SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6342 2025 – N. R.G. 00001612 2024 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Sezione IX civile
La Corte di appello di Napoli, sez. IX civile, così composta:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME consigliere rel.
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa recante il numero di NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, sez. III civile, del 13.03.2024
TRA
(C.F.
), in
P.
persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
(C.F. ) e con la stessa elettivamente domiciliata in Napoli C.F.
alla INDIRIZZO, giusta procura alle liti in calce all’atto di appello
Appellante
E
(C.F. ), rappresentato e difeso ) e con lo stesso elettivamente domiciliato in Napoli alla INDIRIZZO, in virtù di RAGIONE_SOCIALE.
dall’AVV_NOTAIO (RAGIONE_SOCIALE.F. procura alle liti in calce alla comparsa di risposta
Appellato
Conclusioni
All’udienza del 25 novembre 2025 le parti costituite hanno concluso come da verbale, riportandosi ai rispettivi atti e la causa veniva riservata alla decisione del collegio.
Motivi della decisione
A -Giudizio di primo grado
A.a.) Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., , impugnava l’intimazione di pagamento n. 07120229014167975000, notificata in data 5.7.2022, emessa per il recupero della somma di € 30.792,81 relativa alla cartella n. 07120140071156816000, concernente il recupero di un finanziamento a fondo perduto erogato da nell’anno 2013.
In particolare, l’istante, oltre a denunciare l’illegittimità della procedura di riscossione e la giuridica inesistenza della notifica dell’intimazione, contestava la mancata notifica della cartella presupposta, asseritamente inviata nel 2015 ad un indirizzo diverso da quello di effettiva residenza. In via subordinata, eccepiva la prescrizione del credito qualora il finanziamento sarebbe risultato concesso oltre dieci anni prima della ricezione dell’intimazione impugnata.
A.b.) Si costituiva in giudizio l’ eccependo l’inammissibilità del ricorso e nel merito contestando, in particolare, il mancato decorso del termine di prescrizione dei crediti di cui all’intimazione impugnata.
A.c.) Il tribunale adito, ritenuta la causa matura per la decisione, concessi i termini di legge ex art. 190 c.p.c., così statuiva:
‘ – accoglie la domanda e, per l’effetto, annulla l’intimazione di pagamento n. 07120229014167975000, relativamente alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA del 18.2.2015 e dei successivi atti interruttivi;
-condanna l’ in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione delle spese di lite in favore di ,
con distrazione all’AVV_NOTAIO, nella misura di € 3.397,00, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA se dovute come per legge’.
Il primo giudice accertava che la notifica della cartella era stata eseguita a un indirizzo non corrispondente alla residenza anagrafica del destinatario e che analoga irregolarità caratterizzava gli ulteriori atti notificati.
Rilevava, quindi, che la controparte non aveva fornito elementi per superare la presunzione derivante dai registri anagrafici e che, in mancanza di un effettivo collegamento tra luogo di notifica e destinatario, non poteva configurarsi alcuna sanatoria.
Da ciò faceva discendere l’inefficacia interruttiva delle notifiche irregolari, trattandosi di atti recettizi la cui validità richiedeva il corretto perfezionamento della notifica.
Il giudice di primo grado affermava, infine, che la richiesta di rateizzazione non integrava acquiescenza, potendo essere formulata per ragioni meramente conservative, pertanto non implicanti riconoscimento del debito, sì da poter essere considerata come idonea ad interrompere il termine prescrizionale.
B -Giudizio d’appello
B.a.) Avverso detta pronuncia ha proposto appello l’
da intendersi qui ritrascritto e alla cui integrale lettura si rimanda quale parte necessaria ed espressa della presente
, in persona del legale rapp.te p.t., decisione .
Con il primo motivo di appello ‘sull’inesistenza della prescrizione’ l’appellante impugna la decisione del primo giudice laddove ha ritenuto prescritto il credito, assumendo che, in mancanza di validi atti interruttivi, era decorso il
relativo termine. Deduce, infatti, che i crediti oggetto dell’intimazione e della cartella si riferivano a un finanziamento a fondo perduto erogato da nell’anno 2013.
Pertanto, parte appellante, precisando che il rapporto è riconducibile alla disciplina del mutuo, in cui il relativo diritto si prescrive in dieci anni, e non nel termine abbreviato previsto per le obbligazioni periodiche, evidenzia che alla data di notifica dell’intimazione del 5 luglio 2022 il termine decennale non era ancora decorso.
Con il secondo motivo di appello ‘sugli atti interruttivi della prescrizione’ eccepisce l’erroneità della sentenza laddove il giudice di primo grado, travisando la natura della domanda di rateizzazione presentata dall’appellato nel 2019, ne ha escluso il valore di riconoscimento del debito. Precisa, infatti, che tale richiesta implicava la conoscenza da parte del contribuente delle cartelle e degli importi rateizzati e integrava riconoscimento del debito ai sensi dell’art. 2944 c.c., con effetto interruttivo della prescrizione.
Con il terzo motivo di appello ‘sulla regolare notifica degli atti interruttivi’ l’appellante evidenzia che il giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto irregolare la notifica degli atti presupposti all’intimazione. In particolare, precisa che il preavviso di fermo amministrativo del 2015 risulterebbe notificato a mani del destinatario presso l’indirizzo in cui egli effettivamente risiedeva in quella data, come da certificato storico di residenza proAVV_NOTAIOo in atti.
Quanto agli altri atti, l’appellante osserva che la mera produzione della documentazione anagrafica non è sufficiente a dimostrare l’assenza di collegamento tra luogo della notifica e domicilio del destinatario, trattandosi di elemento solo presuntivo. Inoltre, in mancanza di querela di falso sulle attestazioni
dell’ufficiale notificante il procedimento notificatorio avrebbe dovuto ritenersi valido.
Infine, l’appellante contesta anche la parte della sentenza che lo condanna alle spese di lite. Tale condanna sarebbe ingiusta, poiché -da un lato -non era ancora decorso il termine di prescrizione decennale previsto dalla legge e, dall’altro, l’appellato aveva comunque riconosciuto il debito presentando la domanda di definizione agevolata.
B.b.) Si è costituto , che ha resistito all’impugnazione, concludendo
‘ -per il rigetto dell’appello, in quanto improponibile, inammissibile ed infondato in fatto in diritto, con conseguente conferma della Sentenza del Tribunale di Napoli Nord n. 1348/24 del 13.03.2024;
– con vittoria di spese, competenze ed onorari anche del presente grado da distrarsi in favore del difensore antistatario’.
B.c) All’esito della prima udienza di trattazione del 15.10.2024, la causa è stata rinviata ex art. 352 c.p.c. all’udienza del 25 novembre 2025 per essere decisa, con concessione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi, e in detta udienza, trattata con le modalità previste dall’art. 127 ter c.p.c., riservata alla decisione del collegio.
C -Analisi dei motivi di appello
C.a.) L’ ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata dichiarata prescritta la pretesa oggetto dell’intimazione, deducendo la sussistenza di plurimi atti interruttivi nonché il preteso riconoscimento del debito da parte del contribuente mediante istanza di definizione agevolata ed evidenziando, ancor più a monte, che il credito afferiva ad un contratto di mutuo per il quale la prescrizione era da individuarsi nel
termine ordinario decennale.
Giova premettere che l’appellante non ha formulato una specifica censura ma sul punto si tornerà successivamente -contro la statuizione preliminare del primo giudice che aveva dichiarato invalida la notifica della cartella n. NUMERO_CARTA, in quanto eseguita a indirizzo diverso da quello di residenza del contribuente, come documentato dal certificato storico anagrafico.
In ogni caso, la conclusione del tribunale risulterebbe, in parte qua , ma fatte salve le successive argomentazioni, corretta anche nel merito.
Dalla documentazione in atti emerge, infatti, che alla data del 18 febbraio 2015 risiedeva in INDIRIZZO, INDIRIZZO, mentre la cartella risulta notificata ex art. 140 c.p.c. in INDIRIZZO, INDIRIZZO, indirizzo presso cui l’appellato non risiedeva più.
Anche gli ulteriori atti indicati dall’ come interruttivi della prescrizione risulterebbero affetti da vizi di notifica.
Il preavviso di fermo amministrativo n. 07180201500057619000 risulta notificato non al destinatario, ma a un soggetto omonimo residente al medesimo indirizzo, come documentalmente provato tramite certificazione anagrafica, senza che l’appellante già in primo grado abbia opposto alcunché; mentre l’intimazione di pagamento del 6.3.2019 è stata effettuata, come rilevato dall’appellato, per ‘irreperibilità assoluta’ senza che risultino eseguite le ricerche imposte dall’art. 143 c.p.c., benché un semplice accertamento anagrafico avrebbe consentito di individuare il reale indirizzo di residenza del .
Secondo Cass. n. 24329/2024, la notifica è inesistente ‘quando manchi del tutto, ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario’.
L’inesistenza ricorre, quindi, anche nel caso di notificazione rivolta a soggetti privi di ogni rapporto con il destinatario effettivo.
Andrebbe, dunque, confermato il giudizio di irritualità delle notifiche.
C.b.) Tuttavia, la questione non può ritenersi affatto esaurita, né può sostenersi che l’affermazione della invalidità o, comunque, della sua giuridica irrilevanza -della notifica della cartella non sia stata impugnata, in ragione del complessivo contenuto dell’appello.
Infatti, come deAVV_NOTAIOo dall’appellante, il presente giudizio è caratterizzato da un elemento successivo decisivo, idoneo a incidere radicalmente sul quadro ricostruttivo, ossia la domanda di rateizzazione/definizione agevolata del 19 aprile 2019, proveniente dall’opponente e intervenuta dopo le notifiche ritenute viziate, in particolare, appena dopo l’intimazione di pagamento del marzo 2019.
La giurisprudenza di legittimità con ordinanza n. 3414/2024 ha affermato che ‘con specifico riferimento all’istanza di rateizzazione del debito tributario portato da cartelle esattoriali (Cass. n. 11338/2023) è stato ribadito e chiarito (v. Cass. n. 27672/2020) che, pur essendo vero che la relativa domanda non costituisce acquiescenza da parte del contribuente in ordine all’an della pretesa, tuttavia la stessa richiesta integra un riconoscimento del debito tale da interrompe la prescrizione, ex art. 2944 cod. civ., ed è totalmente incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto la notificazione delle cartelle di pagamento; …del resto, sempre secondo quanto rilevato dalla citata sentenza n. 11338/2023, e come pure evidenziato da Cass. n. 19401/2022, una simile tesi ermeneutica non si pone in contrasto con le pronunce in materia Cass. nn. 12735/2020 e 5549/2021, in quanto, a ben vedere, la prima – secondo quanto è dato desumere dal tenore complessivo della motivazione – conferma semplicemente che la presentazione di
istanza di rateizzazione non costituisce acquiescenza, non escludendo che essa implichi riconoscimento di debito (con conseguente effetto interruttivo della prescrizione) mentre la seconda, in parte motiva, si limita ad osservare che il riconoscimento di debito, quale atto interruttivo della prescrizione, pur non avendo natura negoziale, né carattere recettizio e costituendo un atto giuridico in senso stretto, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto, ma richiede, altresì, in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la dichiarazione possa avere finalità diverse e anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore’, ulteriormente precisando che ‘l’indagine diretta a stabilire se una dichiarazione costituisca riconoscimento, ai sensi dell’articolo 2944 cod. civ., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in cassazione se sorretto da corretta motivazione’ .
La pronuncia si riferisce a pretese tributarie, ma vale certamente anche per quelle di altra causale azionate con la medesima procedura di riscossione, come quella in esame (vds. per esempio, per le pretese contributive Cass. sez. lav. 20260/2021, 10327/2017, 26017/2015 sempre richiamate da Cass. n. 3414/2024, essendo il principio di diritto secondo cui ‘ La richiesta di rateizzazione fa ritenere conosciute le cartelle di pagamento cui si riferiscono le somme di cui si è chiesta la rateizzazione e vale, di norma, quale atto interruttivo della prescrizione, mentre il contribuente non può più, di regola, utilmente eccepire la mancata conoscenza delle cartelle e degli atti impositivi presupposti ‘, enunciato, anche in neretto, in termini generali) .
Tale orientamento è, dunque, chiaro nel ritenere che l’istanza di rateizzo sia di regola idonea ad interrompere la prescrizione, prescindendo dal valore o meno di voler prestare acquiescenza alla pretesa azionata.
Nel caso di specie, dalla documentazione proAVV_NOTAIOa dall’ -e non contestata quanto alla provenienza, neppure in questa sede -risulta che in data 19 aprile 2019 l’opponente presentava domanda di rateizzazione/definizione agevolata, specificamente riferita anche alle somme portate dalla cartella n. 07120140071156816000 oggetto di contestazione.
L’atto in esame proviene in modo certo dall’opponente e documenta la sua volontà di procedere al pagamento rateale delle somme indicate, tutte riconducibili alle cartelle oggetto di contestazione.
Questo comportamento manifesta in maniera chiara e inequivocabile la consapevolezza dell’esistenza del debito rectius , delle pretese ivi indicate -e la presentazione della istanza presuppone, perciò, pur potendo non essere incompatibile con la volontà di contestarne la fondatezza, necessariamente la conoscenza delle cartelle, poiché è logicamente impossibile chiedere la rateizzazione di atti che non siano stati previamente conosciuti.
Per effetto di tale riconoscimento, la prescrizione risulta interrotta già alla data della domanda dell’aprile 2019.
Ne consegue che, quando l’intimazione contestata fu notificata nel luglio 2022, il termine prescrizionale, pure a ritenerlo diverso e minore rispetto a quello indicato dalla convenuta, era da considerare come successivamente interrotto, rendendo irrilevante, anche per quanto si sta per evidenziare, l’originaria irregolarità delle precedenti notifiche.
Alla luce di ciò, la motivazione del tribunale che aveva escluso la rilevanza della
domanda di rateizzazione viene superata, in quanto non tiene conto della giurisprudenza consolidata secondo cui la volontà di regolare il debito interrompe la prescrizione anche in presenza di notifiche viziate.
Valutata la portata dell’istanza del 19 aprile 2019, la corte ritiene che essa sia, pertanto, idonea ad interrompere il termine di prescrizione e dimostri in maniera incontrovertibile la conoscenza della pretesa da parte dell’istante.
Ne consegue che l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente non può essere accolta, anche perché, pur considerando che con l’opposizione de qua possa essere recuperato il momento per proporre contestazioni alla pretesa contenuta nel ruolo e nell’originaria cartella, non avendo il deAVV_NOTAIOo nulla in merito alla causale riguardante il mutuo concessogli e, soprattutto, in relazione all’ordinario termine prescrizionale, per consolidato indirizzo giurisprudenziale applicabile nel caso in esame, essa non può che essere rigettata.
Conclusivamente l’appello dell’ è fondato e la sentenza di primo grado deve essere riformata, con conseguente rigetto dell’opposizione proposta dal contribuente.
D -Le spese
L’accoglimento del gravame comporta la rideterminazione delle spese di lite tra le parti, in base all’esito complessivo del giudizio che vede soccombente l’originario opponente, oggi appellato.
Pertanto, le spese del doppio grado sostenute da parte appellante seguono la soccombenza di , e si liquidano d’ufficio con riguardo ai parametri di cui al D.M. 55/2014, come aggiornati con decreto n. 147/2022, e, dunque, tenuto conto del valore della lite (da euro 26.001,00 a euro 52.000,00), attestandosi nei minimi per la non particolare complessità delle questioni
affrontate, tenuto conto, altresì, di quanto osservato in merito alla correttezza delle notifiche contestate.
P.Q.M.
La Corte di appello di Napoli, sezione IX civile, definitivamente pronunciando sull’impugnazione di cui in epigrafe, così provvede:
accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta l’originaria opposizione avente ad oggetto l’intimazione di pagamento n. 07120229014167975000;
condanna l’appellato a rifondere le spese di lite che liquida, in favore dell’appellante, b.1.) per il primo grado in euro 3.809,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15%, iva e c.p.a.; b2) per il grado d’appello in euro 804,00, se corrisposti, per spese ed euro 4.996,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15%, iva e c.p.a..
Napoli, così deciso in data 5 dicembre 2025
Il consigliere est.
AVV_NOTAIO
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME