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Ricorso cautelare licenziamento: salva la decadenza

Un lavoratore impugnava il licenziamento. Dopo il fallimento del tentativo di conciliazione, depositava un ricorso cautelare licenziamento entro il termine di 60 giorni. I giudici di merito ritenevano tardiva l’azione, sostenendo fosse necessario depositare il ricorso ordinario. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che il deposito del ricorso cautelare è un atto idoneo a impedire la decadenza, in linea con i principi espressi dalla Corte Costituzionale per garantire una tutela rapida ed efficace al lavoratore.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso Cautelare Licenziamento: La Cassazione Conferma che Salva dalla Decadenza

Nell’ambito del diritto del lavoro, il rispetto dei termini per impugnare un licenziamento è una questione cruciale. Perdere una scadenza significa, nella maggior parte dei casi, perdere il diritto di agire in giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un dubbio fondamentale: il deposito di un ricorso cautelare licenziamento è sufficiente a impedire la decadenza dopo il fallimento del tentativo di conciliazione? La risposta è affermativa e rappresenta una garanzia importante per la tutela dei diritti del lavoratore.

I Fatti del Caso

Un dipendente di un istituto di credito veniva licenziato per giusta causa. Egli procedeva a impugnare stragiudizialmente il licenziamento nei termini di legge e, successivamente, avviava un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro. La società datrice di lavoro non aderiva alla procedura, determinandone il fallimento.

A questo punto, la legge prevede un ulteriore termine di 60 giorni per depositare il ricorso in tribunale. Il lavoratore, anziché depositare un ricorso ordinario, optava per un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., depositandolo tempestivamente entro la scadenza.

Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello ritenevano che il lavoratore fosse incorso in decadenza. Secondo i giudici di merito, il ricorso cautelare non era un atto idoneo a impedire il decorso del termine, essendo a tal fine necessario il deposito del ricorso di merito. La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Cautelare Licenziamento

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici hanno stabilito un principio di diritto fondamentale: il deposito di un ricorso cautelare licenziamento è un atto processuale pienamente idoneo a impedire la decadenza prevista dalla legge dopo il fallimento della conciliazione.

La Corte ha basato la sua decisione sull’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, estendendo i principi già affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 212/2020. Se il ricorso cautelare è considerato un valido strumento per rispettare il primo termine di 180 giorni per l’avvio dell’azione giudiziale, non c’è ragione per cui non debba esserlo anche per il successivo termine di 60 giorni.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una logica di effettività della tutela giurisdizionale. La legge sull’impugnazione dei licenziamenti (L. 604/1966) delinea una serie di oneri concatenati per il lavoratore. Dopo l’impugnazione stragiudiziale, egli ha 180 giorni per depositare il ricorso in tribunale o, in alternativa, per richiedere la conciliazione. Se questa seconda via fallisce, scattano altri 60 giorni per adire l’autorità giudiziaria.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 212/2020, aveva già chiarito che il ricorso cautelare è equiparabile al ricorso di merito ai fini del rispetto del termine di 180 giorni. La Cassazione, con l’ordinanza in esame, estende questo principio anche al termine successivo di 60 giorni.

La ratio è quella di garantire una tutela tempestiva. Il procedimento d’urgenza e quello ordinario, pur avendo caratteristiche diverse, condividono la funzione primaria di portare la controversia davanti a un giudice e di superare l’incertezza sui rapporti giuridici. Imporre al lavoratore di depositare un ricorso ordinario anche quando ha già attivato la tutela cautelare sarebbe una duplicazione inutilmente gravosa e contraria al principio di ragionevolezza e di effettività della tutela dei diritti, sanciti dalla Costituzione.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi del ‘contrasto tra giudicati’, precisando che la decisione emessa in sede cautelare ha natura provvisoria e non preclude una diversa e più approfondita valutazione nel successivo giudizio di merito.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento a favore del lavoratore, offrendo maggiore flessibilità nella scelta degli strumenti processuali per la tutela dei propri diritti. In sintesi, il principio affermato è il seguente: quando un lavoratore impugna un licenziamento, dopo il fallimento del tentativo di conciliazione, può validamente depositare, entro il termine di 60 giorni, un ricorso cautelare licenziamento ex art. 700 c.p.c. Tale atto è sufficiente a impedire la decadenza, senza la necessità di depositare contestualmente o separatamente anche un ricorso ordinario. Questa interpretazione rafforza la tutela d’urgenza come strumento efficace e non come un percorso rischioso dal punto di vista procedurale.

Cosa succede se un lavoratore, dopo il fallimento della conciliazione, deposita solo un ricorso cautelare per impugnare il licenziamento?
Secondo questa ordinanza, il deposito del ricorso cautelare (ex art. 700 c.p.c.) entro il termine di 60 giorni dal fallimento della conciliazione è sufficiente a impedire la decadenza e a salvaguardare il diritto del lavoratore di contestare il licenziamento in giudizio.

Un provvedimento d’urgenza ha lo stesso valore di una sentenza definitiva?
No. La Corte chiarisce che il cosiddetto ‘giudicato cautelare’ ha natura provvisoria e sommaria. È destinato a essere superato dalla sentenza che conclude il giudizio di merito, la quale si basa su un’analisi completa e approfondita della causa.

Perché la Corte ha equiparato il ricorso cautelare a quello ordinario ai fini della decadenza?
La Corte ha applicato un principio di effettività della tutela. Sia il ricorso cautelare che quello ordinario hanno la funzione di portare tempestivamente la controversia davanti a un giudice. Considerarli equivalenti ai fini del rispetto del termine di decadenza evita di imporre al lavoratore un onere processuale eccessivo e garantisce una protezione più rapida ed efficace dei suoi diritti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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