Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17085 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21351/2022 R.G. proposto da:
COMUNE SAN NOME COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME domiciliato ex lege presso il difensore.
–
ricorrente – contro
NOME
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intimata – avverso la SENTENZA del GIUDICE COGNOME di CASERTA n. 1111/2022 depositata il 25/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Benformato NOME quale intestataria di utenza per consumo idrico, adiva il Giudice di Pace di Caserta, citando in giudizio il Comune di San Nicola La Strada, odierno ricorrente, per proporre opposizione avverso la fattura n. 679 Ruolo Idrico anni 2016/17 relativa al consumo di acqua per l’importo complessivo di euro 146,00 e notificata a cura del Comune di San Nicola La Strada gestore del servizio di riscossione delle entrate comunali.
Sosteneva che il diritto di chiedere i crediti per il canone idrico di cui alla fattura impugnata si era ampiamente prescritto ai sensi e per gli effetti della legge n. 205/2017 e modificata dalla legge n. 160/2019, recepite da ARERA con delibere n. 547/2019, 184/2020, 186/2020. In virtù delle norme di legge citate, riteneva che a decorrere dal 1° gennaio 2020 le fatture relative ai consumi idrici fossero soggette alla prescrizione biennale e pertanto anche il credito impugnato con la fattura.
Chiedeva pertanto dichiararsi la prescrizione del canone relativo alla fattura impugnata, col favore delle spese e competenze di giudizio.
La causa veniva decisa con sentenza n. 1111/2022 emessa dal Giudice di Pace di Caserta, che accoglieva la domanda e dichiarava non dovuta la somma in fattura, stante l’intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza il Comune di San Nicola La Strada propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360, comma 1 n. 3)’.
Lamenta che il giudice a quo non ha correttamente applicato il disposto dell’art. 10 della legge n. 205 del 27 dicembre 2017, per avere fatto applicazione del termine di prescrizione biennale ivi introdotto relativamente ad una fattura riguardante consumi idrici, il corrispettivo dei quali era divenuto esigibile prima del 1° gennaio 2020.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al D.lgs. n. 40 del 2006, e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge in modo incontestabile che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell’art. 339 cod. proc. civ., è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, fatta eccezione per la revocazione per motivi ordinari (v. Cass., sez. un., 28 maggio 2020, 10063; 18 novembre 2008, n. 27339; sez. III, 4 giugno 2007, n. 13019).
‘Tale conclusione – non desumibile esplicitamente da detta norma, posto che l’avverbio «esclusivamente» che in essa figura potrebbe apparire riferibile non al mezzo esperibile, bensì ai motivi deducibili con il mezzo stesso, onde l’interprete potrebbe avere il dubbio (peraltro per il solo vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.) che contro la sentenza sia esperibile, prevedendolo altra norma, altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e segnatamente il ricorso per cassazione – si giustifica, oltre che per un’elementare ragione di coerenza, che esclude un concorso di mezzi di impugnazione non solo per gli
stessi motivi, ma anche per motivi che rispetto a quelli ammessi in riferimento ad un mezzo rappresenterebbero un loro allargamento, si giustifica in forza della lettura dell’art. 360 nuovo testo, là dove nel primo comma prevede l’esperibilità del ricorso per cassazione soltanto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado. Poiché la sentenza equitativa del giudice di pace non è né una sentenza pronunciata in grado di appello né una sentenza pronunciata in unico grado (atteso che è, sia pure per motivi limitati, appellabile e, dunque, è sentenza di primo grado), appare evidente che essa non è sottoponibile a ricorso per cassazione per i vizi diversi da quelli indicati dal terzo comma dell’art. 339 e particolarmente per quello di cui al n. 5 dell’art. 360. Né, d’altro canto è ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 sulla base dell’ultimo comma del nuovo testo dello stesso art. 360, che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze ed i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali – a norma del settimo comma dell’art. 111 Cost. – è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al primo comma e, quindi, nelle intenzioni del legislatore, anche per quello di cui al n. 5 citato. Invero, la sentenza del giudice di pace pronunciata nell’ambito della giurisdizione equitativa, essendo appellabile, sia pure per motivi limitati, sfugge all’ambito di applicazione del suddetto settimo comma, che pertiene alle sentenze ed ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione (com’è quella resa dal giudice d’appello sulle sentenze del giudice di pace ai sensi del terzo comma dell’art. 339, la quale, naturalmente, lo sarà con adattamento dei motivi di
ricorso all’ambito di quelli devolvibili al giudice d’appello stesso)’ (così Cass., n. 13019/2007; e, da ultimo, Cass., 11 aprile 2024, n. 9870).
1.3. Orbene, considerato che la sentenza impugnata è stata resa su una domanda tesa alla dichiarazione dell’intervenuta prescrizione del credito di euro 146,00, oggetto della fattura inviata, e che, in violazione del principio di specificità e del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod. proc. civ., il ricorrente non ha dedotto e comprovato l’essere intervenuta la sentenza nell’ambito di un rapporto giuridico relativo a contratti conclusi mediante moduli o formulari di cui all’art. 1342 cod. civ., deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto, poiché, come già detto, l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339, comma terzo, cod. proc. civ., costituisce l’unico rimedio impugnatorio ammesso ( oltre alla revocazione per motivi ordinari ) avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria.
Non è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza