare, quale fosse in concreto il piano da attribuire all’immobile oggetto di causa, aveva preliminarmente chiarito che l’unità immobiliare in questione era da intendersi ubicata al 1° piano (e non al piano terra), non senza aggiungere che <>; b2) il c.t.u. aveva quindi accertato che i coefficienti applicati erano conformi a legge; b3) il c.t.u. aveva rilevato che l’Istituto, ai fini della determinazione del canone, aveva erroneamente applicato i termini di decorrenza del regolamento regionale n. 5/2008 (a seguito della legge regionale n. 17/2009), per cui aveva riscosso somme non dovute per un ammontare pari ad euro 177,24, che era stato regolarmente riaccreditato al COGNOME, per cui non si rilevavano ulteriore eccedenze;
c) ha concluso affermando che il COGNOME, <> in favore dell’istituto appellato, mentre tale prova non era stata data.
Il ricorso si caratterizza per una assoluta mancanza della necessaria specificità, oltre che per il tentativo di indurre la corte ad una nuova valutazione dei fatti di causa.
Occorre qui ribadire che il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali
ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.
Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, nell’illustrazione dei motivi di ricorso in esame, critica ripetutamente le conclusioni del nominato c.t.u. (fatte proprie da entrambi i giudici di merito), ma (con esclusione del passo riportato a metà di pagina 25), inammissibilmente non ne riporta il contenuto, così rendendo il ricorso non autosufficiente.
Invero, il ricorrente:
-nell’illustrare il primo motivo di ricorso, riferisce che (p. 7): <>;
– nell’illustrare il terzo motivo – dopo essersi lamentato del fatto che (p. 18) la corte territoriale aveva omesso l’esame <> – riferisce per la seconda volta (p. 20) che: <>;
– nell’illustrare il quarto motivo – dopo aver rilevato (p.28) che fin dal primo grado di giudizio aveva rappresentato <> – per la terza volta riferisce che (p. 30): <>.
Senonché – con esclusione del breve passo sopra menzionato (riportato a p. 25 del ricorso), che dà comunque atto che le osservazioni di parte attrice sono state prese in considerazioni dal c.t.u. – il ricorrente non riporta in alcun modo il contenuto della relazione del c.t.u.
Donde la inammissibilità dei motivi in esame.
2.2. Inammissibile è anche il motivo secondo.
Invero, nella impugnata sentenza, la corte territoriale:
ha premesso che il ricorrente aveva chiesto di accertare l’inadempimento dell’Istituto, deducendo che l’alloggio da lui condotto in locazione era al piano terra, aveva una rendita differente ed era stato nelle more venduto a tale NOME
ha dato atto che effettivamente in data 9.12.2015, a seguito di accertamenti dell’Ufficio Gestione Tecnica Patrimoniale, l’I.A.C.P. aveva accertato che erroneamente, nell’atto notarile di riscatto stipulato in favore di NOME COGNOME era stato indicato il subalterno 1, alloggio condotto in locazione dal COGNOME, anziché il sub 3 della p. lla 34 del fg. 128, alloggio oggetto di riscatto; e aveva quindi provveduto, tramite il Notaio rogante, alla relativa rettifica dei dati catastali comunicando al NOME l’avvenuto adempimento con nota del 27.05.2016;
ha rilevato che quest’ultimo, non avendo partecipato al contratto di compravendita stipulato tra l’I.A.C.P. e la COGNOME NOME non aveva titolo alcuno per impugnare il predetto contratto nei confronti dell’I.A.C.P.;
ha aggiunto che l’erronea indicazione del subalterno nei dati catastali relativi all’immobile locato non aveva impedito e non impediva al COGNOME di poter godere pacificamente dell’immobile e di servirsene secondo l’uso convenuto;
in sintesi, ha affermato il difetto di legittimazione attiva del COGNOME quanto all’errore contenuto nell’atto di compravendita cui era estraneo, trattandosi <> (quello assegnato in locazione al conduttore COGNOME, e quello ceduto alla COGNOME), che <>.
Orbene, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello si sarebbe pronunciata su una domanda di risarcimento dei danni per inadempimento da lui mai proposta.
Senonché, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, fermo restando che è comunque facoltà del giudice di merito qualificare la domanda – dalla stessa esposizione del fatto, contenuta nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità (cfr. p. 13 e 15) risulta
che il ricorrente, in sede di ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, aveva chiesto il risarcimento degli ulteriori danni ex art. 1218 c.c., sui quali era tornato anche in sede illustrazione del quarto motivo di appello.
Sotto questo profilo, dunque, il motivo è manifestamente infondato.
D’altronde, anche per il motivo in esame, valgono i rilievi di inammissibilità (sopra svolti in relazione a altri motivi) nella parte in cui il ricorrente riferisce che (p. 14), lui, preso atto del contenuto della lettera n. 518/2017 dell’Istituto, <> e che detto professionista con perizia del 18/07/2017 aveva addirittura riscontrato che lui aveva <>; per quindi dolersi del fatto la corte territoriale ha recepito il dictum del giudice di primo grado senza motivare.
Occorre al riguardo aggiungere che il ricorrente – nel sollecitare il confronto della c.t.u. con le risultanze della propria consulenza di parte (che aveva preso in considerazione anche altri parametri: la categoria catastale, la classe demografica dei comuni, l’ubicazione e la superficie dell’immobile) – sollecita inammissibilmente anche a questo proposito un riesame nel merito, precluso a questa Corte.
5 . All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna d i parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore dell’istituto resistente, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in
complessivi euro 1.200,00 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025, nella camera di consiglio