Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34689 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34689 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8390/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1579/2020 depositata il 17/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 26 aprile 2021, illustrato da memoria, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME impugnano per cassazione la sentenza N. 1579/2020 della Corte d’Appello di Bari resa in un giudizio instaurato nei loro confronti dal Comune di Ordona.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, il Comune di Ordona.
All’esito della causa civile in appello la Corte d’Appello di Bari con sentenza pubblicata il 17 settembre 2020, accogliendo parzialmente l’appello in riferimento al terzo motivo di gravame (sui quattro motivi proposti dalle appellanti-odierne ricorrenti), ha ritenuto di compensare parzialmente, per la metà parte, le spese di prime cure in ragione della reciproca parziale soccombenza, ponendo la residua quota a carico dell’opponente Comune, confermando per il resto la sentenza di primo grado, avente a oggetto una opposizione a decreto ingiuntivo emesso su istanza delle ricorrenti verso l’intimato Comune in forza di un atto di transazione stipulato tra le parti inerente all’indennizzo dovuto alle qui ricorrenti per una espropriazione.
Motivi della decisione
Le censure delle ricorrenti sono incentrate su tre motivi di ricorso: ‘1) violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1371 c.c., nonché degli articoli 1353 e 1371 c.p. in relazione all’art. 360 n. 3 cod.proc.civ.’ Le ricorrenti censurano la sentenza là dove la Corte d’Appello: a) ha interpretato la clausola n. 4 dell’atto di
transazione del 23 marzo 2010 nel senso che <> di cui al n. 3 del medesimo atto non fosse espressamente condizionato in ogni sua parte alla circostanza della materiale e diretta corresponsione della somma di € 163.172,00 in favore di NOME COGNOME entro cinquanta giorni dalla data della transazione’. Così facendo, la Corte d’Appello avrebbe escluso (dagli effetti negativi dell’inadempimento del Comune nel pagamento della prima rata) la decurtazione del 25% concordata a titolo transattivo proprio dallo stesso n. 3 dell’accordo; ‘2) violazione dell’art. 42 bis del T.U. espropri, nella parte in cui – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 43 dello stesso T.U. contemplante la decurtazione del 25%’ deducono le ricorrenti che a Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere ancora valida e lecita tale decurtazione contenuta nella clausola n. 3 della transazione, motivando tale decisione sul presupposto erroneo dell’applicazione dell’autonomia contrattuale. Conseguentemente denunciano la falsa applicazione dell’art. 37 del DPR 327/2001, per effetto della sentenza n. 338/2011 della Corte Costituzionale, laddove la Corte d’Appello di Bari ha reso estrattiva per il Comune di Ordona una norma di diritto pubblico dichiarata incostituzionale.; ‘3) violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare dell’art. 35 del DPR n. 327/2001’. Denunciano le ricorrenti che la Corte d’Appello di Bari abbia erroneamente ritenuto che la transazione del 23 marzo 2010 -pur avendo espressamente pattuito la revoca di qualsiasi procedimento ablativo a carico della ricorrente NOME COGNOME -fosse soggetta alla disciplina del predetto art. 35 in evidente contrasto coi precedenti della Cassazione (da ultimo: Cass. 6 maggio 2016, n. 9180).
La Corte rileva preliminarmente che le censure sono tutte affette dal medesimo vizio di inammissibilità sotto il profilo dell’articolo 366 numero 4 cod.proc.civ., poiché esse non sono accompagnate da alcuna critica alla motivazione della sentenza che, invece, avrebbe dovuto essere sviluppata all’interno di ogni motivo.
La lettura dei tre motivi, evidenzia pertanto come la loro illustrazione non si correli alle ratio decidendi utilizzate dalla Corte territoriale per respingere i motivi di appello. Sicché, non apparendo i motivi correlati ad essa impingono nella ragione di inammissibilità espressa dal principio di diritto recentemente rinverdito da Cass. SU n. 7074 del 2017 e da Cass, SU 23745 del 28/10/2020, in quanto, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del Comune controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna delle ricorrenti al pagamento di somma ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, in favore del Comune
contro
ricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; di euro 6.000,00, ex art. 96, 3° co., cod.proc.civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 29/11/2024