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Ricorso cassazione inammissibile per acconto compenso

Una professionista ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione dopo il rigetto della sua richiesta di un acconto sui compensi maturati nell’ambito di una procedura fallimentare. La Corte ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile, specificando che i provvedimenti relativi alla gestione e amministrazione dei beni del fallimento, come il diniego di un acconto, mancano dei requisiti di decisorietà e definitività necessari per questo tipo di impugnazione. La decisione ha chiarito che il diritto al compenso della professionista non è stato negato in via definitiva, potendo la stessa riproporre la sua istanza in un momento successivo.

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Ricorso per cassazione inammissibile: quando un provvedimento non è definitivo

L’ordinanza in commento della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di ammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. nell’ambito delle procedure fallimentari. Il caso riguarda la richiesta di un acconto sul compenso da parte di un legale e dimostra come non tutti i provvedimenti del giudice siano impugnabili in Cassazione. Comprendere la distinzione tra atti gestionali e decisioni definitive è cruciale, ed è per questo che analizziamo la decisione che ha portato a dichiarare il ricorso per cassazione inammissibile.

I fatti di causa: la richiesta di acconto e il diniego

Una professionista legale, creditrice della procedura fallimentare di una società per l’attività professionale svolta, presentava un’istanza al Giudice Delegato per ottenere il pagamento di un acconto sul suo compenso. Il curatore fallimentare esprimeva parere negativo, evidenziando una situazione di cassa insufficiente a coprire tutte le prededuzioni privilegiate. Sulla base di tale parere, il Giudice Delegato prendeva atto dell’impossibilità di accordare l’acconto, di fatto respingendo la richiesta. La professionista proponeva quindi reclamo al Tribunale, il quale lo dichiarava inammissibile per una serie di motivi procedurali e di merito.

Il ricorso per cassazione inammissibile: i motivi della decisione

Contro il decreto del Tribunale, la legale proponeva ricorso per cassazione, basato su diversi motivi di violazione di legge. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato tutti i motivi inammissibili, esaminandoli congiuntamente per la loro stretta connessione. Il fulcro della decisione si basa su un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità.

I requisiti di Decisorietà e Definitività

La Corte ha ribadito che il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione è ammissibile solo contro provvedimenti che possiedono un duplice requisito: la decisorietà e la definitività.
– Un atto è decisorio quando risolve una controversia incidendo su diritti soggettivi.
– Un atto è definitivo quando non è più modificabile o revocabile dallo stesso giudice che lo ha emesso e non è soggetto ad altri mezzi di impugnazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che il provvedimento del Giudice Delegato (e di conseguenza il decreto del Tribunale che ha respinto il reclamo) non possedeva tali caratteristiche. La decisione di non concedere un acconto non incideva in modo definitivo sul diritto soggettivo della professionista al compenso. Si trattava, invece, di un atto di amministrazione e gestione della procedura, legato alla valutazione discrezionale della liquidità disponibile e dell’ordine di priorità dei pagamenti.
La Corte ha precisato che tale provvedimento non impediva alla professionista di riproporre in futuro la sua istanza di pagamento, quando la situazione finanziaria della procedura fosse migliorata. Pertanto, mancando il carattere della definitività, il provvedimento non era idoneo a passare in giudicato e, di conseguenza, il ricorso per cassazione inammissibile.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la circostanza che le somme per le spese legali fossero state già versate alla procedura dalla controparte soccombente nel giudizio originario non creava un vincolo di destinazione specifico, specialmente in assenza di una dichiarazione di antistatarietà da parte del legale.

Conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per chi opera con le procedure concorsuali: non tutte le decisioni del Giudice Delegato o del Tribunale fallimentare sono immediatamente contestabili davanti alla Corte di Cassazione. È necessario distinguere tra atti che risolvono in via definitiva una controversia su un diritto (impugnabili) e atti che rientrano nella gestione ordinaria della procedura (non impugnabili con ricorso straordinario). La decisione di negare un acconto, basata su una valutazione contingente della cassa, rientra in questa seconda categoria, lasciando impregiudicato il diritto del creditore, che potrà essere soddisfatto in un secondo momento, secondo le regole del concorso.

Quando è ammissibile un ricorso per cassazione contro un’ordinanza o un decreto?
Secondo la Corte, un ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. è ammissibile solo contro provvedimenti che possiedono il duplice requisito della ‘decisorietà’ (incidono su diritti soggettivi in modo risolutivo) e della ‘definitività’ (sono irrevocabili e non altrimenti impugnabili).

La decisione del Giudice Delegato che nega un acconto a un creditore in una procedura fallimentare è definitiva?
No. La Corte ha chiarito che tale decisione non è definitiva perché non nega in modo permanente il diritto al pagamento. Si tratta di un atto di gestione della procedura, basato sulla situazione di cassa del momento, e l’istanza di pagamento può essere riproposta in futuro.

Il fatto che la controparte abbia già versato le somme per le spese legali alla curatela fallimentare crea un obbligo di pagamento immediato verso il legale della procedura?
No. Secondo la sentenza, questo versamento non crea un vincolo di destinazione specifico per il pagamento del compenso del legale, a meno che non vi sia stata una dichiarazione di antistatarietà. Il credito del legale concorre con gli altri crediti di pari rango, specialmente in caso di carenza di attivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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