Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19704/2021 proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , quali eredi di COGNOME NOME e NOME, rappresentate e difese da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo Studio in MilanoINDIRIZZO INDIRIZZO
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME ,
Oggetto: intermediazione finanziaria
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari n.126/2021 pubblicata il 21.1.2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. – Con atto di citazione, notificato in data 9.10.2006 NOME e NOME convenivano in giudizio gli odierni appellati per accertare le violazioni commesse da COGNOME, quale promotore finanziario, e sentirlo condannare in solido con la RAGIONE_SOCIALE, ex art.2049 c.c. e 31 TUF alla restituzione della somma corrisposta dalle attrici pari ad € 275. 409, oltre interessi e svalutazione monetaria dalla data della domanda sino all’effettivo soddisfo e agli ulteriori danni, pari alla remunerazione che sarebbe derivata, dagli investimenti affidati al COGNOME, ove gli stessi fossero stati regolarmente effettuati. Sin dal 1997 COGNOME era stato promotore finanziario di fiducia di NOME e NOME COGNOME, le quali avevano investito nell’acquisto di vari prodotti finanziari della RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (società incorporante la RAGIONE_SOCIALE), tra cui alcune polizze assicurative. Nel 2006, avendo appreso notizie non rassicuranti sul COGNOME, le NOME avevano chiesto informazioni direttamente alla BNL di RAGIONE_SOCIALE e avevano appreso che le polizze erano state rimborsate e accreditate sul c.c. n. 20933 intestato a NOME COGNOME.
2. -All’esito di assunzione di prove, tra cui una perizia grafologica, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava le domande, poiché sussisteva corrispondenza tra le richieste di disinvestimento delle polizze e i bonifici effettuati sul conto corrente di NOME COGNOME con le relative causali, nonostante l’apocrificità di alcune firme apposte sui mo duli di disinvestimento o riscatto, circostanza tuttavia non sufficiente a dimostrare l’asserita distrazione del COGNOME delle somme, comunque rimborsate a seguito degli eseguiti disinvestimenti.
3. –COGNOME NOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME proponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Bari, che con la sentenza qui impugnata, accoglieva parzialmente l’appello e condannava l’attuale controricorrente (nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE) in solido con COGNOME NOME al pagamento in favore dell’attrice di € 30.573 .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
dagli esiti istruttori era risultato che:
a1) il COGNOME aveva svolto attività di promotore finanziario per conto della RAGIONE_SOCIALE poi incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE;
a2) era divenuto promotore di fiducia di COGNOME NOME e COGNOME, le quali avevano investito i loro risparmi nell’acquisto di prodotti finanziari BNL. Risultava, inoltre, che le investitrici avevano sottoscritto una serie di prodotti finanziari proposti dal COGNOME quale promotore della RAGIONE_SOCIALE;
a3) le stesse avevano appreso dalla BNL di RAGIONE_SOCIALE che gli investimenti erano stati inizialmente effettuati, ma non erano stati rinnovati o erano stati dismessi prime della scadenza stessa ed in alcuni casi non erano stati mai effettuati, sebbene le somme rinvenienti dagli disinvestimenti erano state accreditate sul loro conto;
a4) la perizia grafologica aveva accertato che effettivamente su alcuni dei moduli le firme erano apocrife;
l’eccezione sulla valutazione della capacità di rischio e di investimento delle attrici con violazione degli artt. 21 e 23 d.lgs. n. 58/1998 e degli artt. 26, 28 e 29 Reg. Consob n. 11522/1998 non era mai stata proposta in I grado e come tale era inammissibile;
la banca aveva violato gli obblighi di diligenza professionale richiesti ad un operatore bancario qualificato sulla base di una serie di fatti accertati:
c1) aveva accreditato le somme disinvestite da NOME sul conto di NOME COGNOME;
c2) non aveva proceduto ad alcun accertamento né sull’autenticità della sottoscrizione di NOME, che non era titolare di alcun conto corrente, né sulla domanda di disinvestimento, né sulla delega all’incasso su un conto a sé non direttamente riferibile, né sulla legittimazione del presentatore del titolo a pretendere la liquidazione, pagando ad una persona diversa dalla diretta beneficiaria;
diversamente le operazioni di COGNOME pur essendo avvenute con sottoscrizioni apocrife erano state accreditate sul conto corrente a lei intestato e non è stata allegato alcun elemento su come tali somme fossero state distratte dal COGNOME all’insaputa della titolare del conto; per il prelievo illecito di tali somme sarebbe stato necessario individuare la complicità di un funzionario all’interno della banca depositaria delle somme che avrebbe identificato il soggetto o autenticato la delega per il rimborso delle somme regolarmente accreditate. Di tale complicità l’odierna appellante non ha fornito prova alcuna.
alcun concorso di colpa poteva sussistere a carico di COGNOME NOME nella redazione delle false domande di disinvestimento;
non era stata prodotta prova idonea a dimostrar e l’asserito versamento di 10.000 in contanti al COGNOME.
– NOME ed NOME COGNOME hanno presentato ricorso per cassazione con un motivo articolato in più censure.
5.RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Le ricorrenti deducono:
-Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1176 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c., art. 31, comma 3, Omesso esame di un fatto decisivo e difetto di motivazione ai sensi
della art. 360, comma 1, nn.3 e 5, c.p.c. La censura ripercorre i rapporti intervenuti tra le COGNOME e il COGNOME per contestare che, nonostante gli accertamenti sulla responsabilità del COGNOME e della Banca, la Corte avesse escluso la restituzione delle somme e il conseguente risarcimento dei danni sull’erroneo assunto che dette somme erano state trasferite su un conto corrente intestato a NOME COGNOME. Le somme, infatti, non appena transitate su un conto alla stessa non conosciuto e solo apparentemente intestatole, venivano distratte a beneficio del COGNOME e di altri soggetti sconosciuti alla RAGIONE_SOCIALE. Tutte le operazioni erano state effettuate con firme apocrife. La Corte aveva ritenuto carente di prova tali circostanze e quelle relative al coinvolgimento di terzi soggetti connessi alla BNL ed al COGNOME (le ricorrenti avevano evidenziato che il fratello della COGNOME era dipendente della Banca). Le ricorrenti evidenziavano che la stessa BNL aveva con comunicazione del 22.4.2010 aveva precisato che presso la filiale non vi era alcun conto intestato a NOME COGNOME e soltanto dopo l’inizio del giudizio di I grado erano riuscite ad ottenere copia della documentazione relativa al conto.
6.1 Le censure sono inammissibili.
E’ indubitabile che oggi si pretenda in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denunciata violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n.
34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023).
Il motivo omette di considerare, così, che il predetto apprezzamento è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a fondare la sua decisione (Cass., n. 16467/2017; Cass., n. 11511/2014; Cass., n. 13485/2014; Cass., n. 16499/2009)
Compito della Corte di cassazione non è quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito. Il ricorso per cassazione conferisce, infatti, al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass., n. 331/2020). Come si è più volte sottolineato, la Corte di cassazione non è, dunque, tenuta a condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, dovendo invece limitare il proprio compito a controllare se i giudici di merito abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento decisorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022).
Non integra, peraltro, violazione o falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge; il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass., n. 10313/ 2006; Cass. n. 195/2016; Cass. n. 26110/2015; Cass. n. 8315/2013; Cass. n.16698/2010; Cass. n. 7394/2010).
Nel caso che ne occupa le doglianze sono attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, sicché esse ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass., n. 13238/2017; Cass., n. 26110/2015). In altri termini, il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non può essere denunciato sollecitando la riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con la indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass., n. 7993/2023; Cass., n. 35041/2022).
Il ricorso per cassazione non rappresenta infatti uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata ed il giudizio di legittimità non può essere, perciò, surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381/2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758/2017, Cass., SU, n. 34476/2019 e Cass., n. 32026/ 2021; Cass., n. 40493/2021; Cass., n. 1822/2022; Cass., n. 2195/ 2022; Cass., n. 3250/2002; Cass., n. 5490/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., 13408/2022; Cass., n. 15237/2022; Cass., n. 21424/2022; Cass., n. 30435/2022; Cass., n. 35041/2022; Cass., n.35870/2022; Cass., n. 1015/2023; Cass., n. 7993/2023).
Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore del cont roricorrente che liquida in € 4.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile il 30 gennaio 2024, riconvocata il 13 marzo 2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME