Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4251 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4251 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. IRENE TRICOMI
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22537/2023 R.G. proposto da:
NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– ricorrente –
contro
Oggetto:
Indennità c.d. di divisa
–
Timbratura
–
Improcedibilità del ricorso
RAGIONE_SOCIALE COSENZA, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 460/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 12/05/2023 R.G.N. 812/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso depositato il 19 aprile 2021 davanti al Tribunale di Castrovillari, NOME COGNOME, infermiera di categoria D, agiva nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale (da ora in poi ASP) di Cosenza, deducendo di essere stata costretta ad un surplus lavorativo di almeno 15/20 minuti al giorno rispetto al suo orario ordinario di lavoro di 36 ore settimanali, che corrispondeva al tempo necessario per la vestizione/svestizione della divisa che doveva indossare prima di prendere servizio per poi dismetterla alla fine del turno.
Essa ha lamentato che tale surplus non le era mai stato retribuito e ne ha chiesto il pagamento per il periodo dal marzo 2016 all’aprile 2021, con condanna di controparte a corrispondere euro 4.764,82.
Il Tribunale di Castrovillari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 251/2022, ha accolto e condannato parte resistente al pagamento in favore della ricorrente della ricorrente della somma di euro 4.764,82.
L’ASP Cosenza ha proposto appello che la Corte d’appello di Catanzaro, nel contraddittorio delle parti, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L’ASP Cosenza si è difesa con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso è improcedibile.
Ai sensi, infatti, dell’art. 369 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve essere depositato presso la Cancelleria, a pena di improcedibilità, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione effettuata alle parti contro le quali è proposto.
Unitamente all’atto di impugnazione, ed entro il termine previsto per il deposito del ricorso, il ricorrente deve produrre, sempre a pena di improcedibilità, una serie di documenti, tra i quali la copia autentica della decisione impugnata, e, ove sia stata notificata a mezzo pec , anche l’attestazione di conformità ai sensi dei commi 1 bis e 1 ter dell’art. 9, L. 21.1.1994, n. 53, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio.
Il ricorso non è improcedibile ex art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., per omesso deposito da parte del ricorrente della sentenza impugnata, solo ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice, in quanto prodotta dalla parte resistente, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione, in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale ( ex multis Cass., n. 4370/2019).
Nel caso di specie, visti gli atti depositati telematicamente, va rilevato che la ricorrente non ha ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 c.p.c., non risultando inserita negli atti la copia autentica della sentenza n. 460/2023 del 12/5/2023 della Corte d’appello di Catanzaro (all’allegato n. 2 del fascicolo telematico denominato ‘sentenza della Corte d’appello’ vi è solo altra copia del ricorso per cassazione).
La suddetta sentenza non è rinvenibile tra gli atti depositati dalla controricorrente.
La ricorrente ha, con ogni evidenza, omesso di accertare -non appena visibile il fascicolo informatico relativo al proprio ricorso -che il deposito telematico risultasse conforme a quello effettuato, non utilizzando, dunque, la diligenza e la prudenza imposte dai principi generali dell’ordinamento.
Né risulta in alcun modo dedotto che la predetta omissione sarebbe attribuibile a un qualche ‘disguido informatico’, tempestivamente allegato e provato.
Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara il ricorso improcedibile; condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.500,00 per compenso professionale ed euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile