Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6230-2022 proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME ;
– intimato –
avverso la sentenza n. 441/2021 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/09/2021 R.G.N. 175/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/09/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
Licenziamento
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 11/09/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Torino, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato il licenziamento disciplinare intimato il 18.7.2018 a NOME dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e a pagargli un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, nei limiti di dodici mensilità, dedotto quanto il lavoratore aveva percepito per lo svolgimento di altra attività lavorativa, oltre rivalutazione e interessi;
in sintesi, la Corte territoriale ha premesso che le assenze contestate al lavoratore erano state ritenute ingiustificate dall’azienda in relazione al rifiuto del sig. NOME, perdurante sino alla lettera di addebito del 27.6.2018, di adempiere al trasferimento a Vercelli, trasferimento qualificato come tale sia nella nota del 21 giugno che lo disponeva sia nell’ambito del procedimento disciplinare successivamente instaurato; ha, tuttavia, ritenuto che le tre assenze in questione (del 25, 26 e 27 giugno 2018) risultassero giustificate in quanto il 25 giugno il lavoratore era da considerare ancora in ferie e, per quanto riguardava i due giorni residui, il trasferimento -così come qualificato dallo stesso datore di lavoro -era in violazione del termine di preavviso di un mese previsto dalla disciplina collettiva applicabile sicché ‘il rifiuto del lavoratore di eseguire detto provvedimento, accompagnato da una valida offerta di e seguire la prestazione,’ dava luogo ‘ad una legittima eccezione di inadempimento, con l’ulteriore conseguenza che la condotta posta a fondamento del licenziamento’ doveva considerarsi ‘insussistente’;
la Corte ha, invece, confermato la decisione di prime cure nella parte in cui era stata ritenuta ‘infondata la domanda risarcitoria avanzata dall’azienda per avere il dipendente, in data 8.1.2018, provocato lo scongelamento della merce contenuta nella cella frigorifera del mezzo dal medesimo condotto’;
detta domanda era fondata sulla dichiarazione sottoscritta dal sig. NOME, con cui quest’ultimo si era attribuito la responsabilità del fatto, ma -secondo la Corte il Tribunale aveva ‘motivato la reiezione della domanda risarcitoria anche in relazione al difetto di deduzioni, anche probatorie, poste a suo sostegno’, sicché il danno non poteva dirsi provato perché il COGNOME non aveva ‘mai dedotto né allegato di aver ricevuto una richiesta risarcitoria dal cliente interessato ovvero di aver effettuato un pagamento a tale titolo e in quale misura’;
avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE omonima, con cinque motivi; non ha svolto attività difensiva l’intimato; parte ricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 33 c. 6 CCNL Logistica e RAGIONE_SOCIALE in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, in quanto la sentenza impugnata ‘ha ritenuto trattarsi di un trasferimento in senso tecnico, desumendolo dal testo della lettera di licenziamento, e ritenendolo in quanto tale illegittimo, applicando in modo errato
i concetti di unità produttiva e di trasferimento in rapporto alla concreta fattispecie non essendoci nessuna altra unità produttiva ma solo dei magazzini di proprietà dei clienti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE dove gli autisti si limitavano a caricare i camion per le consegne e pertanto nessun effettivo trasferimento ma solo una diversa organizzazione del lavoro rientrante nei poteri del datore di lavoro’;
1.2. col secondo mezzo si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 1460, 1175 e 1176 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, ‘in quanto la Corte d’Appello ha considerato legittimo il rifiuto di rendere la prestazione lavorativa ritenendo sussistente un trasferimento qualificato come illegittimo e conseguentemente ha ritenuto legittima l’offerta della prestazione lavorativa’;
1.3. il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli art. 34 lett. C) punto 1 del CCNL Logistica e art. 3, comma 2, D. Lgs. 23/15, ‘in quanto la Corte, affermata l’illegittimità del trasferimento, menziona le sole giornate di lavoro contestate nella lettera di addebiti in rapporto all’art. 32 lett. C) punto 1 del CCNL ove si dispone che il licenziamento possa essere disposto per l’assenza ingiustificata di almeno quattro giorni, senza valutare che l’assenza deriva dal rifiuto della prestazione e in quanto tale si è protratta fino al licenziamento e rappresenta una vera e propria insubordinazione ed un illegittimo rifiuto a rendere la prestazione lavorativa, da cui non piò discendere l’illegittimità del licenziamento con le conseguenze di cui all’art. 3 c.2 D.lgs. 23/15 , come invece ritenuto dalla Corte d’Appello’; 1.4. con il quarto motivo si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 1988, 2730, 2735 e 2697 c.c., con riferimento all’appello incidentale ed alla domanda di risarcimento del danno avanzata dal COGNOME contro il
dipendente atteso che ‘la Corte non ha ritenuto provata la responsabilità ed il danno conseguente al riconoscimento di debito (…) con cui il lavoratore aveva ammesso di aver scongelato per distrazione una cella frigo e cagionato un danno di circa 7000,00 euro, onerando, al contrario il danneggiato e promissario del relativo onere probatorio’;
1.5. col quinto motivo, formulato in via subordinata rispetto al precedente, si censura l’impugnata sentenza per violazione degli artt. 2730, 2735 c.c. e 115 c.p.c., in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., ‘in quanto la Corte ha omesso di considerare quale confessione stragiudiziale il documento contenente l’assunzione di responsabilità (…) come tale di considerarlo prova dei fatti in esso contenuti nonché della quantificazione dei danni riportati con ciò violando gli art. 2730 e 2735 c.c. ed il loro valore di prova legale del predetto documento di riconoscimento sottoscritto dal lavoratore in rapporto all’art. 115 c.p.c., con ciò viziando la gravata sentenza di un profilo di nullità in rapporto al carattere di decisività di tale documento’;
i primi tre motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto convergono nel censurare l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento annullato dalla Corte territoriale, non meritano accoglimento;
gli stessi, infatti, non si confrontano adeguatamente con l’effettivo fondamento del decisum che non si rinviene nell’applicazione dell’art. 2103 c.c., ovvero in una errata interpretazione di tale disposizione da parte dei giudici di appello, quanto piuttosto nella dichiarata determinazione datoriale di aver operato un trasferimento, che ha ingenerato l’affidamento del lavoratore, il quale secondo la Corte -non avrebbe potuto ‘discostarsi da tale formale qualificazione alla quale (…) il datore di lavoro deve intendersi vincolato’, e che ha
legittimato la conseguente condotta concretante una eccezione di inadempimento dell’NOME;
per altro verso è infondata la pretesa di parte ricorrente di voler tenere conto, per sostenere la legittimità del licenziamento, delle giornate successive alle tre oggetto di specifica contestazione, per cui la Corte territoriale correttamente ha accolto il motivo di gravame con cui si evidenziava che, secondo il CCNL applicato in azienda, perché l’assenza ingiustificata potesse costituire giusta causa di recesso la stessa doveva protrarsi per almeno quattro giorni;
è, invece, fondato il quarto motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE, concernente la domanda di condanna risarcitoria per i danni cagionati dall’autista in data 8 gennaio 2018;
3.1. tale domanda poneva a suo fondamento la scrittura avente il seguente tenore testuale:
‘Io sottoscritto NOME nato a Cosenza il DATA_NASCITA dipendente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in data 8.1.18 durante il giro di consegne effettuato per conto MARR SCAPA durante lo scarico a Malpensa spegnevo il frigo e scongelavo tutta la merce del cliente per un totale circa di 7000 € di danni alimentari. Mi ritengo unico responsabile del danno cagionato. In fede NOME‘;
la Corte piemontese, senza disconoscere la natura di riconoscimento del debito di tale dichiarazione unilaterale, che può sussistere ai sensi dell’art. 1988 c.c. anche quando nel contesto di un unico documento coesista una confessione di fatti pertinenti al rapporto fondamentale (cf. Cass. n. 23246 del 2017), ha respinto la pretesa del creditore sull’assunto che ‘il Sig. COGNOME non ha circostanziato l’accadimento né svolto alcuna allegazione, anche probatoria, sull’esistenza e quantificazione del danno’;
3.2. tuttavia, l’effetto tipico della ricognizione di debito ex art. 1988 c.c. è proprio l’astrazione meramente processuale della causa debendi , comportante una relevatio ab onere probandi per la quale il destinatario della ricognizione è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (tra molte Cass. n. 2091 del 2022);
grava pertanto sul dichiarante e non sul destinatario della dichiarazione provare che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull’obbligazione derivante dal riconoscimento (v. Cass. n. 15575 2000);
peraltro, il creditore destinatario della dichiarazione non aveva interesse ad allegare e provare il rapporto fondamentale, atteso che, allorquando il beneficiario, nell’azionare il credito, deduca, oltre alla promessa di pagamento o alla ricognizione del debito, il rapporto ad essa sottostante, chiedendo “sua sponte” di provarlo, può incorrere nella implicita rinuncia al vantaggio della dispensa dell’onere della prova del rapporto fondamentale, derivante dall’effetto di astrazione processuale prodotto dalla promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c. (cfr. Cass. n. 14773 del 2019);
pertanto, la censura in esame deve essere accolta, con assorbimento del quinto mezzo in quanto proposto in via subordinata nel caso di mancato accoglimento del motivo precedente;
conclusivamente, respinti i primi tre motivi di ricorso, va accolto il quarto e deve essere dichiarato assorbito il quinto, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si
uniformerà a quanto statuito, liquidando le spese all’esito della nuova delibazione dell’appello;
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto e dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 settembre