Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15764 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15764 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14467-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME quali eredi di NOME COGNOME, domiciliati ‘ ex lege ‘ presso l ‘ indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
ricorrenti –
contro
COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ Avvocato NOME COGNOME ma domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’ indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
contro
ricorrente –
Oggetto
INDEBITO ARRICCHIMENTO
Ricognizione di debito – Caratteri
R.G.N. 14467/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 15/1/2025
Adunanza camerale
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
Avverso la sentenza n. 837/23, della Corte d ‘ appello di Milano, depositata in data 09/3/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza camerale del 15/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME, tutti quali eredi del padre NOME COGNOME, ricorrono, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 837/23, del 9 marzo 2023, della Corte d ‘ appello di Milano, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 4460/21, del 24 maggio 2021, resa dal Tribunale della stessa città – ha confermato il rigetto dell ‘ opposizione, proposta dal loro dante causa, avverso il provvedimento monitorio che gli aveva ingiunto il pagamento, in favore di NOME COGNOME della somma di € 260.00,00, in f orza di scrittura privata , datata ‘aprile 2014’, ritenuta da ambo i giudici di merito quale riconoscimento di debito in favore del NOME.
Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti che, oppostosi il loro genitore al suddetto decreto ingiuntivo, il COGNOME si costituiva in giudizio e che il medesimo – dopo aver inizialmente sostenuto che il suo credito traesse origine da un finanziamento erogato a NOME COGNOME – mutava versione. Asseriva, infatti, l ‘ opposto che l ‘ importo richiesto costituiva il residuo di un maggiore credito di € 950.000,00, relativo alla restituzione di quanto da esso versato con assegni – dei quali, però, si rifiutava di dare copia, nonché persino di indicare il nominativo della banca trattaria (salvo successivamente produrre cambiali e assegni, a
suo dire tratti dal COGNOME a garanzia della propria obbligazione restitutoria) – per l ‘ acquisto, poi non realizzatosi, di un compendio immobiliare.
Oltre a contestare la versione dei fatti del Sisto, l ‘ opponente operava il disconoscimento della firma e del contenuto del suddetto documento, posto alla base del ricorso per ingiunzione.
Espletata consulenza tecnica d ‘ ufficio per accertare l ‘ autenticità della sola sottoscrizione (mentre veniva rigettata l ‘ istanza del COGNOME affinché si desse corso ad un ‘ indagine bancaria, per l ‘ individuazione dei conti intestati ad esso e al Sisto, in modo da poter riscontrare, con l ‘ ausilio dell ‘ anagrafe tributaria, l ‘ esistenza, dal lato attivo e passivo, dell ‘ asserito pagamento), l ‘ esito del primo grado di giudizio, avendo l ‘ ausiliario accertato l ‘ autenticità della firma, consisteva nel rigetto dell ‘ opposizione.
Esperito gravame dagli eredi del COGNOME, il giudice d ‘ appello lo rigettava.
Avverso la sentenza della Corte ambrosiana hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi COGNOME in base – come detto – a sei motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988, 1460 e 2697 cod. civ., per non avere la Corte considerato che la presunzione e la dispensa iniziale dell ‘ onere della prova connessi alla ricognizione di debito vengono meno: a) quando l ‘ esistenza del rapporto sottostante sia contestata e negata; b) quando in ogni caso ed in aggiunta ne sia contestato l ‘ adempimento da parte dall ‘ asserito creditore.
3.2. Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1324, 1327 e 1328 cod. civ., avendo la
Corte disatteso il principio secondo il quale la ricognizione di debito, ancorché atto unilaterale, deve essere connotata dalla ‘ direzionalità ‘ , non essendo essa equivalente ad uno scritto anonimo e non diretto al destinatario e quindi non legittimamente entrato nella sua sfera di disponibilità.
3.3. Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24, comma 2, Cost., 2697 cod. civ., 88, 113, 115 e 116, comma 2, cod. civ., nonché dell ‘ art. 1460 cod. civ., avendo la Corte omesso di considerare che, negata l ‘ esistenza e l ‘ adempimento dell ‘ allegato rapporto sottostante la ricognizione di debito: a) il resistente ha scientemente ostacolato la prova dell ‘ adempimento da parte sua; b) ai ricorrenti è stata preclusa la sola prova possibile circa il fatto negativo (i.e. mancato pagamento di Lire 950.000.000).
3.4. Il quarto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione della legge 5 luglio 1991, n. 197 in tema di antiriciclaggio, avendo la Corte disatteso il principio della tracciabilità obbligatoria dei pagamenti sovrasoglia, in difetto dell ‘ ordine/autorizzazione del Giudice di accesso alla banca dati dei rapporti finanziari quanto alle posizioni del Sisto e del COGNOME.
3.5. Il quinto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di prova, e così: a) del disposto dell ‘ art. 2727, comma 2, cod. civ., che richiede che la presunzione semplice derivi da indizi precisi, gravi e concordati, e ciò per aver ritenuto ‘desumibile’ in via indiziaria la prova del pagamento da parte del resistente NOME di Lire 950.000.000; b) degli artt. 214 e ss. cod. proc. civ., per avere la Corte utilizzato ai fini della decisione documenti disconosciuti anche quanto al contenuto e non verificati su di esso; c) del principio di continuità
della prova, che ai fini dell ‘ attendibilità della prova testimoniale ne richiede la plausibilità nel suo insieme; d) del principio del rispetto del contraddittorio nell ‘ ambito della CTU, in relazione alla mancata risposta alle doglianze avverso di essa ‘riepilogate alle pagg. 4449 della conclusionale di appello’.
3.6. Infine, il sesto motivo denuncia nullità della decisione, essendo la motivazione ‘ aberrante ‘ , per avere la Corte territoriale, all ‘ evidenza, confuso le parti processuali e la questione da decidere e riflettendo tale errore anche sulle prove ammesse, su quelle non ammesse e sulla valutazione di ammissibilità.
Ha resistito all ‘ avversaria impugnazione, con controricorso, il COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
In relazione al presente ricorso è stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ., nel senso della sua inammissibilità.
Il ricorrente ha richiesto la decisione del collegio ai sensi del comma 2 del medesimo art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ., sicché la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9. Il ricorso – peraltro, di dubbia ammissibilità, a norma dell ‘ art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., in ragione della mancata riproduzione, nello stesso, del documento recante la ricognizione di debito oggetto di causa (non potendo tale carenza superarsi, come, invece, sostenuto dai ricorrenti nell ‘ istanza di decisione collegiale, in forza di quanto risultante dalla sentenza impugnata, giacché ‘i requisiti di contenuto -forma previsti, a pena di inammissibilità, dall ‘ art. 366, comma 1, cod. proc. civ., nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso’; cfr. Cass. Sez. 5, sent. 13 novembre 2018, n. 29093, Rv. 651277-01) – reca motivi che risultano inammissibili o manifestamente infondati.
9.1. Il primo motivo è manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile, ex art. 360bis cod. proc. civ..
Affermare, infatti, che basti la ‘contestazione’ del rapporto che ha dato origine al rapporto obbligatorio oggetto di riconoscimento (ovvero, quando il debito oggetto della ricognizione abbia – come nella specie – natura restitutoria, del pagamento che dà titolo alla retroversione di quanto corrisposto) equivale, infatti, a sovvertire l ‘ astrazione processuale che commota la fattispecie di cui all ‘ art. 1988 cod. civ.
Invero, come recentissimamente ribadito da questa Corte, la ricognizione di debito ‘non costituisce un’ autonoma fonte di obbligazione ma determina un ‘ astrazione meramente processuale della causa debendi che si traduce nell ‘ inversione dell ‘ onere della prova circa l ‘ esistenza del rapporto fondamentale, incombendo sull ‘ autore della ricognizione l ‘ onere di allegare e provare che tale
rapporto non è mai sorto o è invalido o si è estinto’ (Cass. Sez. 3, ord. 10 dicembre 2024, n. 31818, Rv. 672930-01).
9.2. Il secondo motivo è anch ‘ esso manifestamente infondato e, pertanto, nuovamente inammissibile ex art. 360bis cod. proc. civ..
9.2.1. I ricorrenti ipotizzano la necessità di un attributo – la ‘direzionalità’ – che la ricognizione di debito non presenta affatto, essendo sufficiente che essa individui i soggetti del rapporto obbligatorio e l ‘ oggetto della stessa. Non irrilevante, d ‘ altra parte, in questa stessa prospettiva, è anche la circostanza che neppure ai fini dell ‘ interruzione della prescrizione sia stato riconosciuto alla ricognizione di debito carattere di atto recettizio, bastando che essa sia rivolta ad un terzo ovvero alla generalità (Cass. Sez. 1, sent. 1° giugno 1991, n. 6203, Rv. 472476-01; Cass. Sez. 2, sent. 15 aprile 2024, n. 7143, Rv. 572069-01).
9.3. Il terzo motivo è egualmente inammissibile.
9.3.1. Qualora il mezzo di prova richiesto – del quale, per vero, non si chiarisce neppure l ‘ esatta natura, ciò che già connota in termini di inammissibilità il presente motivo – si dovesse intendere come ordine di esibizione, dovrebbe darsi corso al principio secondo cui ‘l’ emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell ‘ istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l ‘ iniziativa della
parte istante non abbia finalità esplorativa’ (Cass. Sez. 3, ord. 8 ottobre 2021, n. 27412, Rv. 662416-02). Nella specie, l’inusitata ampiezza dello spettro delle indagini affidate al mezzo in esame ne rende evidente il carattere meramente esplorativo.
9.4. Il quarto motivo è inammissibile per difetto di specificità.
9.4.1. Difatti, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge (nella specie, prospettato con riferimento alla normativa antiriciclaggio), ‘giusta il disposto dell’ art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., dev ‘ essere dedotto, a pena d ‘ inammissibilità, non solo con l ‘ indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l ‘ interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (Cass. Sez. 3, ord. 26 luglio 2024, n. 20870, Rv. 671836-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 28 ottobre 2020, n. 23745, Rv. 659448-01).
9.5. Il quinto motivo è inammissibile, perché sollecita una non consentita rivalutazione degli elementi fattuali posti dal giudice di merito a fondamento della propria decisione.
9.5.1. Va, pertanto, ribadito che il ricorrente per cassazione ‘non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l ‘ apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall ‘ analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé
coerente, atteso che l ‘ apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell ‘ ambito di quest ‘ ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l ‘ esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all ‘ uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ (Cass. Sez. 5, ord. 22 novembre 2023, n. 32505, Rv. 669412-01).
Inoltre, per quanto attiene alla pretesa mancata considerazione delle critiche rivolte alla CTU grafologica, la censura è pure inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 6), visto che tali critiche neppure sono riprodotte in ricorso. Infatti, secondo quanto affermato da questa Corte, ‘la parte che lamenti l ‘ acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d ‘ ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l ‘ operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l ‘ onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l ‘ apprezzamento dell ‘ incide nza causale del difetto di motivazione’ (Cass. Sez. 3, ord. 13 luglio 2021, n. 19989, Rv. 661839-01).
9.6. Il sesto motivo è manifestamente infondato.
9.6.1. Al di là di un mero ‘ lapsus calami ‘ ( l ‘ uso del termine appellato, in luogo di appellante), la sentenza è perfettamente chiara nell ‘ affermare quale dovesse essere – in conformità con l ‘ astrazione processuale, che caratterizza la fattispecie di cui all ‘ art. 1988 cod. civ. – la distribuzione tra le parti degli oneri probatori.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate, a carico solidale dei ricorrenti per l’evidente identità della loro posizione processuale, come da dispositivo, con esclusione degli esborsi, giacché non richiesti nella nota di parte.
Inoltre, essendo stato il presente giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., trovano applicazione le previsioni di cui ai commi 3 e 4 dell ‘ art. 96 cod. proc. civ.
Va, pertanto, disposta – ai sensi della prima delle due previsioni normative testé richiamate – la condanna dei ricorrenti al pagamento della somma di €. 7.700,00 in favore di NOME COGNOME somma determinata in misura corrispondente a quella delle spese processuali.
In forza, invece, di quanto stabilito dalla seconda delle due citate previsioni normative, va, altresì, disposta la condanna dei ricorrenti al pagamento di un ‘ ulteriore somma di denaro alla Cassa delle ammende, somma che si reputa equo fissare, nella specie, nella misura massima di legge, pari a € 5.000,00.
A carico dei ricorrenti, stante il rigetto del ricorso, sussiste l ‘ obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all ‘ amministrazione giudiziaria (Cass.
Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido, a rifondere, a NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 7.700,00, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., condanna NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido, al pagamento della somma di €. 7.700,00 in favore di NOME COGNOME nonché di una ulteriore somma di €. 5.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all ‘ esito dell ‘ adunanza camerale della