Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14382 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24170/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME controricorrente –
contro
, che la rappresentano e difendono
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 113/2022 del la Corte d’Appello di Trento, depositata il 15.7.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE si rivolse al Tribunale di Trento, con ricorso ai sensi dell’art. 702 -bis c.p.c., per chiedere la condanna del l’ Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento al pagamento della somma capitale di € 149.397,01, a titolo di rimborso dell’indebita applicazione dello sconto del 20% sui tariffari relativi a prestazioni specialistiche rese nel triennio 2010/2012 in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Provinciale.
L’ APSS chiamò in causa la Provincia Autonoma di Trento, indicata quale unica legittimata passiva, la quale si associò alla convenuta nel chiedere il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Trento respinse la domanda, ritenendo che la riduzione del 20% sui tariffari, benché non più imposta dalla legge n. 296 del 2006 -i cui effetti in parte qua erano limitati al triennio 2007/2009 -era stata tuttavia oggetto di specifico accordo tra le parti anche per il periodo successivo.
RAGIONE_SOCIALE propose gravame contro la sentenza di primo grado, che venne però respinto dalla Corte d’Appello di Trento.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
L’APSS e la Provincia Autonoma di Trento si sono difese con distinti controricorsi.
A seguito di proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, RAGIONE_SOCIALE munita di nuova procura speciale, ha depositato istanza per la decisione del ricorso, accompagnata da apposita memoria.
La ricorrente ed entrambe le controricorrenti hanno altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione di legge: artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1370 e 1341 c.c. », in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Si contesta l’interpretazione data a i contratti annuali di accreditamento stipulati tra le parti.
Con il secondo motivo si denunciano , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., «nullità della sentenza per motivazione apparente o perplessa, violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.».
La ricorrente prospetta che la suddetta interpretazione dei contratti sarebbe priva di un’effettiva motivazione .
Il terzo motivo è rubricato «nullità della sentenza -violazione e falsa applicazione di legge per mancata corrispondenza tra chiesto pronunciato -artt. 112 e 277 c.p.c. con riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c.».
RAGIONE_SOCIALE si duole che alcune delle argomentazioni da lei svolte contro la sentenza di primo grado siano rimaste prive di riscontro da parte della Corte territoriale.
Infine, il quarto motivo denuncia «violazione e falsa applicazione di legge: art. 8 -quinquies d.lgs. n. 502 del 1992 -art. 360, n. 3, c.p.c.».
La ricorrente sostiene che non sarebbe stato nel potere delle parti concordare una tariffa diversa da quella prevista normativamente per un rapporto di carattere sostanzialmente concessorio.
Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., non essendo stat o adempiuto l’onere di produrre, «insieme col ricorso», «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta …».
5.1. Come osservato nella proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.:
« La sentenza impugnata della Corte di appello di Trento è stata pubblicata il 15.7.2022.
La ricorrente e le controricorrenti dichiarano che il provvedimento impugnato è stato notificato in data 20.7.2022 ma non è stata depositata la relativa relazione di notificazione, come prescritto dalla legge, né dalla ricorrente, né dalle controricorrenti.
Pertanto, il ricorso appare improcedibile per il mancato deposito, contestualmente al ricorso, nella cancelleria della Corte, di copia autentica della decisione impugnata notificata con la relazione di notificazione ex art.369, comma 2, n. 2, c.p.c., neppure prodotta dal controricorrente nel termine di cui all ‘ art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita -nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione
o alla notificazione del provvedimento impugnato -mediante l ‘ istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Sez. U., n. 21349 del 6.7.2022 nonché Cass., Sez. U. n. 10648 del 2.5.2017).
La citata giurisprudenza esclude inoltre qualsiasi rilievo alla mera dichiarazione conforme della controparte, stante il carattere pubblicistico del controllo preliminare che compete alla Corte.
Il ricorso non supera neppure la c.d. ‘ prova di resistenza ‘ perché la notificazione del 18.10.2022 non è avvenuta nei sessanta giorni dalla data della pubblicazione della sentenza, prima della quale la notificazione della sentenza non avrebbe potuto essere eseguita (Sez. 6-U., n. 15832 del 7.6.2021; Sez. 6-3, n. 11386 del 30.4.2019; Sez. 6-3, n. 17066 del 10.7.2013; nonché punto 4.2. della citata Sez. U. n. 21349/2022) ».
5.2. Nella memoria illustrativa che ha fatto seguito all’istanza per la decisione del ricorso , RAGIONE_SOCIALE (che nel frattempo ha incorporato RAGIONE_SOCIALE) non contesta l ‘esa ttezza del rilievo formulato nella proposta di definizione del giudizio, né la pertinenza dei richiamati precedenti giurisprudenziali (cui adde Cass. nn. 28781/2024; 17014/2024), ma sostiene che l’improcedibilità, «per quanto conforme alla giurisprudenza di codesta Suprema Corte, … si appalesa comunque come contraria al principio … di evitare eccessivi formalismi che limitino il diritto di difesa, sancito dalla CEDU e condiviso da codesta Corte».
La ricorrente prospetta, quindi, la necessità di rimettere la questione alle Sezioni Unite o di sollevare questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24 e 111
Cost. , sostenendo che l’improcedibilità sarebbe «una sanzione sproporzionata all’interesse alla norma sotteso (sempre e soltanto la celerità dei giudizi)».
5.3. Le censure non colgono nel segno.
5.3.1. Innanzitutto si deve ribadire che la tardiva produzione della sentenza completa della relata di notificazione non sana la mancata produzione «insieme col ricorso», perché ammettere tale produzione sanante significherebbe vanificare la perentorietà del termine intrinseca nell’esplicita sanzione di improcedibilità dettata dall’art. 369 c.p.c. (Cass. S.u. n n. 21349/2022; 10648/2017).
5.3.2. Né può giovare alla ricorrente il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.), posto che tale principio opera soltanto se i fatti non contestati hanno rilevanza nell’esclusivo interesse delle parti, mentre la prescrizione del tempestivo deposito della sentenza «con la relazione di notificazione» è funzionale a «selezionare tempestivamente i ricorsi ai fini della scelta del rito processuale di legittimità più consono» (Cass. S.u. nn. 21349/2022, cit.).
5.3.3. Va poi precisato che nell’ottica della giurisprudenza della CEDU la sanzione d’improcedibilità prevista dall’art. 369 c.p.c. non pone problemi di per sé, sia perché incide non sulla possibilità di ricorso altrimenti concessa dalla legge, ma sulla prosecuzione del procedimento per l’inattività della parte in un tempo ragionevole; sia perché attua un’altrettanto equilibrata sintesi tra esigenze di certezza e di buona amministrazione nel contesto di un rimedio, quale il ricorso per cassazione, il cui rilievo nell’ordinamento è tale da giustificare regole d’accesso
più rigorose. Lo scopo di detta norma, insomma, è senz’altro legittimo.
5.3.4. Infine, non si comprende e non si può condividere l’affermazione della ricorrente secondo cui l’introduzione del processo telematico dovrebbe portare al superamento del citato fermo orientamento della giurisprudenza di legittimità in questa materia.
Il fatto che il mezzo telematico consenta (di fatto) «il deposito documentale in qualsiasi momento antecedente la fissazione dell’udienza» non significa che esso legittimi il mancato rispetto dei termini processuali ai quali le parti sono vincolate dalla legge.
Le spese di lite del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Poiché l’esito del giudizio è conforme alla proposta di definizione di cui all’art. 380 -bis c.p.c., la ricorrente viene condannata altresì a pagare, a ciascuna controricorrente, una ulteriore somma pari a quella liquidata a titolo di compensi di avvocato.
Inoltre, per il combinato disposto degli artt. 380 -bis , comma 3, e 96, comma 4, c.p.c., la ricorrente viene condannata al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate -per ciascuna controricorrente -in € 6. 200 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, dell’ulteriore somma equitativamente determinata in € 6. 200;
condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I