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Ricorso ex art. 348-bis: quando è inammissibile

Una società ha impugnato in Cassazione un’ordinanza di inammissibilità emessa dalla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il **ricorso ex art. 348-bis** può essere proposto solo per vizi procedurali propri dell’ordinanza stessa e non per contestare il merito della decisione di primo grado. Inoltre, l’impugnazione avrebbe dovuto essere rivolta contro la sentenza di primo grado, non contro l’ordinanza d’appello.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso ex art. 348-bis Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

Nel complesso mondo della procedura civile, conoscere i corretti strumenti di impugnazione è fondamentale per tutelare i propri diritti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso ex art. 348-bis c.p.c., chiarendo quando e come è possibile contestare un’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello. Questa pronuncia offre spunti essenziali per avvocati e parti processuali, sottolineando l’importanza di indirizzare correttamente la propria impugnazione per non vederla naufragare per motivi puramente procedurali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia tra una società e un istituto di credito. La società aveva citato in giudizio la banca, lamentando la violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione di un contratto di mutuo e l’applicazione di oneri illegittimi su un conto corrente. Chiedeva quindi la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni. Nel corso del giudizio, i crediti della banca venivano ceduti a una società di gestione patrimoniale, che interveniva nel processo.

Il Tribunale di primo grado rigettava tutte le domande della società, condannandola al pagamento delle spese legali. La società proponeva appello, ma la Corte territoriale lo dichiarava inammissibile con un’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., ritenendo i motivi di gravame “totalmente privi di consistenza giuridica”.

La questione del ricorso ex art. 348-bis in Cassazione

Contro questa ordinanza, la società soccombente ha proposto ricorso per cassazione. I motivi del ricorso, tuttavia, non contestavano vizi procedurali dell’ordinanza d’appello, ma tornavano a criticare la decisione di primo grado su due punti principali:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali in favore della società cessionaria del credito.
2. La presunta erronea valutazione della condotta della banca, che secondo la ricorrente aveva agito in mala fede.

La società, inoltre, ha esplicitamente dichiarato di impugnare l’ordinanza della Corte d’Appello e non la sentenza del Tribunale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sulle regole che governano l’impugnazione dopo un’ordinanza ex art. 348-bis. Il principio chiave ribadito dai giudici è che tale ordinanza può essere impugnata in Cassazione solo per vizi propri, cioè per errori procedurali che la inficiano direttamente. Non è possibile utilizzare questo strumento per riproporre le censure di merito che erano già state ritenute infondate in appello.

La Corte ha spiegato che, quando un appello viene dichiarato inammissibile in questo modo, la legge (art. 348-ter c.p.c.) stabilisce che il ricorso per cassazione debba essere proposto contro la sentenza di primo grado. La ricorrente, invece, aveva erroneamente indirizzato la propria impugnazione contro l’ordinanza d’appello, commettendo un errore procedurale fatale.

In sostanza, i motivi del ricorso erano inammissibili per due ragioni concorrenti:
* Oggetto dell’impugnazione errato: Si contestavano le decisioni di merito del Tribunale, materia che non può essere affrontata impugnando l’ordinanza ex art. 348-bis.
* Atto impugnato errato: Si è impugnata l’ordinanza d’appello invece della sentenza di primo grado, come richiesto dalla legge.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione è un monito importante: le regole procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie di ordine e certezza del diritto. La pronuncia conferma un orientamento consolidato: dopo un’ordinanza di inammissibilità dell’appello, la battaglia legale in Cassazione deve concentrarsi sulla sentenza di primo grado. Tentare di contestare l’ordinanza per motivi di merito è una strategia destinata al fallimento. Per le parti e i loro difensori, ciò significa che l’analisi strategica deve essere impeccabile fin dall’inizio, identificando correttamente l’atto da impugnare e i vizi specifici da far valere per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità che chiude definitivamente le porte della giustizia.

Quando un appello viene dichiarato inammissibile con ordinanza ex art. 348-bis c.p.c.?
Quando la Corte d’Appello ritiene che l’impugnazione non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta, ovvero quando i motivi di appello sono considerati manifestamente infondati.

È possibile impugnare direttamente l’ordinanza di inammissibilità dell’appello?
Sì, ma solo per “vizi propri”, cioè per violazioni della legge processuale commesse dalla Corte d’Appello nell’emettere l’ordinanza stessa (ad esempio, se emessa al di fuori dei casi previsti dalla legge). Non è possibile impugnarla per contestare il merito della causa.

Cosa si deve impugnare in Cassazione dopo un’ordinanza ex art. 348-bis?
Secondo la legge (art. 348-ter c.p.c.), la parte soccombente deve proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, non contro l’ordinanza di inammissibilità dell’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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