Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16682 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16682 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11110-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.11110/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/04/2025
CC
avverso la sentenza n. 115/2024 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 29/02/2024 R.G.N. 309/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Agenzia delle Entrate -Riscossione impugna la sentenza n. 115/2024 della Corte d’appello di Bologna che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Forlì che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME avverso intimazione di pagamento, stante l’intervenut a prescrizione del credito INPS, essendo l’intimazione stata ricevuta il 3 febbraio 2022 ed essendo l’avviso di addebito presupposto stato notificato il 29 febbraio 2016.
Resiste NOME COGNOME con controricorso, illustrato da memoria.
Resiste altresì INPS con controricorso, in cui si rimette alla decisione della Suprema Corte in merito all’unico motivo di censura prospettato.
A seguito di richiesta di decisione depositata dall’Agenzia nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
ADER censura la sentenza per falsa applicazione degli artt. 1988 e 2944 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello escluso che l’istanza di accesso formulata dal contribuente il 12 ottobre 2021 potesse essere qualificata come ricognizione del debito, ideona ad interrompere il termine di prescrizione (applicando le sospensioni di cui al d.l. n. 18/2020 e d.l. n. 183/2020).
La proposta di decisione accelerata a seguito della quale ADER ha chiesto la decisione -insistendo, nella memoria depositata in vista dell’odierna adunanza camerale, per la trattazione in pubblica udienza con rimessione alle SSU -ha concluso per l’inammi ssibilità del ricorso per difetto di legitimatio ad causam , poiché le doglianze di cui al motivo vertono sul merito della pretesa dell’INPS, in relazione alla quale l’Agente della Riscossione non avrebbe azione, come già affermato, sulla scorta delle SSU n. 7514/2022, dal precedente di cui a Cass. n. 7372/2024, avente ad oggetto caso analogo, precedente che, a sua volta, richiama Cass. n. 18812/2022.
A prescindere dal profilo relativo alla sussistenza o meno in capo ad ADER della legittimazione ad agire ed in applicazione del principio processuale della ragione più liquida, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., è suscettibile di assicurare la definizione del giudizio una preliminare ragione di inammissibilità del motivo.
La censura si appunta sul rigetto del gravame avverso la statuizione del primo giudice in punto inidoneità ad interrompere la prescrizione di una istanza di accesso agli atti effettuata dal ricorrente in data 12/10/2021.
Si legge nella sentenza impugnata: «il motivo è infondato, occorrendo infatti dare atto dell’inidoneità dell’istanza di accesso a valere quale atto interruttivo della prescrizione, trattandosi di iniziativa finalizzata soltanto a prendere visione del contenuto della cartella esattoriale ivi indicata, senza alcun valore di riconoscimento di debito (v. documento in atti: ‘richiesta posizione debitoria Testo del messaggio Salve, la presente per chiedere copia della cartella esattoriale numero ….e mezzo di notifica della stessa. cordiali saluti’)».
La censura è nei seguenti termini: «giova ricordare come l’oggetto della predetta istanza di accesso del 12.10.2021 fosse la richiesta di copia dell’avviso di addebito e della relativa relata di notifica… in data 13.1.2021 alla stessa ha fatto seguito un r iscontro da parte dell’Amministrazione» (entrambi i documenti sono inseriti come parte integrante del ricorso in cassazione), la ricognizione «può assumere le più svariate forme, anche non negoziali, purchè si traduca nel riconoscimento da parte del dichiarante del proprio vincolo obbligatorio», potendo essere anche tacito e rinvenibile in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. Quindi la decisione è illegittima perché «la circostanza che l’istanza fosse diretta ad ottenere l’ostensione della cartella e della relata di notifica non esclude ma anzi conferma quella consapevolezza dell’esistenza del debito significativa della ricognizione del debito».
Il motivo così strutturato è inammissibile, essendo la valutazione sulla configurabilità di un atto quale ricognizione di debito una valutazione di fatto il cui merito non è sindacabile in questa sede.
Deve, infatti, ribadirsi che «è riservata al giudice del merito e sottratta al sindacato di legittimità l’indagine sul contenuto e sul
significato delle dichiarazioni della parte, al fine di stabilire se esse importino una ricognizione di debito ai sensi dell’art 1988 c.c. (Cass. n. 20422/2019; Cass. n. 1653/1975)» (Cass. n. 27485/2024). Ed ancora, ricorda Cass. n.8688/2025, richiamando il precedente di cui a Cass. n. 12735/2020, «l’indagine diretta a stabilire se una dichiarazione costituisca riconoscimento, ai sensi dell’articolo 2944 cod. civ., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in cassazione se sorretto da corretta motivazione». Di conseguenza, nella specie non appare censurabile la conclusione della Corte d’Appello secondo cui il contenuto dell’istanza non permetteva di reputare che vi fosse stato un chiaro riconoscimento del debito, trattandosi, invece, solo di iniziativa volta a prendere visione del contenuto dell’atto impositivo: la Corte trascrive il testo dell’istanza, i cui elementi di carattere letterale non rendono di per sé assolutamente implausibile l’esegesi che della stessa è stata fatta dalla Corte d’Appello, senza che, tra l’altro, sia stata allegata da parte ricorrente una violazione delle regole di ermeneutica
contrattuale.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità non fa seguito condanna alle spese nei confronti di INPS, che non ha preso posizione sul merito, mentre nei confronti di NOME COGNOME le spese seguono la soccombenza, secondo quanto liquidato in dispositivo.
Quanto al dictum dell’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ. che, richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 commi 3 e 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, deve osservarsi che «di una siffatta
ipotesi di abuso, già immanente nel sistema processuale, va esclusa una interpretazione che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, sicché l’applicazione in concreto delle predette sanzioni deve rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie (Sez.Un. n.36069 del 27.12.2023)» (Cass. n. 3961/2025), considerato altresì il tenore letterale del comma 3 dell’art. 96 cod. proc. civ. in forza del quale che il Giudice, quando condanna alle spese ex art. 91 cod. proc. civ., ha la facoltà, e non l’obbligo, di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte.
Tanto premesso, n ell’ipotesi in esame, si rinviene idonea ragione per discostarsi dalla suddetta previsione legale essendo il giudizio definito sulla base di profili di inammissibilità diversi rispetto a quanto evidenziato nella proposta di definizione accelerata (v. Cass. n. 10982/2025).
Attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere a NOME COGNOME le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 3000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 aprile 2025.