Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14032 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 22631/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa come da procura in atti dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa come da procura in calce al controricorso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
N. 22631/21 R.G.
avverso la sentenza n. 545/2021 del la Corte d’appello di Ancona, depositata in data 7.5.2021;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 13 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME, dopo aver chiesto un accertamento tecnico preventivo, chiese condannarsi la RAGIONE_SOCIALE, quale proprietaria e custode di una conduttura idrica nel Comune di Montelabbate, al risarcimento dei danni arrecati ad un proprio immobile , nell’anno 2005, a seguito di infiltrazioni di acqua provenienti dall’acquedotto , e ciò avuto riguardo alle opere necessarie alla stabilizzazione del fabbricato;
la convenuta chiese di essere autorizzata a chiamare in garanzia la propria Compagnia assicuratrice, eccependo la prescrizione del diritto e chiedendo il rigetto della domanda nel merito;
costituitasi la RAGIONE_SOCIALE ed all’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Pesaro, con sentenza n. 859/2016, accolse la domanda attorea, condannando la convenuta al pagamento di € 50.822,89 oltre accessori e la Compagnia a tenere indenne la RAGIONE_SOCIALE detratta la franchigia;
avverso tale pronuncia propose appello la RAGIONE_SOCIALE
la Corte d ‘a ppello di Ancona, con la sentenza in epigrafe, accolse l’appello, escludendo la responsabilità ex art. 2051 c.c. della appellante e riformando integralmente la sentenza di primo grado, con conseguente rigetto delle domande attoree;
N. 22631/21 R.G.
avverso detta sentenza NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME frattanto deceduto, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, cui resiste con controricorso la Marche Multiservizi s.p.a., che ha pure depositato memoria; la UnipolSai Assicurazioni è rimasta intimata;
il Collegio ha riservato il deposito della motivazione entro sessanta giorni;
Considerato che
non mette conto illustrare i motivi del ricorso, giacché esso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., non risultando agli atti la copia notificata della sentenza impugnata, pubblicata il 7.5.2021, che il ricorrente -che pure assume di essere erede di NOME COGNOME senza tuttavia documentare tale qualità ( donde già di per sé l’inammissibilità del ricorso ) – afferma essergli stata notificata in data 26.5.2021. La difesa del ricorrente ha infatti depositato soltanto una copia della sentenza impugnata, estratta dal fascicolo informatico e attestat a conforme all’originale contenuto nello stesso, ma non corredata da alcuna dimostrazione di avvenuta notifica nei suoi confronti;
sul punto deve ribadirsi la oramai costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio e alla quale si intende dare continuità (di recente, ribadendo consolidati approdi ermeneutici, Cass. n. 15832/2021), che, riguardo alla produzione della copia notificata della sentenza e più in generale di decorrenza dei termini di impugnazione, afferma: ‘ In tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugna zione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si
deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame delle prod uzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio’ ;
tale conclusione è ribadita, con alcune precisazioni, i cui presupposti fattuali di applicazione peraltro non ricorrono nella specie, anche dalla più recente giurisprudenza nomofilattica (Cass., Sez. Un., n. 21349/2022);
nella specie, peraltro, il ricorso di NOME COGNOME risulta essere stato notificato il 26.7.2021 e quindi ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza del la Corte d’appello di Ancona, avvenuta in data 7.5.2021, così neppure operando l’eccezione all’obbligo di deposito della sentenza (e della relata, se la prima è stata notificata) individuata fin da Cass. n. 17066/2013; né
N. 22631/21 R.G.
una copia notificata della sentenza stessa, ritualmente formata, risulta comunque dagli atti di causa legittimamente esaminabili da questa Corte; – in definitiva, il ricorso è improcedibile; le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE mentre nulla va disposto nei rapporti con l’intimata, che non ha svolto difese; – in relazione alla data di proposizione del ricorso principale (successiva al 30 gennaio 2013; la questione, invece, non può investire il ricorso incidentale, in quanto inefficace: v. Cass. n. 18348/2017 ), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228) ;
p. q. m.
la Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in € 5 .500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno