Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27471 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27471 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18610/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
Oggetto:
R.G.N. 18610/2021 Ud. 29/09/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 671/2021 depositata il 24/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 671/2021, pubblicata in data 24 marzo 2021, la Corte d’appello di Firenze, decidendo in sede di rinvio a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 5890/2018 del 12 marzo 2018, ha integralmente respinto le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA.
NOME COGNOME aveva convenuto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA innanzi il Tribunale di Prato, premettendo di avere intrattenuto presso la convenuta diversi conti correnti, su uno dei qualiil n. 52538, aperto il 15 marzo 2000 – risultavano compiute, dal giorno dell’apertura al 31 dicembre 2001, una serie di operazioni in titoli e derivati, per il complessivo ammontare di € 20.161.561,05, il cui esito aveva condotto ad un saldo negativo di € 1.102.575,45.
Aveva dedotto l’attore che le operazioni in questione non erano state eseguite su disposizioni da lui impartite ma poste in essere in completa autonomia da dipendenti della RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA e che solo in data 13 settembre 2001 gli era stato fatto sottoscrivere l’atto integrativo per la negoziazione di strumenti finanziari derivati.
Deducendo la violazione, ad opera della banca, di una serie di norme, contenute nel d.lgs. 58/1998, in ordine ai doveri di diligenza degli operatori finanziari e di forma dei contratti, nonché del
regolamento Consob n. 11522 del 1998, relativamente al dovere di informare l’investitore delle perdite e del dovere di adeguare gli investimenti al capitale dell’investitore, NOME COGNOME aveva chiesto che la convenuta -previo accertamento delle violazioni dedotte e conseguente declaratoria di nullità, invalidità, inesistenza e, comunque, inefficacia, delle operazioni di borsa -venisse condannata a restituire la somma di € 1.102.575,45 ed a corrispondere l’ulteriore importo di € 150.000,00 a titolo di r isarcimento.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA contestando radicalmente la fondatezza della domanda, il Tribunale di Prato, all’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 1108/2006 del 4 ottobre 2006, aveva dichiarato la nullità del contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento concluso tra le parti e, di conseguenza, la nullità di tutti gli ordini di vendita di opzioni put stipulati tra il 15 marzo 2000 e il 31 dicembre 2002, condannando RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA al pagamento, in favore di NOME COGNOME, della somma di € 771.137,95 per capitale, € 13.049,98 per interessi, € 1.138,58 per commissioni massimo scoperto e rigettando le altre domande.
Proposti autonomi appelli sia da parte di NOME COGNOME sia da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA, la Corte d’appello di Firenze, riuniti i gravami, con sentenza n. 373/2013 del 28 febbraio 2013, aveva riformato integralmente la decisione impugnata, respingendo le domande di NOME COGNOME.
Proposto da parte di quest’ultimo ricorso in cassazione, questa Corte, con ordinanza n. 5890/2018 del 12 marzo 2018, aveva accolto tre dei dodici motivi di ricorso, cassando con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
In particolare, questa Corte, dopo aver osservato in via generale che, in tema di intermediazione finanziaria, l’art. 23, D. Lgs. n. 58/1998, impone la forma scritta, a pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento con riferimento al contratto quadro, e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario, aveva tuttavia rilevato che tale principio non trova applicazione allorquando sia lo stesso contratto quadro, o un’apposita pattuizione stipulata dalle parti, a prevedere anche per gli ordini di investimento la forma scritta.
Operata tale premessa, questa Corte aveva constatato che la Corte territoriale, non solo non aveva in alcun modo considerato un previsione pattizia (l’art. 3 delle Norme regolative del contratto in questione) che imponeva un preciso onere di forma per gli ordini di investimento, ma anche – pur avendo accertato che per sette dei quattordici ordini in atti, non vi era alcuna documentazione scritta e neppure la registrazione di eventuali ordini telefonici -aveva non correttamente posto a carico dello stesso NOME COGNOME l’onere di fornire la prova negativa di non avere conferito alla banca un ordine verbale.
6. Riassunto in giudizio, la Corte d’appello di Firenze, nel respingere le domande di NOME COGNOME, ha preliminarmente puntualizzato che la decisione del giudizio di rinvio doveva prescindere da qualsivoglia integrazione istruttoria, in quanto l’oggetto della causa andava nelle sole 14 operazioni in derivati già analizzate dal CTU nel giudizio di primo grado, dal momento che era a tali operazioni che si era riferita questa Corte nel cassare la precedente decisione d’appello, non essendo quindi consentito ampliare l’ambito del thema decidendum.
Sul punto, poi, la Corte territoriale ha ulteriormente argomentato che:
-le doglianze di NOME COGNOME in relazione ad altre operazioni erano risultate sin dal giudizio di primo grado del tutto generiche ed erano state quindi correttamente disattese dal giudice di prime cure;
-l’investitore aveva formulato richiesta di ulteriore estensione del quesito peritale ad altre operazioni ma, dopo che tale richiesta era stata disattesa, aveva omesso di rinnovare la sollecitazione in sede di conclusioni di primo grado;
-ulteriormente, nessun motivo di appello era stato formulato sul punto dallo stesso NOME COGNOME in sede di primo appello.
Passando al merito, la Corte fiorentina, richiamato il contenuto dell’ordinanza di questa Corte n. 5890/2018 del 12 marzo 2018, ha proceduto all’interpretazione dell’art. 3 del contratto quadro del 15 marzo 2000, giungendo che alla conclusione per cui lo stesso -alla luce del suo tenore letterale ( ‘Art. 3 Conferimento degli ordini. Gli ordini sono impartiti alla Banca di norma per iscritto anche attraverso promotori finanziari a tal fine autorizzati. All’atto di ricevimento dell’ordine la banca o il promot ore finanziario rilasciano apposita attestazione cartacea. Qualora gli ordini vengano impartiti telefonicamente il cliente prende atto che le conversazioni telefoniche sono soggette a registrazione su nastro magnetico o su altro supporto equivalente’ ) -non imponeva necessariamente l’uso della forma scritta ad substantiam per impartire i singoli ordini di investimento, dovendosi anzi ritenere che fosse consentito impartire ordini anche oralmente.
La Corte territoriale, quindi, ha ritenuto che -ferma la presenza di ordini scritti in relazione a sette delle quattordici operazioni –
sussistessero elementi indiziari idonei a far concludere che anche le altre operazioni non risultanti da ordine scritto erano state ordinate da NOME COGNOME.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE SPA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a sei motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., error in procedendo per mancato rispetto del decisum di questa Corte.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si denuncia il mancato rispetto, da parte del giudice del rinvio, del decisum della sentenza di cassazione. La qual cosa concreta un’ipotesi di error in procedendo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per aver il giudice operato in un ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione.
In particolar modo, si contesta che il giudizio rescissorio abbia violato il principio fissato da quello rescindente in merito alla forma degli ordini di investimenti impartiti all’Intermediario, per la cui validità la Suprema Corte di Cassazione aveva ind icato quella scritta.’ .
1.2. Con il secondo motivo -formulato in via subordinata rispetto al primo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1352 c.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si rileva la commissione di un error in iudicando nell’applicazione della norma sostanziale di cui all’artt. 1352 cod. civ., per non aver la corte territoriale tenuto in considerazione l’accordo intervenuto tra i paciscenti, in forza del quale le stesse si erano vincolate adì alcune ben precise forme al fine di documentare il conferimento degli ordini di esecuzione delle operazioni in strumenti finanziari. Si sta facendo riferimento, in particolar modo, alla pattuizione di cui all’art. 3 del contratto quad ro del 15.03.2000, che è stata erroneamente interpretata dalla Corte di Appello di Firenze nel senso di escludere che, in forza di essa, le parti avessero previsto delle specifiche forme ad substantiam, affinché la Banca potesse operare, in nome e per cont o dell’Investitore, in strumenti finanziari.’ .
1.3. Con il terzo motivo -formulato in via subordinata rispetto ai precedenti due il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si rileva, in ogni caso, la commissione di un ulteriore error in iudicando nell’applicazione delle norme sostanziali, di cui all’artt. 2727 e 2729 cod. civ., per aver la corte territoriale utilizzato in maniera erronea, come strumento di prova, il meccanismo delle presunzioni semplici, ponendo, così, in essere una violazione e falsa applicazione di norme di legge, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Gli è, infatti, che la corte territoriale abbia utilizzato il meccanismo presuntivo per ritenere dimostrato che l’Intermediario avesse eseguito le operazioni in strumenti finanziari derivati, dietro richiesta dell’Investitore, quando, invece, attese le specifiche pattuizioni contrattuali sul punto, ciò non sarebbe potuto avvenire, poiché il ragionamento presuntivo svolto dal giudice ad quem è stato assunto in aperta violazione della norma di cui all’art. 2729, primo comma, cod. civ.’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 323, 324 e 346 c.p.c., in correlazione con l’art. 2909 c.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si censura la violazione e falsa applicazione delle norme processuali di cui agli artt. 323, 324 e 346 cod. proc. civ., in correlazione con quella di cui alla norma dell’art. 2909 cod. civ. La corte territoriale non ha fatto corretta applicazione del principio del cosiddetto giudicato interno implicito, avendo ritenuto -anche qui in maniera errata -che fosse intervenuta la res iudicata su talune domande formulate da COGNOME nel primo grado di giudizio. Questo perché, sec ondo la corte territoriale, l’odierno ricorrente, nel promuovere ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello n. 373/2013, avrebbe dovuto contestare questa pronuncia anche nella parte in cui nulla aveva statuito in ordine alle operazioni in strumenti finanziari ordinari.’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘error in procedendo per errata interpretazione del decisum cassatorio -conseguente nullità della sentenza’ .
