Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15339 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
appalto – interruzione prescrizione
R.G. 13132/2020
C.C. 22-5-2024
sul ricorso n. 13132/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, p.i. RAGIONE_SOCIALE, con sede in Albania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di loro nel loro studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. 80213330584, in persona del Ministro pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Roma presso i suoi uffici in INDIRIZZO
contro
ricorrente nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata
avverso la sentenza n. 5534/2019 della Corte d’appello di Roma depositata il 12-9-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 13950/2014 depositata il 27-6-2014 il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva chiamato in causa il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per ottenere il pagamento di Euro 22.192,27 ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., in relazione a lavori di bonifica eseguiti nel 1997 a Valona, nell’amb ito di un progetto di riqualificazione urbana commissionato dall’Ambasciata RAGIONE_SOCIALE in Albania. La sentenza, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta e dalla terza chiamata, ha dichiarato decorso il termine di prescrizione decennale decorrente dalla conclusione dei lavori eseguiti nel 1997.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha rigettato con sentenza n. 5534/2019 pubblicata il 12-9-2019. La sentenza ha dichiarato che i documenti ritualmente e tempestivamente prodotti in giudizio da RAGIONE_SOCIALE erano solo quelli indicati nell’indice del fascicolo di primo grado e quelli allegati alla prima memoria istruttoria e richiamati nel relativo indice; ha dichiarato che la missiva datata 26 giugno 2007 contenente la ricognizione di debito prodotta sia da RAGIONE_SOCIALE che da RAGIONE_SOCIALE non aveva effetto di ricognizione di debito interruttiva della prescrizione da parte del RAGIONE_SOCIALE; ciò perché si trattava di dichiarazione resa da Consigliere di Ambasciata Capo Ufficio VI del RAGIONE_SOCIALE e diretta a RAGIONE_SOCIALE e perciò si trattava di atto che non proveniva dall’organo investito dalla rappresentanza legale dell’ente e costituiva atto meramente interno della Pubblica Amministrazione, inidoneo a produrre effetti nei confronti del creditore,
al quale non era diretta, richiamando a sostegno Cass. 24710/2015 e Cass. 16576/2008.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di unico motivo.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
E’ rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE, alla quale la notificazione del ricorso è stata eseguita presso il difensore domiciliatario all’indirizzo pec EMAIL con consegna del messaggio il 13-5-2020.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 22-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
1. L’unico motivo è intitolato ‘ in relazione all’art. 360 nn.3 e 5 c.p.c. -violazione e la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1309 -1988 -2944 c.c. Travisamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE elementi documentali in processo -travisamento dell’istruttoria’; con esso la ricorrente sostiene che il riconoscimento di debito non abbia natura negoziale né carattere recettizio e non debba necessariamente essere eseguito con una specifica intenzione riconoscitiva, potendo risultare anche da atto compiuto dal debitore con finalità diversa, essendo sufficiente che rechi la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito; rileva che, anche se con atto ‘interno’, l’amministrazione ha manifestato la consapevolezza dell’esistenza del debito con i caratteri della volontarietà e perc iò sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare la validità di quell’atto ai fini interruttivi della prescrizione.
2.Il motivo è infondato, in quanto sulla questione deve essere data continuità al l’indirizzo richiamato dalla sentenza impugnata, di cui sono espressione Cass. Sez. 1 8-11-2006 n. 23803 (Rv. 594865-01), Cass. Sez. 1 18-6-2008 n. 16576 (Rv. 603960-01), Cass. Sez. 1 4-12-2015
n. 24710 (Rv. 637990-01), nonché Cass. Sez. 5 1-12-2020 n. 27371, non massimata.
