Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28735-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOMEc/o RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
Oggetto
R.G.N. 28735/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 13/11/2024
CC
ricorrente principale -controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 204/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 26/03/2019 R.G.N. 715/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Salerno accoglieva la domanda dell’attuale ricorrente incidentale volta a far accertare il rapporto di lavoro agricolo per 23 giornate nell’anno 2012 alle dipendenze dell’azienda RAGIONE_SOCIALE con iscrizione negli elenchi bracciantili; dichiarava, inoltre, cessata la materia del contendere in merito all’iscrizione per 46 giornate nell’anno 2012 per la prestazione resa per RAGIONE_SOCIALE; compensate per intero le spese del doppio grado (così in motivazione), del secondo grado (così in dispositivo).
In particolare, riteneva la Corte di merito che la riclassificazione operata dall’Inps con verbale di accertamento con cui si ascriveva la predetta società al settore industriale, e non più a quello agricolo, non pregiudicasse la posizione previdenziale della lavoratrice per le prestazioni effettuate prima della riclassificazione.
Avverso la sentenza, l’Inps ricorre per un motivo; NOME resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un motivo avvero il quale l’INPS ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso principale l’Inps deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.3, co. 8 L. n.335/95, degli artt. 1, 2, 3, 4 L. n. 352/78 e 44-bis d.l. n. 269/03,
conv. con mod. dalla L. n. 326/03, per avere la Corte d’appello negato effetto retroattivo all’inquadramento nel settore industriale, a fronte dell’accertamento ispettivo relativo all’omessa comunicazione di circostanze attinenti alla prevalenza dell’attività aziendale, non agricola, ma industriale. Sostiene l’Inps che anche tale ipotesi andava ricondotta alla retroattività voluta dall’art. 3, co. 8 L. n. 335/95.
Il motivo è infondato.
L’orientamento ormai costante di questa Corte (Cass. 568/22, Cass. 5541/21, Cass. 14257/19, Cass. 3460/18, Cass. 4521/06), cui va data continuità, e che ha superato il precedente di Cass. 8558/14, afferma che la regola generale posta dall’art. 3, co. 8 L. n. 335/95 è quella per cui i provvedimenti dell’Inps di variazione della classificazione ai sensi dell’art. 49 L. n. 88/89 non hanno efficacia retroattiva e producono i loro effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione.
Tale regola vale quand’anche la riclassificazione sia svolta d’ufficio dall’Inps in caso di omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività; la retroattività è limitata, secondo la lettera della norma, alla sola ipotesi di un inquadramento iniziale errato poiché determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro.
L’orientamento appena citato resiste alle critiche avanzate col motivo di ricorso, poiché, come già rilevato da Cass. 568/22, la predetta lettura dell’art. 3, co. 8 L. n. 335/95 meglio si giustifica alla luce della ratio della norma, tesa a favorire la certezza nel rapporto contributivo, che ha ripercussioni sul bilancio dell’istituto e sulle posizioni previdenziali dei singoli lavoratori.
La retrodatazione degli effetti del nuovo inquadramento, inoltre, deve essere controbilanciata dall’esigenza dell’impresa a non essere soggetta a obbligazioni per periodi ormai passati.
La Corte d’appello, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede se non nei limiti dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., ha affermato che nessuna inveritiera dichiarazione fu comunicata all’Inps dall’azienda, sia in ordine all’attività industriale sia in ordine a quella agricola.
Se così è, in base alla richiamata giurisprudenza di legittimità, alla quale va aggiunta, da ultimo, Cass. n.13086/2024, riferita alla medesima società, la variazione operata dall’Inps ha effetto ex nunc, secondo corretta statuizione della Corte d’appello.
Conclusivamente il ricorso principale va rigettato.
Del pari è da rigettare il ricorso incidentale con il quale la parte ricorrente incidentale si duole della compensazione delle spese del doppio grado, deducendo, con unico motivo, violazione di legge ed erronea valutazione dei fatti di causa.
Questa Corte, in tema di spese giudiziali, ha affermato che le “gravi ed eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione applicabile “ratione temporis”, introdotta dalla L. n. 69 del 2009, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 9977 del 2019).
La motivazione resa dalla Corte d’appello, con riferimento al parziale accoglimento del gravame e al diverso esito decisorio, alla stregua dell’art. 92, comma 2, ratione temporis applicabile (il ricorso originario era stato proposto
nel 2013) è tuttavia censurata con la richiesta di un’inammissibile riconsiderazione dei fatti di causa che trasmoda nel preteso riesame del merito e dello svolgimento del giudizio senza, peraltro, censurare, specificamente, la ratio decidendi poggiata sul ‘parziale accoglimento del gravame e il diverso esito decisorio’ (pag.15 sentenza impugnata).
Il rigetto di entrambi i ricorsi consiglia la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi; spese compensate. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico di entrambe le parti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso principale e il ricorso incidentale ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 novembre