Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16979 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16979 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
R.G. 23782/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 3/6/2025
C.C. 14/4/2022
RICORSO IMPROCEDIBILE.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23782/2021 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege -ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege -controricorrente-
nonché contro
COGNOME, COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA n. 558/2021 depositata il 22/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e, sulla premessa di aver stipulato con loro un contratto preliminare di compravendita di alcuni terreni, chiese che fosse riconosciuta la colpa esclusiva dei convenuti in relazione alla mancata stipula del contratto definitivo, con pronuncia di una sentenza ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., riduzione del prezzo di vendita e risarcimento dei danni.
Si costituirono in giudizio tutti i convenuti i quali, oltre a chiedere il rigetto della domanda dell’attrice, avanzarono domanda riconvenzionale volta a sentir accertare la colpa esclusiva dell’attrice rispetto alla mancata stipula del contratto definitivo, con conseguente riconoscimento della legittimità del recesso dal contratto preliminare da loro operato e del diritto a trattenere la caparra.
La causa fu interrotta per la morte di NOME e NOME COGNOME e riassunta da NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME. Si costituirono altresì, in riassunzione, NOME COGNOME e NOME COGNOME quest’ultimo comunicando in giudizio di aver rinunciato all’eredità della defunta moglie NOME COGNOME.
Espletata prova per testi e fatta svolgere una c.t.u., il Tribunale rigettò la domanda principale, accolse quella riconvenzionale, dichiarò legittimo il recesso dal contratto preliminare esercitato dai convenuti e riconobbe il diritto degli stessi alla ritenzione della caparra, condannando l’attrice al pagamento delle spese di giudizio.
La sentenza è stata impugnata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 22 gennaio 2021, ha rigettato il gravame, ha confermato l’impugnata sentenza e ha
condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso NOME COGNOME con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste NOME COGNOME con controricorso affiancato da memoria. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione del principio del contraddittorio e nullità del giudizio di appello, per mancata partecipazione al medesimo da parte degli eredi di NOME COGNOME.
La ricorrente osserva che il giudizio di appello sarebbe stato celebrato senza la partecipazione di una parte processuale del giudizio di primo grado, con violazione del principio del litisconsorzio processuale. Dopo aver ricapitolato i nomi degli originari convenuti, la ricorrente ricorda che NOME e NOME COGNOME vennero a mancare nel corso del giudizio di primo grado e che la sentenza del Tribunale fu pronunciata nei confronti di NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Non si costituirono in primo grado, invece, gli eredi di NOME COGNOME che non sono stati citati nel giudizio di appello, tanto che la sentenza di secondo grado dà atto della loro contumacia. Da tanto consegue che il giudizio di appello dovrebbe ritenersi nullo per violazione dell’art. 102 cod. proc. civ., con conseguente necessità di rinnovo dello stesso.
Il Collegio osserva, innanzitutto, che -come correttamente è stato eccepito dal controricorrente -dalla consultazione del fascicolo telematico a disposizione di questa Corte sull’applicativo desk risulta che, depositata la sentenza d’appello in data 22
gennaio 2021, il ricorso qui in esame fu notificato il successivo 22 luglio 2021, cioè tempestivamente.
Dopo tale notifica, l’avv. NOME COGNOME difensore della ricorrente, depositò in data 20 settembre 2021 un’istanza di rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., adducendo che l’iscrizione a ruolo del ricorso, benché correttamente avvenuta in data 13 settembre 2021, era stata rifiutata dal sistema informatico. Aggiunse il difensore, nell’istanza, che erano «ormai decorsi incolpevolmente i termini per la costituzione in giudizio», tant’è che l’effettivo deposito del ricorso avvenne soltanto il successivo 20 settembre 2021. Dalla documentazione disponibile risulta, inoltre, che già alle ore 19.25 del 13 settembre 2021 il sistema comunicò all’avv. Pica che il documento XML non era valido e che il ricorso risultava non trovato; mentre l’indomani, alle ore 8.33 del 14 settembre 2021, il sistema comunicò che il deposito del ricorso era stato rifiutato a causa di un «errore fatale durante la validazione XML».
È pacifico, dunque, che l’avv. COGNOME fu tempestivamente informata dell’esito negativo del deposito e che si attivò soltanto una settimana dopo, cioè il 20 settembre 2021, sollecitando la rimessione in termini.
Consegue dalla scansione temporale ora ricordata che il deposito del ricorso è da ritenere tardivo, siccome avvenuto oltre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione (art. 369 cod. proc. civ.), senza che il difensore abbia dimostrato di essersi tempestivamente attivato per il rinnovo del deposito nell’immediatezza della ricezione del messaggio negativo suindicato (v. in argomento le ordinanze 7 luglio 2023, n. 19307, e 12 gennaio 2024, n. 1348).
Da tanto consegue che il ricorso è improcedibile.
La Corte ritiene tuttavia, ad abundantiam , di dover aggiungere che l’unico motivo di ricorso prospettato, ove anche fosse esaminabile, sarebbe comunque privo di fondamento.
Deve essere ulteriormente confermato nella sede odierna, infatti, l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte in base al quale è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell’integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare, al riguardo, l’esercizio dei poteri officiosi del giudice, data l’irrilevanza, per chi propone impugnazione, della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l’assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi (ordinanza 13 luglio 2023, n. 20091; v. in argomento anche le ordinanze 26 settembre 2019, n. 24071, 14 marzo 2024, n. 6815, e 28 giugno 2024, n. 17893).
La medesima situazione si verifica nel giudizio odierno, nel quale la parte ricorrente lamenta una violazione dell’integrità del contraddittorio relativa al giudizio di appello -violazione che è attribuibile alla medesima parte che oggi pone la questione, che era appellante in quella sede -senza considerare che nessun vantaggio potrebbe derivarle dall’accoglimento del ricorso, se non quello di guadagnare un nuovo grado di merito nella speranza che un nuovo giudizio si concluda con esito diverso da quello già celebrato (così la citata ordinanza n. 24071 del 2019). I litisconsorti pretermessi, infatti, sono, nella specie, da considerare virtualmente vittoriosi nel giudizio al quale non sono stati messi in condizione di partecipare; e, d’altra parte, la reiterazione del giudizio in assenza di qualsivoglia lesione della posizione giuridica dei litisconsorti pretermessi e di qualsivoglia pregiudizio patito dal diritto di difesa dell’odierna ricorrente risulterebbe contraria alle esigenze di economia processuale strumentali all’attuazione del principio della ragionevole durata del processo.
Il ricorso, pertanto, è dichiarato improcedibile.
A tale esito segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 13 agosto 2022, n. 147, sopravvenuto a determinare i compensi professionali.
Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 5.400, di cui euro 200 per esborsi, più spese generali e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza