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Ricongiungimento familiare: estinzione per rinuncia

Un cittadino straniero ha avviato un ricorso d’urgenza per l’inerzia dell’amministrazione nel fissare un appuntamento per il ricongiungimento familiare, nonostante il possesso del nulla osta. A seguito del ricorso, l’amministrazione ha concesso l’appuntamento, inducendo il ricorrente a rinunciare agli atti. Il Tribunale ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali tra le parti a causa del comportamento processuale dell’amministrazione.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricongiungimento Familiare: Cosa Accade se l’Amministrazione Agisce Dopo il Ricorso?

Il diritto all’unità familiare è un principio fondamentale, ma spesso la sua attuazione si scontra con le lungaggini burocratiche. Un’ordinanza del Tribunale di Roma offre uno spaccato su come l’azione legale possa sbloccare situazioni di stallo, anche quando il processo si conclude prima di una sentenza di merito. Il caso in esame riguarda un ricongiungimento familiare e dimostra l’efficacia del ricorso d’urgenza come strumento di tutela.

I Fatti del Caso: Il Diritto al Ricongiungimento Familiare Ostacolato

Un cittadino marocchino, regolarmente residente in Italia, dopo aver ottenuto il nulla osta per il ricongiungimento familiare con la moglie e i figli in data 7 ottobre 2024, si trovava di fronte a un muro di silenzio. Nonostante avesse caricato correttamente tutta la documentazione sul portale dell’agenzia preposta, non riceveva alcuna convocazione per formalizzare la richiesta del visto presso l’ambasciata.

L’inerzia dell’amministrazione comprometteva il suo diritto all’unità familiare, costringendo i suoi cari a una prolungata e ingiustificata lontananza. Per questo motivo, in data 10 marzo 2025, decideva di presentare un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. al Tribunale, chiedendo di accertare il suo diritto e di ordinare all’ambasciata il rilascio dei visti.

L’Intervento del Giudice e la Svolta nel Procedimento

A seguito della notifica del ricorso, l’Amministrazione resistente si costituiva in giudizio l’11 aprile 2025. In quella sede, comunicava di aver finalmente fissato un appuntamento per il ricorrente per il giorno 16 maggio 2025. Con questa mossa, l’Amministrazione sosteneva che la materia del contendere fosse cessata, chiedendo la compensazione delle spese legali.

Preso atto dell’avvenuta fissazione dell’appuntamento, che di fatto soddisfaceva la sua richiesta principale, il ricorrente depositava una nota il 12 aprile 2025 con la quale rinunciava agli atti del giudizio. Il procedimento, quindi, si avviava verso la sua conclusione.

La Decisione del Tribunale: Estinzione e Compensazione delle Spese

Il Giudice, dopo aver verificato la regolarità della rinuncia (effettuata personalmente dal ricorrente con sottoscrizione autenticata dal difensore), ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La questione più interessante, tuttavia, riguarda la decisione sulle spese legali.

Nonostante la rinuncia del ricorrente, il Tribunale ha disposto l’integrale compensazione delle spese tra le parti. Ciò significa che ogni parte ha dovuto sostenere i propri costi legali, senza alcun addebito a carico del cittadino che aveva avviato la causa.

Le Motivazioni

La decisione di compensare le spese si fonda su due elementi principali. In primo luogo, il comportamento processuale dell’Amministrazione resistente: dopo la rinuncia del ricorrente, non ha depositato alcuna nota per l’udienza finale, dimostrando un disinteresse a proseguire. In secondo luogo, e più importante, il Giudice ha considerato la natura del diritto in gioco (l’unità familiare) e il fatto che l’azione dell’Amministrazione (la fissazione dell’appuntamento) è avvenuta solo dopo l’avvio della causa. In sostanza, è stato il ricorso a sbloccare la situazione, e sarebbe stato ingiusto addebitare le spese legali a chi è stato costretto ad agire in giudizio per tutelare un proprio diritto fondamentale.

Conclusioni

Questa ordinanza evidenzia un aspetto cruciale: l’azione legale, in particolare il ricorso d’urgenza, rappresenta uno strumento efficace per superare l’inerzia della Pubblica Amministrazione nelle pratiche di ricongiungimento familiare. Anche se il giudizio si conclude con una rinuncia agli atti, il suo avvio può essere determinante per ottenere il risultato sperato. La decisione di compensare le spese legali riconosce implicitamente che la necessità di adire il giudice è stata causata dal ritardo dell’Amministrazione stessa, riaffermando il principio che il cittadino non dovrebbe subire un danno economico per tutelare i propri diritti fondamentali.

Cosa succede se l’amministrazione concede un appuntamento per il visto di ricongiungimento familiare solo dopo l’avvio di una causa?
La richiesta principale del ricorrente viene soddisfatta, portando a una “cessazione della materia del contendere”. Di conseguenza, il ricorrente può rinunciare agli atti del giudizio, che verrà dichiarato estinto dal giudice.

In caso di rinuncia agli atti per avvenuta fissazione dell’appuntamento, chi paga le spese legali?
In questo caso, il Tribunale ha deciso di compensare le spese. Ciò significa che ogni parte sostiene i propri costi. La motivazione risiede nel fatto che è stata l’inerzia iniziale dell’amministrazione a costringere il cittadino a iniziare la causa, rendendo ingiusto addebitargli i costi.

Per rinunciare a un giudizio è sufficiente una comunicazione dell’avvocato?
No. L’art. 306 del codice di procedura civile richiede che la rinuncia sia fatta dalla parte personalmente o da un procuratore munito di un mandato speciale. Nel caso specifico, la rinuncia è stata ritenuta valida perché effettuata personalmente dal ricorrente con firma autenticata dal proprio avvocato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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