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si rileva l’erronea interpretazione del decisum rescindente, per avere la corte territoriale ritenuto che, a seguito della sentenza della Suprema Corte, l’oggetto del giudizio di rinvio fosse circoscritto al riesame di una parte soltanto delle operazioni di borsa contestate da COGNOME nella citazione introduttiva, con l’esclusione, cioè, di quelle in strumenti finanziari ordinari.’ .
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 323, 324 e 346 c.p.c., in correlazione con l’art. 2909 c.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘si censura, ancora una volta, la violazione e falsa applicazione delle norme processuali di cui agli artt.
323, 324 e 346 cod. proc. civ., in correlazione con il disposto dell’art. 2909 cod. civ., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che fosse intervenuto il giudicato sulla richiesta di nuova CTU formulata da COGNOME sin dal primo grado di giud izio e reiterata in quello di rinvio’ .
2. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Questa Corte ha costantemente affermato il principio per cui, nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli è stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, secondo comma, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, primo comma, c.p.c.
Onere la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso con esclusione sia del caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato -c. d. ‘prova di resistenza’ sia del caso in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o comunque presente nel fascicolo d’ufficio (Cass. Sez. U – Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; Cass. Sez. U – Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11376 del 11/05/2010; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25070 del 10/12/2010).
In particolare, è stato enunciato il principio per cui la previsione dell’art. 369, secondo comma, c.p.c. non consente di distinguere tra il deposito della sentenza impugnata e quello della relazione di notificazione della stessa, con la conseguenza che la mancanza di uno
dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso, a meno che -si ripete – ricorra una delle seguenti condizioni: 1) il deposito del documento mancante sia avvenuto entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione; 2) detto documento sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o presente nel fascicolo d’ufficio; 3) il ricorso per cassazione risulti notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 28781 del 08/11/2024; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 27883 del 29/10/2024; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 27313 del 22/10/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24023 del 07/08/2023).
Nella specie, il ricorrente ha espressamente allegato la circostanza della notifica della decisione impugnata in data 3 maggio 2021, ma non ha provveduto al deposito della copia notificata della sentenza medesima.
Si deve, anzi, osservare che non solo nessuno degli allegati al ricorso -a seguito di specifica verifica -risulta consistere nella notifica della sentenza impugnata, ma anche -ed è circostanza che vale ad escludere eventuali errori nello scrutinio degli allegati medesimi – che la presenza di tale atto non risulta neppure indicata nell’elenco documenti posto in calce al ricorso.
La presenza della copia notificata della sentenza di appello non è riscontrabile neppure tra gli allegati prodotti dalla controricorrente ed anzi anche in questo caso la menzione dell’atto non compare neppure nell’elenco documenti allegati al controricorso .
Poiché la notifica del ricorso risulta avvenuta in data 30 giugno 2021, e quindi ben oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c. computato con riferimento alla data (24 marzo 2021) di pubblicazione della sentenza impugnata – termine che veniva a scadere il giorno 24 Maggio
2021 – il ricorso, in applicazione del principio appena richiamato, deve essere dichiarato improcedibile.
Declaratoria di improcedibilità -si aggiunge per completezza -che non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU (cfr. Corte EDU, sentenza del 23 maggio 2024, Patricolo e altri c. Italia ) poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale (Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 24724 del 16/09/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024).
L’accertata improcedibilità del ricorso preclude l’esame del medesimo ed il vaglio delle eccezioni sollevate dalla controricorrente, alla luce del principio per cui, qualora il ricorso sia improcedibile, l’esame dell’atto non è consentito nemmeno per rilevarne l’inammissibilità (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 1389 del 22/01/2021; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 1295 del 19/01/2018).
Dalla declaratoria di improcedibilità discende la condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME