Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9351 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9351 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12312/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (DGRGFR51E30D799E) ,
-controricorrente-
avverso RAGIONE_SOCIALE di CORTE D’APPELLO BRESCIA, nel proc.to n. 978/2022, depositata il 27/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Brescia, con ordinanza, ex art.702 quater c.p.c., n. cronol. 432/2024, pubblicata il 27/2/2024, ha accolto la domanda di Sivaraman RAGIONE_SOCIALE, volta ad ottenere il riconoscimento e la dichiarazione di esecutività in Italia, ex art.67 l.218/1995, della sentenza pronunciata in USA n. 2017 CA 4478 B in data 5 novembre 2020 dal Giudice NOME del Tribunale degli Stati Uniti d’America per il Distretto della Columbia e della sentenza di appello n. 18-CV-1201, emessa in data 11 giugno 2020, dalla District of Columbia, Court of Appeals (CAB-4478-17), con la quale il resistente, NOME COGNOME è stato condannato, in solido con la società RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno in favore del ricorrente, per inadempimento al contratto di lavoro intervenuto tra il RAGIONE_SOCIALE e la società, per un importo pari a 91,400.92 dollari, maggiorato di interessi, oltre a 2,079.08 dollari per costi sostenuti, 36.999.85 dollari per spese legali e 1,492,89 dollari per spese vive.
In particolare, i giudici hanno sostenuto che: a) ogni questione relativa alla nullità/inesistenza della procura alle liti prodotta in giudizio dalla parte ricorrente risultava superata dalla produzione in giudizio di nuova e specifica procura rilasciata il 21.02.2023 dal NOME COGNOME all’avv. NOME COGNOME contenente specifico riferimento al procedimento, autenticata dal pubblico ufficiale previo accertamento dell’identità del sottoscrittore ed accompagnata dalla traduzione asseverata in lingua italiana dell’attività certificativa del Notaio in ordine alla apposizione della firma in sua presenza da parte della persona di cui ha accertato la identità, nonché riportante il timbro del Notaio che l’ha sottoscritta, con una ‘ apostille ‘, tradotta anche in lingua italiana, attestante che la procura è stata sottoscritta in Nuova Delhi dal Notaio che ha apposto il timbro e la sottoscrizione in calce alla procura; b) alla luce dei requisiti prescritti dall’art.64 per il riconoscimento della sentenza straniera, ex art.67, esaminata la documentazione
prodotta, risultava comprovata l’intervenuta notificazione « in data 1.8.2017 alle ore 3.18 PM » ad NOME COGNOME personalmente, dell’atto di citazione introduttivo del giudizio, come da dichiarazione giurata della notifica da parte della process server , sig.ra NOME COGNOME (cfr. doc H dell’all 6 e doc. 13c del ricorrente), regolarmente protocollata dall’ufficio del cancelliere (cfr. timbro in alto a destra) e depositata in data 17.08.2017 ore 9,21, quindi entro 60 giorni dal deposito dell’atto di citazione (28 giugno 2017), come risultante dal dettaglio della causa e come previsto dal Rule 4 della Corte di appello del Distretto della Columbia, e, in ogni caso, il COGNOME si era costituito in giudizio, qualificandosi come convenuto, e aveva continuato a partecipare personalmente anche nei successivi gradi, in proprio e non quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE essendogli stati notificati in Italia le date di udienza e tutti i provvedimenti, interloquendo con richieste di spostamenti dell’udienza, depositando memorie e partecipando, tramite collegamento telefonico, alle udienze; c) in relazione all’eccezione sollevata in questo giudizio, di non riconoscimento della sentenza statunitense, per non essergli l’atto di citazione notificato anche personalmente, non era credibile la giustificazione addotta di non avere compreso che la domanda era anche a lui rivolta in proprio, essendo chiaro il tenore si a dell’atto di citazione rivolto al COGNOME sia personalmente sia come legale rappresentante della società, sia della sentenza di condanna a carico sia della società sia del COGNOME in proprio; d) anche il provvedimento del 17/12/2020, con il quale la Corte di appello lo aveva invitato a regolarizzare l’atto di appello mancante della firma entro 15 giorni, gli era stato notificato, come gli altri provvedimenti, via mail , modalità dallo stesso richiesta per la comunicazione di tutti gli atti del processo e con cui gli era stato notificato anche il provvedimento del 5/2/2021, di rigetto dell’appello per mancata trasmissione dell’atto sottoscritto; e)
