Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12392 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12392 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 742/2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa giusta procura in atti dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME i quali dichiarano di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il suo studio.
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME
Parente, giusta procura speciale in calce al controricorso, la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e notifiche relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 251/2023, depositata il 5/9/2023
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/3 /2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE chiedeva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (Azienda Sanitaria Regione Molise) la somma di euro 150.580,17, data dalla differenza tra euro 1.400.318,17, quale corrispettivo stabilito dalle parti fino alla D.G. n. 268 del 29/4/2015, e la somma di euro 1.250.038,00 quale corrispettivo determinato a seguito della predetta delibera.
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE deduceva che il contratto, avente ad oggetto il servizio di pulizia dei locali del P.O. Veneziale di Isernia e INDIRIZZO di Venafro, aveva come termine quello del 31/12/2014, con un corrispettivo di euro 1.400.318,17.
Con la successiva D.G. n. 77 del 20/1/2015, il contratto era stato prorogato fino al 31/12/2015.
Vi era stata poi la proposta n. 24 del 18/3/2015 da parte del direttore in relazione alla proroga del contratto sino alla gara Consip da espletarsi.
Con D.G. n. 207 del 27 del 2015, la proroga del contratto era estesa fino alla gara da espletarsi da parte della centrale di committenza, per l’importo di euro 1.388.932,00, ma «ferma
restando l’applicazione dell’art. 15, comma 13, del decreto-legge n. 95/2012, convertito in legge 7/8/2012, n. 135».
Con D.G. n. 268 del 29/4/2015 per i contratti prorogati, tra i quali quello di cui alla D.G. n. 207 del 27/3/2015, si applicava una riduzione del 10%, in applicazione di quanto previsto dalla normativa della spending review.
Pertanto, per l’anno 2015 l’importo passava da euro 1.300.932,00 ad euro 1.250.038,00.
Nella D.G. n. 533 del 7/5/2012, richiamata nella D.G. n. 268 del 29/4/2015, si faceva riferimento al rispetto del piano di rientro dal deficit ed al programma operativo del 2012.
Tuttavia, al momento di adozione della D.G. n. 533 del 7/5/2012, non era ancora in vigore il decreto-legge 52/2012 del 7/5/2012, pubblicato solo l’8/5/2012.
Inoltre, l’art. 7bis , introdotto solo in sede di conversione con la legge n. 94 del 6/7/2012, era stato poi abrogato dall’art. 15, comma 13, del decreto-legge 95 del 2012, convertito in legge 135 del 2012.
Il tribunale di Campobasso accoglieva la domanda della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza n. 251/2023, pubblicata il 5/9/2023, accoglieva invece l’appello della ASREM.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la ASREM.
Il Consigliere coordinatore ha formulato proposta di decisione accelerata ex art. 380bis c.p.c..
Il difensore della società, munito di procura speciale, ha chiesto la decisione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria scritta.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa la doverosa, persistente, sostenibilità e della remuneratività delle corrispettivo del contratto di appalto a seguito dell’applicazione della c.d. spending review , con particolare riferimento alla violazione e/o falsa applicazione degli articoli 6 della CEDU e 1 del protocollo addizionale, degli articoli 3,27 e 97 della costituzione nonché degli articoli 82, comma 3-bis), 86, comma 3-bis) e 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione – violazione e/o falsa applicazione degli articoli 82, comma 3-bis), 86, comma 3bis) e 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – violazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma».
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2, 3 e 27 della Costituzione e degli articoli 1175 e 1375 c.c. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15, comma 13, lettera a) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 e dell’art. 8, comma 8, lettera a) , del decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014 n. 89 violazione e/o falsa applicazione degli articoli 82, comma 3bis ), 86, comma 3bis ) e 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».
Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 e 115 c.p.c.».
Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 10 c.p.c – violazione e/o falsa applicazione degli articoli 5, commi 1 e 2, e 6 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 – violazione e/o falsa applicazione del D.M. 147/2022 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2233 c.c.».
Il ricorso è improcedibile.
6.1. La ricorrente e la controricorrente hanno dichiarato che il provvedimento impugnato è stato notificato in data 2/11/2023, ma non è stata depositata la relativa relazione di notificazione, come prescritto dalla legge, né dalla ricorrente che vi era tenuta, né dalla controricorrente.
Entrambe le parti hanno prodotto copie della sentenza, ma non è stata rinvenuta la relata di notificazione.
Pertanto, il ricorso è improcedibile per il mancato deposito, contestualmente al ricorso, nella cancelleria della Corte, di copia autentica della decisione impugnata notificata con la relazione di notificazione ex art. 369, comma 2, n.2, c.p.c., neppure prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass., Sez. U, n. 21349 del 6/7/2022 nonché Cass., Sez. U. n.10648 del 2/5/2017).
In tal senso, del resto, deve tenersi conto anche della pronuncia di questa Corte, a Sezioni Unite, per la quale qualora il ricorrente alleghi che la sentenza è stata comunicata in una certa data, l’obbligo del deposito, da parte dello stesso ricorrente, unitamente alla copia autentica della sentenza impugnata, del biglietto di cancelleria da cui desumere la tempestività della proposizione dell’istanza di regolamento di competenza ex art. 47 c.p.c., può essere soddisfatto o mediante il deposito del predetto documento contestualmente a
quello del ricorso per cassazione, oppure attraverso le modalità previste dal secondo comma dell’art. 372 c.p.c., purché nel termine fissato dal primo comma dello stesso art. 369 c.p.c.; deve invece escludersi ogni rilievo dell’eventuale non contestazione in ordine alla tempestività del ricorso da parte del controricorrente ovvero del reperimento dei predetti documenti nel fascicolo d’ufficio o della controparte da cui risulti tale tempestività (Cas., Sez. U., n. 25513 del 2016; che richiama Cass., Sez. U., n. 9004 del 2009; Cass., Sez. U., n. 9005 del 2009).
La citata giurisprudenza esclude inoltre qualsiasi rilievo alla mera dichiarazione conforme della controparte, stante il carattere pubblicistico del controllo preliminare che compete alla Corte.
Il ricorso non supera neppure la c.d. «prova di resistenza» perché la notificazione del 2/1/2024 non è avvenuta nei sessanta giorni dalla data della pubblicazione della sentenza in data 5.9.2023, così che il termine ‘breve’ per reputare tempestiva l’impugnazione e quindi per riscontrarne la procedibilità era scaduto il 4.11.2023 (Sez. 6 -, n. 15832 del 7.6.2021; Sez. 6 – 3, n. 11386 del 30.4.2019; Sez. 6 – 3, n. 17066 del 10.7.2013; nonché punto 4.2. della citata SSUUU 21349/2022).
L’improcedibilità del ricorso determina anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo.
Si è ritenuto, inoltre, che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), nel richiamare, per i casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. codifica, attraverso una valutazione legale tipica, un’ipotesi di abuso del processo, poiché il non attenersi ad
una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. U., 27/9/2023, n. 27433; Cass., Sez. U., 13/10/2023, n. 28540; Cass., n. 11346/2024); tuttavia, la disposizione citata non prevede l’applicazione automatica delle sanzioni ivi previste, che resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto, in base a un’interpretazione costituzionalmente compatibile del nuovo istituto (Cass., Sez. U., 27/12/2023, n. 36069).
Nella specie non si rinvengono ragioni (stante la correttezza del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare il rigetto del ricorso) per discostarsi dalla suddetta previsione legale.
Tra l’altro, in ordine a quanto riportato nella memoria dalla società ricorrente, la CEDU, con la sentenza del 23/5/2024, NOME e altri c. Italia si è espressa proprio sul tema della improcedibilità pronunciata dalla Corte di cassazione civile per motivi di diritto, in relazione all’articolo 369 c.p.c., per la mancanza di alcuni requisiti del deposito del ricorso.
Per la CEDU non v’è stata violazione dell’art. 6 paragrafi 1 della Convenzione, poiché il mancato deposito della relazione di notificazione dell’impugnata sentenza entro il termine di legge costituisce legittimo motivo di inammissibilità.
Ed infatti, l’accettazione del deposito tardivo avrebbe vanificato il rapido svolgimento del procedimento.
Deve osservarsi, dunque, che n ell’ottica di tale giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la sanzione d’improcedibilità prevista dall’art. 369 c.p.c. non pone problemi di per sé, sia perché incide non sulla possibilità di ricorso altrimenti concessa dalla legge, ma sulla prosecuzione del procedimento per l’inattività della parte in un
tempo ragionevole; sia perché attua un’altrettanto equilibrata sintesi tra esigenze di certezza e di buona amministrazione nel contesto di un rimedio, quale il ricorso per cassazione, il cui rilievo nell’ordinamento è tale da giustificare regole d’accesso più rigorose.
Lo scopo di detta norma, insomma, è senz’altro legittimo.
11. La ricorrente soccombente va, perciò, condannata a detto titolo al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 7.200,00, valutata equitativamente, nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.500,00.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite che liquida in euro 7.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente della ulteriore somma di euro 7.200,00, nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 2.500,00.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile il 26 marzo 2025
Il Presidente NOME COGNOME