Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31892 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31892 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10992 -2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 256/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/03/2018 R.G.N. 442/2014;
Oggetto
R.G.N. 10992/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di prime cure, e per quanto rileva in questa sede, ha ridotto l’importo di una delle cartelle opposte (n.740388/97) e rigettato i ricorsi proposti avverso plurime cartelle e decreto ingiuntivo per differenze premi dovuti per la riclassificazione operata dall’INAIL, sanzioni e accessori;
all’esito di ampia e complessa consulenza tecnica d’ufficio, la Corte di merito ha svolto ampia disamina ed accertato la correttezza della riclassificazione operata dall’INAIL in riferimento a due diverse lavorazioni (l’estrazione del tannino dal legno e la produzione di pannelli duri in fibra di legno) con conseguente applicazione del tasso medio ponderato del 95 per mille;
avverso tale sentenza ricorre Il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con ricorso affidato a due motivi con i quali si duole di violazione dell’art. 4 d.m.18.5.1988 e vizio motivazione per avere la Corte di merito aggiunto un propria erronea pre supposizione non logica per interpretare l’impianto classificatorio analitico e non suscettibile di interpretazione ed avere negato l’esistenza di lavorazioni ove non si utilizza alcun legante ed avere incluso dette lavorazioni tra le agglomerazioni che prevedono leganti minerali; con il secondo mezzo, dedotto nei plurimi paradigmi dei vizi di legittimità, si chiede un riesame delle carte processuali e delle prove;
l’INAIL ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO CHE
il ricorso è da rigettare;
entrambi i motivi, in disparte la devoluzione contestuale dei paradigmi dei vizi di legittimità, eludono di richiamare le tariffe
ritenute più corrette rispetto a quelle applicate dalla Corte merito, costituenti, come da costante giurisprudenza di legittimità, norme di riferimento nell’applicazione del premio, e si risolvono nell’inammissibile richiesta di riesame del merito e dell ‘apprezzamento delle risultanze istruttorie;
invero come costantemente affermato da questa Corte (per tutte Cass. n. 10114/2022) l’art. 40, comma 10, del Testo Unico di cui al d.P.R. 30 giugno 1965, nr. 1124, prevede che le tariffe dei premi e dei contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le relative modalità di applicazione sono approvate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale su delibera dell’INAIL;
i decreti ministeriali con i quali, ai sensi dell’art. 40 del Testo Unico, si approva la tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e si determinano le relative modalità di applicazione, hanno natura di regolamenti delegati e come tali sono atti di normazione secondaria, dotati di rilevanza esterna, suscettibili di ricorso in cassazione ex art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. nonché di esame diretto e di interpretazione da parte della Corte di legittimità (Cass. nr. 16547 del 2005; Cass. nr. 16586 del 2010), con applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (Cass. nr. 20898 del 2007; Cass. nr. 9034 del 2012);
in attuazione del citato art. 40, le tariffe sono state approvate, per quanto qui rileva, con d.m. 12 dicembre 2000, recante non soltanto le tabelle di classificazione delle diverse lavorazioni, con i corrispondenti tassi di tariffa, ma altresì le disposizioni sulle «Modalità per l’applicazione delle tariffe» (c.d. M.A.T.), i cui principi fondamentali, per quello che qui solo interessa, possono così riassumersi: a) «le tariffe dei premi sono ordinate secondo una classificazione tecnica di lavorazioni divise in dieci
grandi gruppi, di norma articolati in gruppi, sottogruppi e voci» (art. 1, comma 2, d.m. 12.12.2000, cit.); b) «agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi» (art. 4, d.m. cit.); c) «le lavorazioni sono classificate, secondo i criteri indicati nell’articolo 4, alla corrispondente voce della tariffa relativa alla gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro» (art. 5, comma 1, d.m. cit.). d) «se un datore di lavoro esercita un’attività complessa, articolata in più lavorazioni espressamente previste dalla tariffa della relativa gestione, la classificazione delle lavorazioni è effettuata applicando, per ciascuna lavorazione, la corrispondente voce di tariffa, il relativo tasso medio, eventualmente ridotto o aumentato ai sensi degli artt. da 19 a 25» (art. 6, comma 1, d.m. cit.);
la disciplina legale del rapporto assicurativo INAIL è fondata sulla necessaria corrispondenza tra l’entità del premio pagato dal datore di lavoro e l’esposizione del lavoratore al rischio, corrispondenza che deve improntare l’interpretazione della tariffa nelle ipotesi dubbie e che, trattandosi comunque di un’assicurazione, il premio per essa pagato è tendenzialmente in funzione del rischio assicurato, (cfr., per tutte, Cass. S.U. 7853/2001; v. pure, tra cui Cass. n.16688 del 2017; 7/3/2013, n. 5649);
in definitiva, nella conduzione dell’indagine demandatale, la Corte di appello ha tenuto presente l’indicato principio di diritto e la sentenza impugnata è pertanto immune da censure; le spese seguono la soccombenza;
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 20.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 luglio 2024