erano quindi stati rispettati dal giudice straniero i diritti del contraddittorio e della difesa e la sentenza di cui era chiesto il riconoscimento e dichiararsi la esecutività, era, dunque, divenuta definitiva secondo il diritto straniero, non essendo stato proposto un valido appello; f) quanto alla giurisdizione, il COGNOME, pur essendo residente alla data della notifica dell’atto di citazione in Italia, si era costituito in giudizio senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo (né nel corso del giudizio e nei successivi gradi) accettando la giurisdizione degli USA ai sensi dell’art 4 della L. 31 maggio 1995 n. 218 e il difetto di competenza giurisdizionale secondo i principi propri dell’ordinamento italiano, ex art. 64, comma 1, lett. a), della legge n. 218 del 1995, non può essere invocato, per la prima volta, davanti al giudice italiano se il vizio, ove tempestivamente dedotto avanti al giudice straniero, ne avrebbe inficiato il giudizio (Cass. SU n. 21946/2015); g) il Tribunale di prima istanza aveva affermato che il COGNOME pur avendo inizialmente depositato la sua comparsa di risposta, respingendo tutte le accuse a nome della società RAGIONE_SOCIALE, non aveva poi ottemperato ai vari ordini e rispettato le scadenze fissate e, pur essendo stato informato di avere il diritto di agire personalmente (pro se), ma non di depositare memorie personalmente per conto di RAGIONE_SOCIALE, aveva continuato a farlo senza mai nominare un avvocato alla società di cui era legale rappresentante, non si era presentato a varie udienze nonostante fosse stato autorizzato a comparire con collegamento telefonico, e, in particolare, non era comparso alla conferenza preliminare ( status conference ) del 20 aprile 2018, il che aveva determinato, da parte del Tribunale di prima istanza, la emissione, su istanza della controparte, della dichiarazione di inadempienza a determinati requisiti processuali (« entered a default ») nei suoi confronti e nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a seguito della quale i fatti affermati dal ricorrente sono stati dati come ammessi ed accertati; h) non rappresentava un ostacolo al riconoscimento in
Italia della sentenza straniera « la circostanza che il diritto straniero preveda che l’accertamento della responsabilità per l’inadempimento possa essere riconosciuta sulla base della equivalenza tra inottemperanza agli ordini processuali, o mancato rispetto delle scadenze del Tribunale di prima istanza o mancata partecipazione all’udienza o contumacia, e ammissione dei fatti posti a base della richiesta di condanna al pagamento di una somma determinata o determinabile (cfr. Rule 55.a doc. 13 n del ricorrente) », come affermato dal giudice di legittimità (Cass. 25064/2021), essendo la violazione dell’ordine pubblico processuale ravvisabile solo in casi eccezionali di violazioni dei principi fondamentali dello Stato richiesto manifeste e smisurate, non ravvisabili nel caso in esame, essendogli state date (in calce all’atto di citazione) tutte le avvertenze necessarie in ordine al fatto che « la sua contumacia o la mancata partecipazione anche solo ad alcune udienze o il mancato rispetto di alcuni termini o disposizioni dell’autorità giudiziaria avrebbe comportato la ammissione di responsabilità per i fatti dedotti dalla controparte » e anche il nostro ordinamento contempla previsioni connotate dalla stessa impostazione dell’« entered a default » (artt.232 e 215 c.p.c.); i) la sentenza di condanna era poi munita di « apostille» secondo la convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall’Italia con l. 20 dicembre 1966 n. 1253 (applicabile nella fattispecie, concernente sentenza emessa da un giudice degli Usa, i quali hanno prestato adesione definitiva alla convenzione il 16 agosto 1981), non era contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato, né pendeva alcun processo davanti ad un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti.
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, notificato il 28/5/2024, affidato a cinque motivi, nei
confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso.
Il P.G. ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, violazione dell’art. 115 Cod. Proc. Civ. e dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 111, comma II, della Costituzione, con riferimento all’art. 360, comma I, n. 4, del c.p.c., per avere Corte d’Appello, dopo aver trattenuto una prima volta la causa in decisione, con ordinanza istruttoria 3/05/2023, rimesso la causa sul ruolo invitando l’attore a produrre la documentazione probatoria ritenuta necessaria ai fini dell’accoglimento della domanda e, con l’ordinanza decisoria impugnata con il presente ricorso, deciso la causa accogliendo la domanda sulla base della documentazione in tal modo acquisita ; b) con il secondo motivo, violazione degli artt. 64 e 67 della legge n. 218/1995 e dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360, comma I, n. 3, del c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto, in base a circostanze irrilevanti, di poter omettere la verifica della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento di cui all’art. 64, lett. b) e c), della legge n. 218/1995, con riferimento alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio avanti il giudice straniero, alla costituzione in giudizio del convenuto e alla sua dichiarazione di contumacia; c) con il terzo motivo, violazione della Convenzione dell’Aja del 5.10.1961 (ratificata in Italia con la L. 20 Dicembre 1966, n. 1253 e dagli Stati Uniti d’America il 15 ottobre 1981), degli artt. 64 e 67 della legge n. 218/1995 e dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360, comma I, n. 3, del c.p.c., per avere la Corte d’Appello attribuito valore probatorio decisivo ad atti e documenti di autorità straniere privi di valore probatorio siccome non legalizzati in Italia e privi di « apostille »; d) con il quarto motivo, violazione della Convenzione dell’Aja del 15.11.1965 (ratificata in Italia con la L. 6 Febbraio 1981, n. 42 e vigente negli
Stati Uniti d’America dal 1967) e degli artt. 64 e 67 della legge n. 218/1995, con riferimento all’art. 360, comma I, n. 3, del c.p.c., per avere la Corte territoriale giudicato legittima la (supposta) notificazione dell’atto introduttivo del giudizio avanti il giudice straniero effettuata in violazione della Convenzione dell’Aja del 15.11.1965; e) con il quinto motivo, violazione sotto altro profilo degli artt. 64 e 67 della legge n. 218/1995 e dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360, comma I, n. 3, del c.p.c., per avere la Corte d’Appello violato l’onere della prova relativo alla sussistenza dei requisiti del riconoscimento delle sentenze straniere oggetto del giudizio, con riferimento alla violazione dei diritti essenziali della difesa e, in particolare, alla mancata comunicazione dell’ordine di integrazione dell’appello del 17/10/2020.
Le prime due censure sono inammissibile la prima e infondata la seconda.
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, che la Corte d’appello abbia con un’ordinanza istruttoria del 3/5/2023 rimesso la causa, già trattenuta in decisione, sul ruolo al fine di consentire all’attore di produrre, con note del 23/6/2023, « i documenti n. 13 e dal n. 13.a al n. 13.n del proprio fascicolo (doc. 10) -tra cui, sub doc. 13.a, la ‘Domanda introduttiva del giudizio con citazione e provvedimento iniziale (30 giugno 2017)’ e, sub doc. 13.c, la ‘Dichiarazione giurata relativa alla notificazione di atti giudiziari: NOME COGNOME (17 agosto 2017)’ nonché, con la ‘Nota di deposito’ del 31/07/2023, depositata in pari data, gli ulteriori documenti dal n. 15 al n. 18 (doc. 11) ». La suddetta ordinanza istruttoria e la successiva ordinanza decisoria sarebbero nulle perché violano il principio di disponibilità delle prove codificato dall’art 115, comma I, c.p.c. secondo cui spetta alle parti proporre i mezzi di prova che esse ritengono più idonei a utili e il giudice non può fondare la propria decisione che sulle prove dalle parti stesse proposte -, disattendendo i principi del contraddittorio
e di parità delle parti, nonché di terzietà e imparzialità del Giudice dettati dall’art. 111, comma II, della Costituzione; la Corte territoriale non aveva il potere di disporre alcuna integrazione documentale e, quand’anche tale potere fosse sussistito, esso non poteva essere esercitato per sopperire all’inerzia del ricorrente nell’acquisizione dei documenti utili o necessari alla sua difesa.
Con il secondo motivo, si censura la statuizione della corte d’appello in punto di sanatoria da parte del COGNOME con la costituzione in giudizio del vizio dell’atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice straniero, in quanto « presentando in data 25/05/2018 e in data 2/11/2020 le proprie difese nel processo avanti il giudice straniero, NOME COGNOME » non aveva sanato alcun vizio.
Ma la Corte d’appello ha ritenuto rituale la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, oltre che sulla base dei documenti acquisiti con l’ordinanza istruttoria, anche sulla base dell’autonoma ratio decidendi della sanatoria derivante dall’essersi il COGNOME costituito in giudizio, qualificandosi come convenuto, e avere continuato a partecipare personalmente anche nei successivi gradi, in proprio e non quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE essendogli stati notificati in Italia le date di udienza e tutti i provvedimenti, interloquendo con richieste di spostamenti dell’udienza, depositando memorie e partecipando, tramite collegamento telefonico, alle udienze, senza mai eccepire di non essere stato evocato ritualmente in giudizio o di non essere stato messo in condizioni di parteciparvi.
In ogni caso, a fronte della difesa dell’attuale ricorrente nel presente giudizio di non essere mai stato ritualmente vocato in giudizio, giudizio in cui egli invece risultava avere partecipato, era del tutto ammissibile la richiesta della Corte d’appello di integrazione documentale, rientrando nei poteri officiosi di verifica
dei presupposti per il riconoscimento e l’esecutività della sentenza straniare, exart.67 l.218/1995.
Questa Corte, con sentenza n. 10207/2009 ha chiarito che, in base alla Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 (resa esecutiva in Italia con L. 24 ottobre 1980, n. 745), la regolare notifica « alla parte contumace », secondo la legislazione dello Stato d’origine, dell’atto introduttivo del giudizio conclusosi con la sentenza di cui si chiede il riconoscimento o l’esecuzione, costituisce condizione per il riconoscimento o l’esecuzione stessi ed elemento costitutivo della relativa domanda da proporsi all’autorità giudiziaria dello Stato in cui la sentenza straniera deve essere riconosciuta o eseguita e che, di conseguenza, il giudice davanti al quale viene chiesto il riconoscimento della sentenza straniera « ha il dovere di verificare d’ufficio, anche prescindendo dall’iniziativa della parte interessata, l’avvenuta realizzazione di tale condizione, in applicazione del più generale principio, secondo il quale il giudice ha il potere – dovere di rilevare, in attuazione dell’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge, la sussistenza o la mancanza degli elementi costitutivi di una determinata pretesa (cfr. Cass. 1975/ 2930; 1976/ 1532; 1991/ 8935; 1993/ 11364; 1995/ 9245; 1998/1367; 2000/14968; 2007/635) ».
L’art.702 quater c.p.c. non pone poi preclusioni temporali alla produzione di documenti, purché sia garantito il rispetto del contraddittorio tra le parti.
3. Il terzo motivo, in punto di accertamento delle circostanze decisive (in punto di ritualità del contraddittorio dinanzi al giudice statunitense) sulla base di documenti, provenienti da autorità straniere che sono privi di alcun valore probatorio sul territorio italiano, siccome non legalizzati in Italia né muniti della suddetta « apostille », è inammissibile.
