Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2966 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2966 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 974/2022 R.G. proposto da:
IMPRESA COGNOME DI NOME E NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresentano e difendono giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti ;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2874/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La vicenda venuta all’esame di legittimità può riassumersi nei termini di cui appresso.
RAGIONE_SOCIALE assumendo di avere fornito materiale elettrico ad RAGIONE_SOCIALE NOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE per un corrispettivo totale di € 41.908,71, del quale la compratrice aveva corrisposto solo € 8.772,63, chiese e ottenne ingiunzione di pagamento, per l’ammontare di € 33.136,08.
RAGIONE_SOCIALE e, personalmente, i soci NOME e NOME COGNOME proposero opposizione, che il Tribunale adito disattese.
La Corte d’appello di Milano, accolta in parte l’impugnazione degli appellanti, revocato il decreto ingiuntivo, condannò la s.n.c., COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento della minor somma di € 12.279,07.
2.1. È utile riprendere, sia pure in sintesi, i passaggi argomentativi che qui assumono rilievo.
Le emergenze di causa, e in particolare la mancanza di firma di ricezione sui documenti di trasporto relativi alle fatture contestate, inducevano il Giudice di secondo grado a reputare che l’appellata non avesse dimostrato il proprio credito relativamente alle anzidette fatture.
Quanto alle fatture non contestate, a riguardo delle quali la parte appellante aveva ammesso solo un parziale pagamento, andava osservato che non vi era in atti prova dei versamenti allegati e che la debitrice, con l’atto d’appello, aveva quantificato il proprio debito in complessive € 12.279,07 -poi immotivatamente ridotto a € 3.423,24 in comparsa conclusionale -, pertanto doveva affermarsi la sussistenza dell’anzidetto debito.
Gli appellanti avanzavano ricorso sulla base di due motivi.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonché violazione o falsa applicazione degli artt. 111, co. 2, Cost., 101, 345 e 352 cod. proc. civ.
Parte ricorrente, dopo aver distinto tra fatture contestate e non e precisato che la RAGIONE_SOCIALE, nel ricorso per decreto ingiuntivo, aveva ammesso di avere incassato un acconto di € 8.772,63, specificato, altresì, che nell’atto d’appello erano stati commessi <> di conteggio, assume che la sentenza impugnata aveva errato a giudicare priva di motivazione e sottratta al contraddittorio la rettifica esplicitata dall’esponente , nel senso che la somma rimasta ancora a debito era di € 3.433,24 e non di € 12.279,07.
Il Giudice d’appello, prosegue la difesa dei ricorrenti, aveva <>.
Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.
Si deduce che la Corte locale aveva imputato all’appellante di non avere fornito la prova del pagamento parziale delle fatture non contestate, omettendo, tuttavia, di considerare alcuni fatti rilevanti.
(a) La stessa RAGIONE_SOCIALE nel ricorso per decreto ingiuntivo aveva riconosciuto di avere ricevuto la somma di € 8.772,63, da imputarsi a parziale pagamento delle fatture non contestate, siccome era dato trarre dalla nota di contestazione della esponente del 28/11/2013, alla quale la sentenza non aveva dato rilievo alcuno. Né la controparte aveva eccepito doversi il versamento imputare ad altre e diverse fatture. Di conseguenza, relativamente alle fatture non contestate nn. 53626, 67869 e 67870 del 2012, recanti un complessivo importo di € 12.195,87, essendo stat a già corrisposta la somma di € 8.772,63, residuava un debito di € 3.423,24.
(b) La sentenza non aveva considerato che il corrispettivo delle fatture di cui si è detto ammontava a € 12.195,87 e non a € 12.279,07.
Il complesso censorio di cui agli esposti due motivi, tra loro correlati, non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La Corte d’appello afferma che l’odierna ricorrente aveva espressamente riconosciuto con l’atto d’appello di essere debitrice della somma di € 12.279,07.
Con i motivi sopra ripresi la ricorrente non aggredisce compiutamente l’anzidetta ‘ ratio decidendi ‘, appuntando la critica sulla tempestività della denuncia d’errore materiale, omettendo di esporre, invece, le ragioni sulla base delle quali sostenere che la Corte locale abbia errato a giudicare il debito come riconosciuto.
Per vero la sentenza di secondo grado, dopo avere individuato le fatture non contestate per stessa ammissione dell’appellante, precisa che esse (sempre per ammissione dell’appellante, in comparsa conclusionale) erano state pagate solo in parte. Tanto
che con lo stesso atto d’appello la RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente precisato che il proprio debito ammontava a € 12.279,07, con specifico richiamo sempre alle anzidette fatture.
Sotto altro concorrente profilo va osservato che la sentenza ha rilevato che la somma di € 8.772,63 pagat a dalla RAGIONE_SOCIALE era già stata previamente espunta dal totale per il quale era stata chiesta l’ingiunzione.
Inoltre, la condanna al pagamento della somma di € 12.279,07 risulta essere stata disposta proprio a riguardo delle fatture non contestate.
A volere reputare che la ricorrente, a tutto concedere, intenda qui contestare di avere riconosciuto con l’atto d’appello di essere debitrice della somma di € 12.279,07, essa contestazione non potrebbe essere vagliata.
L’esame implicherebbe l’improprio scrutinio di merito delle emergenze di causa, precluso a questa Corte, la quale sarebbe impropriamente chiamata a un giudizio di fatto, che coinvolgerebbe il complesso delle emergenze di causa, dovendosi ritenere inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Sez. 2, n. 10927, 23/04/2024, Rv. 670888 -01).
Al rigetto del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 3 e 4, cod. proc. civ., la condanna della ricorrente al pagamento in favore della controparte e della cassa
delle ammende, delle somme, stimate congrue, di cui in dispositivo (cfr. S.U. n. 27195/2023).
10. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge; condanna, altresì, la parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di € 1.500,00 in favore della controricorrente , ai sensi dell’art. 96, co. 3, cod. proc. civ.; nonché della somma di € 1.0 00,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico della parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 13 novembre 2024.