Come si legge in motivazione di Cass. 16576/2008 e Cass. 24710/2015, ribadendo la massima ufficiale di Cass. 23803/2006, la ricognizione di debito ‘ non rappresenta una fonte autonoma di obbligazioni, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale. Pertanto, affinché la dichiarazione unilaterale con la quale ci si riconosce debitori possa esplicare i suoi effetti, è necessario che sia rimessa direttamente dall’obbligato al creditore, con l’intento di costituirsi debitore del destinatario di essa e con la conseguente produzione dei suoi effetti solo dal momento in cui perviene a conoscenza del destinatario riconosciuto creditore’ . Come altresì si legge in Cass 16576/2008, l’effetto della ricognizione di debito ‘-che si traduce nell’astrazione processuale della causa pet endi -si verifica solo se la dichiarazione negoziale sia indirizzata alla persona del creditore. Ne consegue che non può attribuirsi efficacia di ricognizione di debito a un atto interno della P.A., consistente in una deliberazione che, peraltro, non integra un atto negoziale perfetto ed efficace, come tale produttivo di obbligazioni per l’ente, in difetto di una manifestazione di volontà dell’organo abilitato a rappresentare l’ente (Cass., n. 130 del 1998; Cass., n. 9530 del 2000; Cass., n. 13642 del 2004) ‘.
In senso analogo, si registra l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale il riconoscimento del diritto, ai fini dell’interruzione della prescrizione ex art. 2944 cod. civ., è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità, della esternazione e della recettizietà (Cass. Sez. 1 16-6-2000 n. 8248 Rv. 537707-01, Cass. Sez. L 15-6-2018 n. 15893 Rv. 649389-01, Cass. Sez. 2 18-6-2020 n. 11803 Rv. 658444-01).
Alla luce di tali principi, nella fattispecie in primo luogo è insuperabile il dato della provenienza dell’atto da un organo non investito della rappresentanza legale del RAGIONE_SOCIALE, non essendo quell ‘atto idoneo a produrre effetti nei confronti del RAGIONE_SOCIALE; la circostanza, accertata dalla sentenza impugnata, che il soggetto che aveva emesso l’atto non avesse la rappresentanza del RAGIONE_SOCIALE non è stata oggetto di censura da parte della ricorrente ed è decisiva.
Inoltre, come pure si legge in Cass. 16576/2008, ‘il riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 cod. civ. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, richiede peraltro, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la dichiarazione possa avere finalità diverse o che lo stesso riconoscimento resti condizionato ad elementi estranei alla volontà del debitore (Cass., n. 4562 del 2004; Cass., n. 12531 del 2004).
Da tali principi, si desume che, perché possa attribuirsi efficacia interruttiva della prescrizione ad un atto emesso da organo non dotato della rappresentanza dell’ente debitore, non è sufficiente la mera adozione dell’atto, ma è altresì necessario che es so provenga da un organo che comunque abbia la cura RAGIONE_SOCIALE interessi cui l’atto stesso si riconnette, che sia destinato direttamente al creditore e che abbia attitudine a indurre l’affidamento di quest’ultimo su un comportamento in buona fede dell’ente debitore’.
Nella fattispecie oggetto del presente giudizio non ricorre alcuno di tali elementi, dal momento che la dichiarazione presa in esame dalla sentenza impugnata e oggetto del motivo di ricorso, oltre a non provenire da organo investito della rappresentanza legale del RAGIONE_SOCIALE, non era rivolta alla società appaltatrice e quindi non era idonea a creare nella stessa alcun affidamento.
Non consentono di giungere a diversa conclusione i precedenti richiamati nel ricorso, in quanto non aventi specificamente a oggetto la questione del potere di rappresentanza dell’ente pubblico nel soggetto che esegue il riconoscimento di debito interruttivo della prescrizione e la questione dell’esternazione d el riconoscimento. Inoltre, il precedente di Cass. Sez. L 30-10-2002 n. 15353 (Rv. 558130-01), che ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto non avere valore di riconoscimento dei diritti dei terzi interruttivo della prescrizione una circolare delle RAGIONE_SOCIALE, è stato superato da Cass. Sez. L 5-3-2004 n. 4562 (Rv. 570823-01) e Cass. Sez. L 7-72004 n. 12531 (Rv. 574307-01), che hanno confermato le sentenze di merito che non avevano riconosciuto tale carattere a circolare delle RAGIONE_SOCIALE, richiedendo ai fini interruttivi della prescrizione una specifica intenzione ricognitiva.
3.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la società ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate, a favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione