Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33628 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33628 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
INDENNITA’ PER OCCUPAZIONE ESCLUSIVA DI BENE IN COMPROPRIETA’
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19721/2021 R.G. proposto da
COGNOMENOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC de l proprio difensore
-ricorrente –
contro
COGNOMENOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 439/2021 della CORTE DI APPELLO DI LECCE, depositata il giorno 14 aprile 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
P aolo COGNOME sulla premessa di essere comproprietario per la quota di 1/12 di un immobile destinato ad uso commerciale sito in Galatina, domandò giudizialmente la condanna di NOME COGNOME
altro comproprietario in egual quota, al pagamento di un’indennità per la occupazione in modo esclusiva del cespite.
N el resistere, NOME COGNOME spiegò domanda riconvenzionale per la condanna dell’attore al pagamento, nella misura di 1/12, di importi (per spese funerarie, di successione ed altro) relativi al comune dante causa NOME COGNOME ed anticipati dal convenuto .
L ‘adito Giudice di pace di Galatina declinò la propria competenza ratione materiae in favore del Tribunale di Lecce.
R iassunta la lite, all’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Lecce rigettò la domanda attorea ed accolse la riconvenzionale.
I n parziale accoglimento dell’appello pro posto da NOME COGNOME, la decisione in epigrafe indicata ha condannato NOME COGNOME al pagamento di euro 2.000, a titolo di indennità per l’utilizzazione in via esclusiva del bene comune, confermando per il resto la sentenza di prime cure.
R icorre per cassazione NOME COGNOME in forza di due motivi. Re siste, con controricorso, NOME COGNOME .
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A suffragio dell’impugnazione di legittimità, il ricorrente lamenta:
(i) « omesso o erroneo esame di fatti decisivi ex art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. per violazione degli artt. 99 e 115, primo comma, cod. proc. civ. », per avere il giudice di appello « basato la sua decisione su prove immaginarie » e, in specie, per aver male inteso il significato delle dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente in sede di interrogatorio, dalle quali non si evinceva alcuna volontà di escludere il germano Paolo dall’uso del bene;
(ii) « violazione e/o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1102, 1223 e 2056 cod. civ. », imputando alla gravata sentenza un « duplice vizio
r.g. n. 19721/2021 Cons. est. NOME COGNOME
in iudicando , consistente, per un verso, nell’aver ritenuto la ricorrenza di un uso del bene comune da parte di NOME COGNOME, in violazione dell’art. 1102 cod. civ. e, per altro verso, nell’aver inferito che da ciò solo sarebbe derivato un danno a carico di NOME COGNOME, inteso come danno-conseguenza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 cod. civ. ».
2. Il ricorso è improcedibile.
Parte ricorrente impugna la sentenza n. 439/2021 della Corte d’appello di Lecce pubblicata il 14 aprile 2021 e, per dichiarazione del ricorrente, notificata a mezzo PEC il giorno 10 maggio 2021.
2.1. Per consolidato orientamento di nomofilachia, la dichiarazione – contenuta nel ricorso per cassazione – di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un fatto processuale – la notificazione della sentenza, appunto – idoneo a far decorrere il termine breve di impugnazione ex art. 325 cod. proc. civ. e, quale manifestazione di autoresponsabilità della parte, impegna quest ‘ ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l ‘ onere di depositare, nel termine stabilito dall ‘ art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica – ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC – senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. ( ex plurimis, cfr. Cass., Sez. U, 06/07/2022, n. 21349; Cass. 07/06/2021, n. 15832).
Più specificamente, in caso di impugnazione di legittimità di una sentenza notificata a mezzo di posta elettronica certificata, ai fini della procedibilità del ricorso, il ricorrente è tenuto a depositare, unitamente allo stesso, la relata di notifica, mediante inserimento nella busta telematica, con la quale l ‘ atto è depositato, del messaggio di posta
elettronica certificata in formato .eml o .msg (così Cass. 27/05/2024, n. 14790; Cass. 22/07/2019, n. 19695).
Il deposito della mera copia autentica della sentenza impugnata priva della relazione di notificazione importa dunque – salvo che detta documentazione non risulti prodotta dal controricorrente nel termine di cui all ‘ art. 370, terzo comma, cod. proc. civ. oppure acquisita dal giudice mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio il difetto di procedibilità del ricorso, vizio rilevabile di ufficio e non sanato dalla mancata contestazione della controricorrente, l’ improcedibilità trovando la su a ragion d’essere nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la stessa sequenza di avvio del processo per cassazione (cfr., oltre alle pronunce citate supra, Cass. 12/02/2020, n. 3466; Cass. 20/06/2024, n. 17014).
La sanzione dell’improcedibilità contemplata dall’art. 369, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ., non contrasta poi con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia (Cass. 15/07/2024, n. 19475).
2.2. Il descritto onere non risulta nella specie assolto.
Nel termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ., infatti, parte ricorrente ha depositato copia della gravata sentenza, notificata a mezzo PEC, mancante però delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, né queste ultime sono state prodotte dalla controricorrente o comunque acquisite agli atti del fascicolo di ufficio.
2.3. Ad impedire la declaratoria di improcedibilità non può invocarsi neppure il principio di diritto, più volte enunciato da questa Corte ( ex plurimis, Cass. 30/04/2019, n. 11386, sulla scia di Cass. 10/07/2013,
17066), in forza del quale pur in difetto della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, prescritta dall’art. 369, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza.
Invero, a fronte di una sentenza pubblicata il 14 aprile 2021, la notifica del ricorso in vaglio è avvenuta il giorno 9 luglio 2021, trascorso quindi il menzionato arco temporale.
Soltanto per completezza argomentativa – cioè a dire in astratto ipotizzandone la procedibilità – il ricorso in scrutinio non avrebbe comunque meritato accoglimento.
Rileva infatti la Corte che:
(i) il primo motivo è manifestamente inammissibile, sia perché in ricorso non è riprodotto, in maniera adeguata e sufficiente, il contenuto del verbale di interrogatorio di NOME COGNOME (né di questo atto si indica la collocazione nel fascicolo processuale del grado di merito e del giudizio per cassazione : in palese inosservanza del disposto dell’art . 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ.), sia perché, in ultima analisi, richiede a questa Corte un nuovo e diverso apprezzamento sulle risultanze istruttorie, attività riservata al giudice di merito ed estranea, per natura e per funzione, al giudizio di legittimità;
(ii) il secondo motivo è in parte inammissibile (laddove ancora una volta contesta l’accertamento in fatto dell’uso esclusivo del bene, così sollecitando una diversa valutazione delle prove da parte di questa Corte) ed in parte infondato, dacché la irrogata condanna al pagamento della indennità è stata dal giudice territoriale g iustificata dall’acclarata esclusione del comproprietario attore dall’utilizzazione del cespite, presupposto richiesto dal consolidato indirizzo di nomofilachia sul tema
( ex aliis, Cass. 03/07/2019, n. 17876; Cass. 04/07/2018, n. 17460; Cass. 28/09/2016, n. 19215; Cass. 30/03/2012, n. 5156).
Il ricorso è dichiarato improcedibile.
Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza.
A ttesa l’i mprocedibilità del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente, NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione