Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20462 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5023/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOMENOME COGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
contro
COGNOME
NOME
NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 503/2023 depositata il 07/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In causa relativa a pretesa di qualifica superiore e differenze retributive di una lavoratrice di tabaccheria, proseguito nei confronti degli eredi della ditta individuale, all’esito di giudizio di rinvio deciso dopo Cass. 1926/20, la Corte d’appello dell’Aquila con sentenza del 7.12.23 ha dichiarato tardiva la riassunzione, fatta con citazione ed oltre il termine ex art. 392 c.p.c..
Avverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per sei motivi, cui resiste controparte con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso (che essenzialmente censurano per vari profili l’affermazione di tardività del ricorso in riassunzione) vanno tutti disattesi, essendo corretta la statuizione della corte territoriale, posto che la riassunzione andava fatta con ricorso, essendo la causa regolata dal rito del lavoro, da depositarsi entro tre mesi
(termine perentorio), con relativa iscrizione a ruolo, dalla data di deposito dell’ordinanza della Cassazione (e non dalla data di comunicazione alle parti), avvenuta il 28.1.21, laddove il deposito operato dalla parte della citazione in riassunzione in data 30.4.21 era tardiva, con conseguente estinzione del giudizio rilevabile d’ufficio dal giudice.
In particolare, ha già precisato questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 5777 del 12/04/2012, Rv. 622312 -01) che, in caso di annullamento con rinvio, ove la sentenza di cassazione qualifichi la causa univocamente, seppur implicitamente, come controversia di lavoro, in quanto la sentenza sia pronunciata dalla Sezione lavoro della Corte, nonché riferita alla “remunerazione” del prestatore d’opera e alla contrattazione collettiva di settore, la riassunzione davanti al giudice di rinvio deve seguire il rito del lavoro, essendo quindi tardiva se eseguita con atto di citazione depositato in cancelleria oltre il termine ex art. 392 cod. proc. civ., a nulla rilevando l’anteriore notifica alle parti.
Secondo Sez. 1 – , Ordinanza n. 29204 del 13/11/2018 (Rv. 651478 – 01), il “dies a quo” del termine trimestrale per la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, ex art. 392 c.p.c., decorre, sia che la Corte di cassazione decida con sentenza che con ordinanza, dal deposito in cancelleria del provvedimento, non potendosi attribuire alcun rilievo al tenore letterale dell’art. 392 c.p.c., in quanto non coordinato con le modifiche successivamente apportate all’art. 375 c.p.c. – che ha previsto i casi in cui la Corte di cassazione può decidere con ordinanza in camera di consiglio – in ragione della natura pienamente decisoria che caratterizza entrambi i provvedimenti, che si distinguono solo per essere assunti all’esito di diverse modalità di sviluppo dell’iter di decisione del ricorso.
Il Collegio ritiene che la su riferita ragione della decisione sia la più liquida e dia ragione del rigetto del ricorso nel merito, senza che
occorra soffermarsi sulla diversa questione, proposta in giudizio dal controricorrente, circa l’improcedibilità del ricorso per cassazione tardivamente depositato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 3.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2025.