Vero che, ai sensi della Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l’Aja il 5 ottobre
1961 e ratificata dall’Italia con legge 20 dicembre 1966, n. 1253 (applicabile nella fattispecie, concernente sentenza emessa da un giudice degli USA, i quali hanno prestato adesione definitiva alla Convenzione il 16 agosto 1981), la dispensa dalla legalizzazione è condizionata al rilascio, da parte dell’autorità designata dallo Stato di formazione dell’atto, di apposita « apostille », da apporre sull’atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, e secondo il modello allegato alla Convenzione, con la conseguenza che, in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni di cancelleria dell’ufficio di provenienza dell’atto (Cass.4742 /2003) .
Ma tale censura non spiega e descrive quale fosse il contenuto dei documenti contestati.
E il controricorrente ha contestato l’affermazione, deducendo tutti i predetti documenti erano muniti di « apostille » e debitamente accompagnati da traduzione giurata.
Il quarto motivo, sempre in punto di accertamento della ritualità della notifica dell’atto introduttivo dinanzi al giudice straniero, malgrado la notificazione non fosse eseguita presso (l’unico) domicilio di NOME COGNOME in Italia e nella lingua ufficiale di tale Paese, è inammissibile.
Lamenta il ricorrente che « la (supposta) dichiarazione giurata di notifica prodotta da NOME COGNOME-niam sub docc. 13.c e 15 all. 3 indica che ‘Said service was effected at the following loca -tion: INDIRIZZO Washington, DC 20533′ ossia che la notifica sarebbe stata eseguita a Washington D.C., negli Stati Uniti d’America (doc. 13 e 14 del presente ricorso) » e che « la (supposta) domanda introduttiva con citazione e provvedimento iniziale, prodotta da NOME COGNOME sub docc. 13.a e 16 è redatta in lingua inglese e riporta la traduzione in lingua spagnola del Summons e dei relativi avvertimenti (docc. 15 e 16) ».
Ma la Corte d’appello ha comunque accertato che l’atto introduttivo è stato notificato « in data 1 agosto 2017, alle ore 3,18 pm, ad NOME COGNOME personalmente ».
Trattasi di accertamento di merito specifico.
E comunque l’art.5 della Convenzione dell’Aja relativa alla notifica di atti giudiziari e extra giudiziari in materia civile e commerciale del 15 novembre 1965 prescrive che, salvo il caso di cui al comma 1 alla lett.b) (in relazione alla forma particolare di notificazione chiesta dal richiedente, purché tale forma non sia incompatibile con la legge dello Stato richiesto), « l’atto può sempre essere consegnato al destinatario che lo accetti volontariamente ».
L’ultimo motivo, in punto di rigetto dell’eccezione in punto di lesione del diritto di difesa dinanzi al giudice straniero, per non essere stato consentito al ricorrente di impugnare la decisione della Superior Court of the District of Columbia in data 5.11.2020, è inammissibile.
La Corte d’appello ha ritenuto di potere presumere che anche il provvedimento del 17/12/2020, con il quale gli era stato rivolto invito a regolarizzare l’atto d appello, non sottoscritto, gli fosse stato comunicato via e-mail , come da dicitura espressa in calce, e sulla base di una modalità di comunicazione dallo stesso richiesta, autorizzata e attuata più volte nel corso del giudizio.
Si tratta di una valutazione degli atti con un ragionamento coerente e non sindacabile in questa sede di legittimità, con il vizio denunciato, di violazione di legge.
Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Va respinta l’istanza, di parte controricorrente, di condanna della ricorrente per lite temeraria ex art.96 c.p.c., in difetto dei presupposti della mala fede o colpa grave (cfr. Cass. Sez. Un. 32001/2023: « In tema di responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., costituisce indice di mala fede o colpa grave – e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione – la proposizione di un
ricorso per cassazione con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione, non compiendo alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla fattispecie concreta »).
Nella specie, tale elemento soggettivo non si rinviene. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfettario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 18 marzo 2025.