Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5441 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5441 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26127/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
PROVINCIA DI FROSINONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4542/2019 pubblicata il 04/02/2020, RG 3956/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n.4542/2019 pubblicata il 04/02/2020 ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME nella controversia con la Provincia di Frosinone.
La controversia ha per oggetto in via principale l’accertamento della illegittimità ed illiceità della condotta datoriale correlata: a) ai ritardi nella erogazione, in favore delle ricorrenti, della indennità premio di fine servizio per gli ex dipendenti assunti con la legge n.285/1977 in servizio presso gli istituti di istruzione ed altri enti, nonostante il riconoscimento del debito; b) alla distrazione dei fondi pubblici ricevuti al fine della erogazione della predetta indennità; c) alla discriminazione concretata nella disparità di trattamento economico-retributivo, con la condanna al risarcimento dei danni ex art.1226 cod. civ. In via subordinata ha per oggetto l’accertamento dell’indebito arricchimento della Provincia, con la condanna al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Frosinone rigettava tutte le domande proposte dalle ricorrenti.
La corte territoriale -con riferimento alle questioni ancora vive nel giudizio di legittimità -ha escluso che la condotta tenuta dalla Provincia di Frosinone fosse qualificabile come discriminatoria; con riferimento alla asserita violazione della parità di trattamento ex art.45 d.lgs. n.165/2001 ha ritenuto che la posizione giuridica delle appellanti e dei dipendenti oggetto della deliberazione n.470/2002
(poi annullata in autotutela) fosse diversa da quella dei dipendenti oggetto della determina n.2514/2004, in quanto i primi non avevano diritto a ricevere la indennità premio di fine servizio per la sopravvenuta prescrizione decennale del diritto, mentre per i secondi la prescrizione non era maturata.
Con riferimento al tema della prescrizione, la corte territoriale riteneva che le appellanti non avessero «nemmeno dedotto di aver presentato domanda per il pagamento dell’indennità premio di fine servizio entro il 1° agosto 1996, sicchè anche il loro diritto è prescritto».
Con riferimento alla proposta di delibera n.1348/2004 la corte territoriale ha escluso che tale proposta potesse qualificarsi come riconoscimento di debito, perché la proposta era rimasta tale e «l’amministrazione non ha mai espresso la volontà di procedere al pagamento dell’emolumento».
Per la cassazione della sentenza ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso affidato a tre motivi, illustrato da memoria. La Provincia di Frosinone resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (pag. 20 ssg. del ricorso) le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art.45 d.lgs. n.165/2001 e dell’art.295, cod. proc. civ., «nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non sussistere la dedotta disparità di trattamento sul presupposto dell’avvenuto annullamento della delibera n.470/02 e nella parte in cui ha ritenuto di non sospendere il relativo giudizio nelle more della definizione del giudizio relativo all’impugnazione delle delibere 25/09 e 209/09 che avevano poi disposto l’annullamento della delibera 470/02», con riferimento all’art.360, comma primo, n.3 cod. proc. civ.
Assumono le ricorrenti che il Tribunale di Frosinone aveva annullato le suddette delibere 25/09 e 209/09, di talché si era ripristinata la
vigenza della delibera 470/02 su cui di fondava la discriminazione, dal momento che la stessa aveva riconosciuto il beneficio a dipendenti che si trovavano nella medesima situazione delle ricorrenti. Il presente giudizio avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della decisione sulla delibera 470/02.
2. Con il secondo motivo (pag. 31 ssg. del ricorso) le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art.45 del d.lgs. 165/2001 e dell’art.115 cod. proc. civ., nonchè «nullità della sentenza per motivazione apparente nella parte in cui ha ritenuto di poter escludere la sussistenza di una disparità di trattamento tra le parti sul presupposto di una ipotetica differenza di situazione tra i soggetti beneficiati dalla determina 2514/04 e gli altri soggetti (ricorrenti e beneficiati dalla delibera 470/02)», con riferimento all’art.360, comma primo, nn.3 e 4 cod. proc. civ.
Assumono le ricorrenti la mancanza/apparenza di motivazione della sentenza di appello, con conseguente nullità della stessa, che non ha spiegato le ragioni per cui il beneficio era stato attribuito agli altri lavoratori, senza illustrare le ragioni per cui non si sarebbe prescritto. La Provincia aveva adottato tre delibere ai fini della liquidazione in capo ai lavoratori degli emolumenti per cui è causa: la n. 470/2002, la n. 2514/2004 e la n. 1348/2004. Di tali atti deliberativi, tuttavia, solo i primi due venivano approvati, ma non l’ultimo (proposta di delibera n. 1348/2004) – che riguardava appunto la posizione dei ricorrenti – in ragione di una asserita carenza fondi. Si sostiene, tuttavia che la posizione delle ricorrenti sia assolutamente sovrapponibile a quella dei lavoratori a cui veniva riconosciuto il beneficio.
3. Con il terzo motivo (pag.35 e ssg. del ricorso) le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art.3, r.d.l. n.295/1939, e degli artt.1988 e 2940 cod. civ. «nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto prescritto il diritto delle istanti al
beneficio e di dover escludere che la proposta di delibera 1348/2004 costituisse atto di riconoscimento di debito in favore della ricorrente», con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Assumono le ricorrenti che in ragione della proposta di delibera 1338/2004 si era in presenza di ricognizione di debito in proprio favore.
In via pregiudiziale deve accogliersi l’eccezione di inammissibilità del controricorso sollevata dalle ricorrenti nella memoria illustrativa. Il controricorso è stato notificato il 17/06/2022, quando il termine ex art.370 cod. proc. civ. era già spirato (notifica ricorso: 07/10/2020).
I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per ragioni di connessione. Gli stessi non sono fondati.
Con riferimento al tema della disparità di trattamento ex art.45 d.lgs. 165/2001 la ratio decidendi della Corte territoriale non è affatto costituita dall’annullamento in autotutela della deliberazione n.470/2002, vicenda rispetto alla quale ad avviso delle ricorrenti assumerebbe rilievo la sentenza del Tribunale di Frosinone che dichiarava illegittime le delibere che ne avevano disposto l’annullamento, ma dalla diversità della posizione giuridica tra persone per le quali era maturata la prescrizione del diritto alla indennità premio di fine servizio e persone per le quali la prescrizione non era maturata, e dunque avevano diritto al pagamento della indennità de qua : «ciò che nella specie determina la diversità di trattamento non è l’applicazione di un diverso trattamento contrattuale, ma la circostanza che il diritto delle odierne appellanti sia estinto per prescrizione» (pagg.7 ed 8 della motivazione).
I due motivi di ricorso, complessivamente valutati, dunque non centrano la ratio decidendi , perché si soffermano sulla diversa questione dell’annullamento della delibera n.470/2002 da parte delle successive delibere nn.25/09 e 202/09.
7. In disparte, come già osservato in analoga fattispecie da questa Corte (Cass., n. 33044 del 2023), il mero rilievo che la pronunzia cui si fa riferimento nel ricorso (riportandola integralmente) non è una sentenza di annullamento del G.A., ma una pronunzia del G.L. sulla posizione di un lavoratore indicato nella delibera n. 470 del 2004, questione che alcuna incidenza può avere ai fini della decisione della presente controversia, rilievo che esclude che il giudice dovesse sospendere il processo in attesa della decisione, l’infondatezza dei motivi si palesa per le seguenti ragioni.
Le ricorrenti avrebbero dovuto trascrivere tutti i documenti versati nel giudizio di merito – o almeno se ne sarebbe dovuto riportare il contenuto con indicazione puntuale del tempo e modo della produzione nel giudizio di merito- volti a dimostrare che avessero diritto all’indennità premio di servizio. Fra i documenti da trascrivere o riportare nel contenuto essenziale (con indicazione del luogo e momento di produzione), in primo luogo, l’istanza per la liquidazione dell’emolumento, con indicazione della data di deposito ai fini della verifica del rispetto del termine prescrizionale, atteso che la Corte d’Appello ha accertato l’intervenuta prescrizione.
La mancanza di ogni allegazione e prova – nei termini innanzi specificati del diritto alla percezione dell’indennità di premio di servizio rende i motivi privi di autosufficienza, sicché è impossibile ogni valutazione del comportamento datoriale, atteso che la dedotta discriminatorietà può evidentemente rilevare ed apprezzarsi solo in presenza di situazioni sovrapponibili (v. Cass., n. 33044 del 2023, cit.). Qui aggiunto, incidentalmente, che come
brevemente indicato innanzi ai fini della comparazione avrebbe dovuto altresì apprezzarsi anche la sussistenza del diritto in capo a coloro cui l’emolumento è stato riconosciuto dall’Amministrazione.
Le carenze indicate si traducono, quindi, nella infondatezza della domanda proposta (non potendo evidentemente desumersi il diritto all’emolumento da una delibera giammai approvata e quindi del tutto improduttiva di effetti).
Per le ragioni sopra esposte, deve ritenersi insindacabile la decisione della corte territoriale di non sospendere il procedimento a quo , proprio perché tale procedimento non poteva ritenersi pregiudicato, in senso tecnico-giuridico, da quello avente ad oggetto la legittimità dell’annullamento della delibera n.470/2002, come si è detto relativa alla singola posizione di un lavoratore. Trattandosi di sospensione facoltativa, e non necessaria, la decisione era rimessa al prudente apprezzamento della corte territoriale, in questa sede non censurabile, e comunque correttamente presa, non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità tra le cause.
I motivi sono poi infondati anche nella parte in cui lamentano una motivazione apparente.
La Corte territoriale ha dato conto del proprio convincimento, spiegando in modo esaustivo le ragioni della decisione: la diversità delle situazioni giuridiche, e dunque la insussistenza di alcuna disparità di trattamento, trova il proprio discrimine nella prescrizione del diritto alla indennità, maturata per alcuni e non per altri.
Anche il terzo motivo è infondato.
La Corte territoriale ha escluso che la proposta di delibera n.1348/04 fosse qualificabile come riconoscimento del debito proprio perché si trattava di una mera proposta, mai sfociata in una delibera, e le ricorrenti non avevano dedotto di aver presentato
domanda per il pagamento dell’indennità premio di fine servizio entro il 1° agosto 1996, sicché il loro credito era prescritto. Sono le stesse ricorrenti ad ammettere che tale atto non è mai stato «concretamente approvato» (pag.35 ricorso).
Deve escludersi che una proposta di delibera possa produrre alcun effetto ai fini dell’art. 1988, cod. civ.
Nella specie la volontà dell’Amministrazione non si è consolidata nell’adozione della delibera da parte della Giunta provinciale, che sarebbe stata necessaria, e con accertamento di fatto non adeguatamente contestate la Corte d’Appello ha accertato che il credito era già prescritto quando era intervenuta la proposta di delibera, e dunque il rapporto fondamentale si era estinto.
Come questa Corte ha già affermato, la ricognizione di debito, di cui all’art.1988, cod. civ., non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, comportante una semplice relevatio ab onere probandi per la quale il solo destinatario della ricognizione è dispensato dall ‘ onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria, ma della cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della ricognizione stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull’obbligazione derivante dal riconoscimento (Cass., n. 2091 del 2022).
Giova altresì ricordare che, ai sensi dell’art. 2944, cod. civ., l’interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento del diritto concerne solo le ipotesi in cui lo stesso non si è prescritto, atteso che comincia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.
Peraltro, l’indagine diretta a stabilire se una dichiarazione costituisca riconoscimento, ai sensi dell’articolo 2944 cod. civ., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in cassazione se sorretto da corretta motivazione (Cass., n. n. 5549 del 2021).
Né può ritenersi una rinuncia tacita dell’Amministrazione, per effetto della preclusione di cui all ‘ art. 2937, primo comma, cod. civ., secondo cui non può rinunciare alla prescrizione chi non può disporre validamente del diritto; e non è senza rilievo, in proposito, che la Corte d’Appello in relazione al pagamento non dovuto correttamente ricorda che per l’Amministrazione non trova applicazione l’art. 2940, cod. civ., ma l’art. 3 del R.D.L. n. 295 del 1939.
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
Nulla sulle spese, avuto riguardo alla inammissibilità del controricorso tardivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/02/2025, nella camera di consiglio della