Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29820 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29820 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17503-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 747/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/03/2022 R.G.N. 571/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/10/2025 dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello che la RAGIONE_SOCIALE aveva
Oggetto
Altre ipotesi diritto privato – retribuzione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/10/2025
CC
proposto contro la sentenza n. 6152/2019 del Tribunale della medesima sede, con la quale erano state accolte le domande proposte dal lavoratore NOME COGNOME, volte al riconoscimento dell’indennità per riposi non fruiti, pari alla complessiva somma di € 11.439,61, oltre accessori.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, aderendo all’indirizzo già espresso in altre decisioni della medesima Corte, osservava che l’art. 32/3 del CCNL del settore, che stabilisce ‘a tutti gli effetti del presente contratto, la giornata lavorativa inizia alle ore zero e termina alle ore 24.00’, era una previsione di portata generale e la circostanza che detta clausola sia inserita nella disciplina delle paghe non la privava di tale carattere, vi sta l’espressa previsione contrattuale e l’espressa estensione ‘a tutti gli effetti del contratto’. Pertanto, concludeva che, stante la previsione del Ccnl ogni diversa ed unilaterale organizzazione da parte del datore di lavoro (quale quella di consentire il rientro il giorno successivo alle 8,00) non compensava il lavoratore della mancata fruizione del giorno di riposo per intero’, di talché la pretesa dell’originario ricorrente era fondata anche in ordine alla determinazione del quantum.
Avverso tale decisione, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 terzo comma della L. n. 370/1934; del Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 Attuazione della direttiva 93/104/CE e 2000/34/CE; dell’art. 17 della Direttiva 1999 CE in relazione agli artt. 113 e 360 n. 3 e 5 c.p.c. -Decisione delle questioni di diritto in modo non conforme alla giurisprudenza ed all’orientamento della Suprema Corte di Cassazione’, tanto in relazione ad una serie di decisioni di legittimità de gli anni ’80, richiamate dalla ricorrente. Secondo quest’ultima, in tema di riposo settimanale del personale che lavori su turni e per il quale non sia applicabile direttamente la regolamentazione prevista dalla L. 22 febbraio 1934, n. 370, le ventiquattro ore di riposo settimanale decorrono dall’ora di inizio del turno non lavorato per fruizione del riposo settimanale, in applicazione analogica del principio stabilito dal terzo comma dell’art. 3 della L. n. 370/1934. In altri termini, avendo la legge n. 370/1934 regolamentato specificamente il riposo settimanale di 24 ore prevedendo che lo stesso inizia per i lavori a squadra dall’ora di sostituzione di ciascuna squadra, tale precetto normativo deve essere interpretato nel senso che l’inizio del turno non l avorato con il quale termina il precedente riposo giornaliero è il momento in cui termina il precedente riposo giornaliero ed inizia quello settimanale. Inoltre, secondo RAGIONE_SOCIALE, l’orario di lavoro che il CCNL prevede a partire dalle ore 8,00, si distingue dalla ‘giornata’ che bisogna prendere in considerazione ai soli fini retributivi (art. 32 del Ccnl che va dalle ore 0,00 alle ore 24.00) e la sentenza di secondo grado doveva tener conto, oltre che delle previsioni dell’art. 22 del Ccnl, anche del fatto c he la legge prevede un computo del riposo in ore. Per la stessa, la
legge, la normativa CE ed il Ccnl prevedono il computo del riposo per i lavoratori in turni in ore e non in giornate, e ‘del tutto non conferente è il richiamo nonché l’applicazione dell’art. 32 del Ccnl’.
Con un secondo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 -Violazione del principio ‘iura novit curia’, nonché ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discus sione tra le parti’. Si torna a dedurre che ‘in primo grado veniva eccepita la inconferenza dell’art. 32 del Ccnl (non applicabile al presente caso concreto) e in secondo grado veniva chiesta anche l’applicazione del D.lgs. n. 66/2003, Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, nonché l’applicazione dell’art. 17 della Direttiva 1999 CE e, per la ricorrente, la sentenza di secondo grado, non solo ha disatteso l’invocata applicazione di norme di legge, ma ha anche deciso sulla scorta di deduzioni non formulate nel ricorso in appello dalla RAGIONE_SOCIALE.
I due motivi, come riassunti, esaminabili congiuntamente per connessione, sono inammissibili per plurime ragioni, così come già statuito da questa Corte con l’ordinanza n. 2673/2024, su una fattispecie analoga e sovrapponibile alla presente, con argomentazioni pienamente condivise da questo Collegio e dalle quali non si ritiene doversi discostare.
Specificamente, i due motivi sono inammissibili per la parte in cui si riferiscono all’ipotesi di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. Invero, in presenza di decisioni di primo e di secondo grado tra loro conformi, la ricorrente neanche deduce in che punti e come le motivazioni delle stesse fossero differenti e si ricade, quindi, in una ipotesi di doppia conforme nella quale la censura svolta è preclusa.
Con il secondo motivo, la RAGIONE_SOCIALE assume che è stato del tutto omesso il fatto decisivo che nel ricorso in appello la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’applicazione di norme di Legge (oltre a quelle del Ccnl). Per il resto, ambedue i motivi si riferiscono anche alla violazione e falsa applicazione delle norme di diritto indicate nelle rubriche ex art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c., salvo in conclusione del primo motivo aggiungere che sussisterebbe la violazione anche dell’indicato Ccnl nonché l’erronea applicazione dell’art. 32 del medesimo Ccnl. Del resto, nello sviluppo di entrambe le censure la ricorrente si riferisce anche agli artt. 17, 22 e 32 di un CCNL (di cui neanche viene indicata la data).
Ebbene, occorre ricordare che, secondo questa Corte, nell’ambito della contrattazione di lavoro privato, la conoscenza del giudice-interprete è consentita mediante l’iniziativa della parte interessata, da esercitare attraverso le modalità proprie del processo, non essendo previsti i meccanismi di pubblicità che assistono la contrattazione di lavoro pubblico (così, ad es., Cass. civ., sez. lav., 20.5.2020, n. 9300; in termini id., sez. I, 29.12.2020, n. 29772). Inoltre, è stato deciso che detto onere può essere adempiuto, in base al principio di strumentalità delle forme processuali -nel rispetto del principio di cui all’articolo 111 della Costituzione, letto in coerenza con l’articolo 6 della CEDU, in funzione dello scopo di conseguire una decisione di merito in tempi ragionevoli -anche mediante la riproduzione, nel corpo dell’atto d’impugnazione, della sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano principalmente le doglianze, purché il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio e, nell’elenco degli atti depositati, posto in calce al ricorso, vi sia la richiesta,
presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, di trasmissione del fascicolo d’ufficio che lo contiene, risultando forniti in tal modo alla Suprema Corte tutti gli elementi per verificare l’esattezza dell’interpretazione offerta dal giudice di merito (così Cass. civ., sez. I, 6.6.2019, n. 15415). La produzione del testo integrale del contratto collettivo, infatti, di regola, costituisce adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessa rio per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.; né, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del do cumento nell’elenco degli atti (in tal senso id., sez. lav. 4.3.2019, n. 6255; e in termini analoghi id., sez. lav. 3.1.2019, n. 15, la quale aveva ritenuto che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo e contrasta con i canoni di ermeneutica dettati dagli artt. 1362 e segg. c.c. e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa). Infine, occorre ricordare che, secondo questa Corte, il ricorso per cassazione deve essere redatto nel rispetto dei requisiti imposti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c. che, al comma 1, n. 6, richiede ‘la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda’; è, quindi, necessario che il ricorrente, oltre a
riportare nel ricorso il contenuto del documento, quanto meno nelle parti essenziali, precisi in qualche fase processuale è avvenuta la produzione ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, precisando al riguardo che il requisito di cui al richiamato art. 366 c.p.c., n. 6, è imprescindibile ed autonomo e non può essere confuso con quello di procedibilità (egualmente richiesto) previsto dall’art. 369 c.p.c. n. 4, in quanto il primo risponde all’esigenza di fornire al giudice di legitt imità tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne, mentre la produzione (laddove effettuata) è finalizzata a permettere l’agevole reperibilità del documento la cui rilevanza è invocata ai fini dell’accoglimento del ricorso (così Cass. civ., sez. lav., 19.6.2020, n. 12025).
Ora, nel caso in esame, non solo la ricorrente non risulta dall’atto introduttivo avere prodotto in questa sede copia integrale del Ccnl di settore, ma neppure ha specificato chi e quando avesse prodotto il testo di quel contratto collettivo e quale ne sia la collocazione in uno dei fascicoli di parte o d’ufficio. In parte qua , perciò, i motivi difettano del requisito di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione.
Infine, quanto alla violazione o falsa applicazione delle ulteriori norme di diritto cui si riferisce la ricorrente nelle sue non chiare censure, invocando l’applicazione del principio iura novit curia ex art. 113 c.p.c., parimenti il ricorso difetta di specificità. Invero, la ricorrente, come si è visto, assume genericamente che nel proprio ricorso in appello avrebbe ‘chiesto l’applicazione di norme di legge’ non meglio precisate, ma neanche richiama passi di detto atto d’impugnazione in cui fosse stata dedotta l’applicazione delle
specifiche norme delle quali ora si deduce la violazione e falsa applicazione. Laddove, dal testo della decisione qui gravata non risulta assolutamente che qualcuno dei motivi d’appello dell’attuale ricorrente per cassazione riguardasse l’applicazione o meno dell’art. 3, terzo comma, della L. n. 370/1934, del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dell’art. 17 della ‘Direttiva 1999/63/ CE’.
A proposito di quest’ultima indicazione, peraltro, il controricorrente ha fatto notare che la cit. Direttiva si compone solo di quattro articoli, per modo che non esiste un art. 17 della stessa. In ogni caso, è evidente che l’impugnante intenderebbe porre sotto tale profilo questioni giuridiche del tutto nuove, non trattate in secondo grado, in cui le domande del lavoratore, in relazione e nei limiti dell’ appellatum , sono state decise in base a quanto dedotto dallo stesso ed all’interpretazione dell’art. 32 , comma 3, del CCNL di settore, fornita dalla Corte distrettuale, lì dove è stato espressamente specificato, con statuizione non oggetto di specifica censura e di adeguate critiche giuridiche sotto il profilo della violazione dei criteri esegetici, che la suddetta disposizione contrattuale collettiva, secondo cui l’orario di lavoro iniziava alle ore zero e terminava alle ore 24,00, si riferiva ad un concetto di giornata lavorativa valevole ‘a tutti gli effetti del presente contratto’ e non solo agli effetti retributivi.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22.10.2025
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME