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Ricorso improcedibile: l’onere di deposito sentenza

Una società di costruzioni ha impugnato una condanna al risarcimento danni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso improcedibile perché la società non ha depositato la copia notificata della sentenza d’appello, un adempimento formale obbligatorio. L’ordinanza sottolinea come questo onere sia cruciale per verificare la tempestività dell’impugnazione, confermando inoltre che il ricorso era stato presentato tardivamente.

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Ricorso Improcedibile: L’Onere di Deposito della Sentenza Impugnata

Nel complesso mondo della giustizia, i dettagli procedurali non sono semplici formalità, ma pilastri che garantiscono la certezza del diritto. Un ricorso improcedibile è la conseguenza diretta della violazione di queste regole, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda una società di costruzioni il cui ricorso è stato respinto non per il merito della questione, ma per un errore procedurale: il mancato deposito della copia notificata della sentenza impugnata. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando l’importanza cruciale degli adempimenti formali nei giudizi di legittimità.

I Fatti del Caso: Da un Appalto Edile alla Cassazione

La vicenda ha origine da una controversia legata a un contratto d’appalto per il completamento di un immobile. Il committente, insoddisfatto dell’esecuzione dei lavori, aveva citato in giudizio la società costruttrice. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva condannato la società a un cospicuo risarcimento danni per inadempimento contrattuale.

Ritenendo la sentenza ingiusta, la società ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando la violazione di alcune norme del codice di procedura civile. Tuttavia, il suo percorso giudiziario si è interrotto bruscamente davanti alla Suprema Corte a causa di un vizio procedurale.

La Decisione della Corte: un Ricorso Improcedibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso improcedibile, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La ragione è netta e si fonda sull’articolo 369 del codice di procedura civile: la società ricorrente, pur avendo dichiarato nel proprio atto di aver ricevuto la notifica della sentenza d’appello, non ha poi depositato presso la cancelleria della Corte la copia autentica di tale sentenza munita della relazione di notificazione.

Il Principio dell’Autoresponsabilità Processuale

I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la dichiarazione di avvenuta notifica contenuta nel ricorso è un “fatto processuale” che fa sorgere in capo al ricorrente l’onere di provarlo. Non si tratta di una facoltà, ma di un obbligo preciso. Depositare la copia notificata è essenziale per consentire alla Corte di svolgere il suo controllo sulla tempestività dell’impugnazione rispetto al termine breve di 60 giorni.

La Questione Aggiuntiva della Tardività

La Corte ha inoltre osservato che, anche se questo vizio fosse stato superato, il ricorso sarebbe stato comunque inammissibile perché tardivo. Notificato l’11 dicembre 2020, era stato presentato ben oltre la scadenza dei 60 giorni dalla notifica della sentenza d’appello (avvenuta il 4 aprile 2020), anche tenendo conto del periodo di sospensione dei termini processuali dovuto all’emergenza Covid-19.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si concentra sulla natura non meramente formale, ma sostanziale, dell’onere di deposito. Questo adempimento è prescritto dalla legge per tutelare un interesse pubblico: garantire la certezza dei rapporti giuridici e la formazione del giudicato. Permettere al ricorrente di omettere tale deposito significherebbe lasciare alla sua totale discrezione l’applicabilità della sanzione dell’improcedibilità, minando le fondamenta del processo.
La Corte ha chiarito che la verifica della procedibilità del ricorso (basata sul rispetto degli adempimenti formali come il deposito dei documenti) precede logicamente quella dell’ammissibilità (che riguarda, ad esempio, la tardività). Il mancato rispetto del primo onere ha reso superfluo un’analisi più approfondita del secondo, portando alla declaratoria di un ricorso improcedibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche:

1. La diligenza procedurale è fondamentale: nel processo civile, e in particolare nel giudizio di cassazione, la forma è sostanza. Errori o omissioni procedurali possono essere fatali e precludere l’esame del merito di una causa, anche se le ragioni fossero fondate.

2. Conseguenze economiche dell’errore: un ricorso improcedibile non comporta solo la perdita della causa. La società ricorrente è stata condannata a versare una somma alla cassa delle ammende, una sanzione prevista per aver avviato un’azione giudiziaria con vizi procedurali gravi. Inoltre, è stata attivata la procedura per il raddoppio del contributo unificato, un ulteriore costo a carico della parte soccombente.

In conclusione, la decisione ribadisce che l’accesso alla giustizia di legittimità richiede un rigore assoluto. Affidarsi a professionisti esperti e meticolosi è essenziale per evitare che un errore formale possa vanificare anni di contenzioso e compromettere definitivamente la tutela dei propri diritti.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato improcedibile?
Perché la società ricorrente ha omesso di depositare, entro i termini di legge, la copia autentica della sentenza impugnata completa della relazione di notificazione, un adempimento obbligatorio previsto dall’art. 369 c.p.c.

Cosa significa l’onere di depositare la copia notificata della sentenza?
Significa che la parte che impugna una sentenza ha il dovere inderogabile di fornire alla Corte il documento che prova ufficialmente quando la decisione le è stata comunicata. Questo atto è cruciale perché permette al giudice di verificare se l’impugnazione è stata presentata entro il termine perentorio di 60 giorni.

Quali sono state le conseguenze economiche per la società ricorrente?
Oltre a perdere la causa, la società è stata condannata a pagare una sanzione pecuniaria di 2.000 euro a favore della cassa delle ammende. Inoltre, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, di fatto raddoppiando le spese iniziali del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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