Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7735 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7735 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 467/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME e COGNOME, nella loro qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME
(EMAIL), giusta procura allegata controricorso.
–
contro
ricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale allegata al controricorso.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Potenza n. 545/2020 depositata il 14/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che
Con sentenza pubblicata il 10 giugno 2011 il Tribunale di Matera dichiarava trasferita in capo a COGNOME NOME, in virtù della rinuncia alla prelazione da parte del convenuto COGNOME NOME (nato nel DATA_NASCITA), la proprietà dei terreni siti nel Comune di Matera alla INDIRIZZO Giuliano, sotto condizione sospensiva del pagamento in favore di COGNOME NOME (nato nel DATA_NASCITA) del prezzo entro il termine di mesi tre dal passaggio in giudicato della sentenza.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME proponeva appello assumendo: l’erronea applicazione della normativa per aver
qualificato la domanda come riscatto agrario invece che come esecuzione degli effetti dell’esercizio valido e completo della prelazione agraria; l’omessa considerazione dell’offerta reale ai fini dell’esercizio della prelazione agraria; il mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni.
Si costituivano resistendo sia COGNOME NOME nato nel DATA_NASCITA, sia COGNOME NOME nato nel DATA_NASCITA.
1.2 Con sentenza n. 545/2020 la Corte d’Appello di Potenza rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME nato nel DATA_NASCITA.
Resistono con controricorso COGNOME NOME ed COGNOME NOME in qualità di eredi di COGNOME NOME nato nel DATA_NASCITA e deceduto il 5 Febbraio 2018.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ed il resistente COGNOME hanno depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la corte di merito è incorsa in violazione ed errata applicazione delle norme di legge in materia di valutazione delle prove, in tema di esercizio della prelazione nonché sulla
modalità esecutiva dell’offerta reale. Ci si duole anche che non sarebbe stato applicato il principio di non contestazione con riferimento a vari atteggiamenti tenuti dalle controparti.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia <<Violazione, contraddittoria e falsa applicazione delle norme in tema di prelazione agraria ex art. 8 legge 26 maggio 1965, n. 590, mod. dalla legge 14 agosto 1971, n. 817 -violazione e falsa applicazione degli artt. 1208 e ss. cod. proc. civ., 74 disp. att. cod. civ. in tema di offerta reale – violazione delle norme in tema di valutazione delle prove, del principio di non contestazione ex art. 115 cod. proc. civ. e dei principi di cui agli artt. 116 e 214 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, 4, 5 cod. proc. civ.)
Lamenta che l'erronea applicazione del principio legale in ordine all'apprezzamento 'vincolato' dei fatti ammessi e non contestati descritto con il primo motivo va necessariamente concatenato con la clamorosa violazione e falsa applicazione dell'art. 8 legge 590/1965.
Deduce che l'impugnata sentenza ha ritenuto che l'accoglimento in primo grado della domanda di trasferimento del fondo, oggetto del preliminare del 2004, dal venditore COGNOME (nato nel DATA_NASCITA) all'odierno ricorrente fosse riconducibile solo alla rinuncia del presunto concorrente (cioè COGNOME nato nel DATA_NASCITA) al suo diritto di prelazione, avvenuta anni dopo in corso di causa.
In tal modo la sentenza impugnata ha completamente ignorato che l'altro concorrente aveva ammesso da sé e da subito di non avere a sua volta completato l'iter procedimentale previsto per legge e non poteva quindi rinunciare ad un diritto che semmai certamente non aveva più.
Lamenta, per altro verso, che la corte di merito non ha considerato che esso COGNOME aveva esattamente ottemperato a quanto previsto dall'art. 8 legge 590/1965, correttamente esperendo la procedura per la formalizzazione dell'offerta reale
del prezzo pattuito; la corte ha invece rilevato che il COGNOME avrebbe depositato le somme dovute in maniera non conforme alla legge, senza considerare che, se dopo il deposito delle suddette somme, magari incorporato in titoli al portatore come un assegno, il creditore non ne cura il ritiro né contestualmente né nei giorni successivi, i titoli possono restare in custodia presso il debitore donde creditore può reclamarli.
Nel caso di specie risulta dal verbale dell'ufficiale giudiziario che il creditore COGNOME NOME rifiutava l'assegno circolare del COGNOME e rifiutava altresì di sottoscrivere il verbale in questione.
Nell'inerzia persistente del venditore rispetto all'accettazione del prezzo del fondo al COGNOME non restava altro che notificare atto di citazione per: a) conseguire la validazione dell'offerta reale eseguita nel pedissequo rispetto delle norme; b) ottenere la sentenza di trasferimento del fondo per relazionato in suo favore; c) conseguire un titolo trascrivibile per mettersi al riparo dalle probabili iniziative avversarie.
Sarebbe dunque erronea la sentenza impugnata che ha <> gli effetti del trasferimento della proprietà in capo al COGNOME propri della pronuncia di prime cure, non già come effetto dell’esercizio tempestivo e corretto della prelazione, ma come conseguenza della rinuncia dell’altro originario convenuto, e -stigmatizzando una insussistente mancata ottemperanza del COGNOME– lo ha punito anche con la condanna alla rifusione delle spese nei confronti delle due controparti che con la loro condotta avevano provocato la necessità del giudizio ed allungato a dismisura i tempi della causa.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia <>.
Lamenta che il giudice di prime cure, e successivamente la corte d’appello, erroneamente non hanno ammesso le sue richieste istruttorie, tra cui prova per interpello e testi ed ordine di esibizione, e sono pervenute all’affermazione della responsabilità contrattuale dei due originari convenuti, cioè il venditore del fondo ed il soggetto concorrente, perché non hanno considerato la reale vicenda che si è svolta tra le parti, e cioè che esso COGNOME aveva esattamente esercitato il diritto di prelazione, aveva messo a disposizione del venditore il corrispettivo ed anzi si era addirittura prodigato per favorire una divisione bonaria del fondo <>, mentre le controparti avevano invece tenuto una condotta inadempiente e renitente, dando luogo ad un giudizio protrattosi a lungo, che di fatto gli aveva impedito l’immissione nel possesso dei fondi a far data dalla prelazione compiutamente esercitata.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia <>
Lamenta che nei precedenti gradi di merito non è stata accolta la sua domanda di condanna di convenuti ex art. 96 cod. proc. civ.
Preliminarmente rileva il Collegio che il controricorso COGNOME è stato sottoscritto dall’AVV_NOTAIO che non risulta essere iscritto all’albo dei patrocinatori avanti alle giurisdizioni
superiori.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il ricorso firmato da avvocato non iscritto all’albo dei patrocinatori avanti alle giurisdizioni superiori deve essere dichiarato inammissibile (tra le tante, v. Cass., 21/04/2017, n. 19203).
Per altro verso, tuttavia, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il conferimento della procura alle liti per ricorrere o controricorrere avanti alla Corte di Cassazione anche nei confronti di un procuratore non abilitato all’esercizio del mandato difensivo costituisce mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura, allorché il mandato sia conferito anche a procuratore iscritto nell’apposito albo e questo abbia sottoscritto il ricorso (Cass., 12/10/2018, n. 25385).
Nel caso di specie, il controricorso COGNOME, che sarebbe stato inammissibile se sottoscritto soltanto dall’AVV_NOTAIO, è stato sottoscritto anche dall’AVV_NOTAIO, che risulta iscritto all’albo dei patrocinatori avanti alle giurisdizioni superiori, e può dunque essere scrutinato.
6. Il primo motivo è inammissibile perché va a ripercorrere l’intera storia del contenzioso intercorso tra le parti e sollecita dunque un esame della quaestio facti precluso nella presente sede di legittimità.
Secondo orientamento assolutamente consolidato di questa Corte, non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (Cass., del 26/03/2010, n. 7394; Cass., Sez. 3, 14/06/2007, n. 13954), al quale spetta infatti in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere tra le complessive risultanze del processo
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti adesso sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 28/06/2018, n. 17036).
Quanto alla censura fondata sul riferimento all’art. 115 cod. proc. civ. e sulla non corretta applicazione del principio di non contestazione, va rilevato che, ferma l’inosservanza dell’art. 366 , n. 6, cod. proc. civ., la denuncia, invece che concretizzarsi nella precisa individuazione di ‘fatti storici’ , si risolve nella evocazione di atteggiamenti difensivi, all’esito dei quali si postulano inferenze fattuali. In modo, tuttavia, non si denuncia effettivamente la violazione del detto principio, ma nuovamente si sollecita una inammissibile rivalutazione della quaestio facti .
Infine, la censura secondo cui il giudice d’appello avrebbe trascurato le confessioni rese dalle altre due parti in causa -e cioè del <> rispetto ai terreni oggetto di causa e del venditore- su fatti completamente sfavorevoli a ciascuna di esse viene svolta in maniera non solo confusa, in quanto al riferimento all’art. 2730 cod. civ. viene accostata l’invocazione della violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ed infine il mancato rispetto del dovere di buona fede e cooperazione ex art. 1175 cod. civ., ma anche generica, in quanto il ricorrente non localizza e non specifica se dove e quando le sue controparti abbiano reso le pur invocate dichiarazioni confessorie o ammissive, con conseguente violazione dell’art. 366 n. 6, cod. proc. civ.
Il secondo motivo è inammissibile.
Si sostanzia infatti nella denuncia di violazione delle norme indicate solo all’esito di una rivalutazione di una serie di emergenze fattuali, evocate senza il rispetto dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile.
E’ dedotto in violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.,
atteso che omette qualsiasi indicazione delle prove di cui trattasi, nonché del provvedimento del primo giudice su di esse e del tenore dell’atto di appello con cui dello stesso ci si sarebbe doluti.
Il quarto motivo è inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere (Cass., 22/04/2020, n. 8036).
Nel caso di specie, il motivo non risulta correlato alla motivazione della sentenza impugnata che, in ragione dell’esito della lite nel merito (che ha visto soccombere proprio il COGNOME NOME, per l’effetto è stato condannato alla rifusione delle spese in favore dei due appellati COGNOME) ha correttamente assorbito ogni ulteriore questione relativa alla dedotta responsabilità aggravata degli COGNOME.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo; si deve, invece, negare la distrazione, in quanto solo genericamente invocata da entrambi i difensori dei controricorrenti, nonostante uno dei due non risulti iscritto
all’albo dei patrocinatori avanti alle giurisdizioni superiori: è palese che in tale situazione non è possibile ritenere che la distrazione, che, ove anche l’altro legale fosse stato legittimato, si sarebbe dovuta disporre a favore di entrambi, possa disporsi a favore del solo difensore legittimato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza