Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2028 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 2028 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 20683/2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
Controricorrente –
Nonché contro
Sanzioni amministrative
PROCURA GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE, PROCURA GENERALE PRESSO CORTE APPELLO FIRENZE.
– Intimate –
E sul ricorso iscritto in pari data proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Nonché contro
PROCURA GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE, PROCURA GENERALE PRESSO CORTE APPELLO FIRENZE.
– Intimate –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 350/2021 depositata il 10/02/2021.
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 9 gennaio 2024.
Udito il AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udit o l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito l’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la quale non è parte di questo giudizio di legittimità) hanno proposto distinti atti di opposizione ex art. 195, d.lgs. n. 58 del 1998, avverso la delibera sanzionatoria n. 18886 del 18/04/2014 della RAGIONE_SOCIALE, che applicava loro, nella qualità di membri del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Banca Monte dei Paschi di Siena, sanzioni amministrative pecuniarie , ai sensi dell’art. 191, TUF, per carenze informative del prospetto di offerta al pubblico delle azioni della banca rinvenienti di un aumento di capitale.
La Corte d’appello di Firenze, riuniti i tre giudizi, nel contraddittorio della RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza in data 04/05/2015, ravvisata la natura lato sensu penale della sanzione inflitta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 7, TUF, che non prevedeva la trattazione del procedimento in udienza pubblica, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, ed ha disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Consulta.
La Corte costituzionale, con ordinanza n. 158 del 07/07/2017, ha ordinato la restituzione degli atti ai giudici rimettenti (le Corti d’appello di Genova e di Firenze) in quanto nel frattempo era entrato in vigore il d.lgs. n. 72 del 2015 che prevedeva la discussione in udienza pubblica dell’opposizione ai provvedimenti sanzionatori (art. 5, comma 15).
Gli opponenti, in data 23/05/2019, hanno depositato atto di riassunzione del giudizio sospeso facendo rilevare di non avere ricevuto l’avviso della cancelleria di definizione del giudizio costituzionale incidentale.
La Corte d’appello , disposta la prosecuzione del giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento della relativa eccezione
della RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per tar diva riassunzione.
La decisione della Corte di Firenze si fonda sui seguenti argomenti:
(a) la particolarità del giudizio, rispetto ad altre analoghe controversie già decise dallo stesso giudice, consiste nella circostanza che l’ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale non è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Ciò nonostante , è certo che l’ordinanza n. 158 del 2017 della Consulta ha deciso anche il giudizio di legittimità costituzionale promosso da questo giudice poiché, nella narrativa della decisione della Corte, si fa riferimento a due ordinanze di rimessione della Corte d’appello di Firenze, depositate il 04/05/2015, una delle quali è senz’altro quella pronunciata in questo giudizio (mentre l’altra, in pari data, riguarda l’opposizione alle sanzioni RAGIONE_SOCIALE proposta da NOME COGNOME e da NOME COGNOME COGNOME COGNOME, ed è stata pubblicata sulla G.U., prima serie speciale, n. 46 del 18/11/2015);
(b) è certo, dunque, che sia venuta meno la causa di sospensione necessaria del giudizio di opposizione, che deve proseguire, come hanno chiesto gli opponenti con istanza del 23/05/2019, che tuttavia è tardiva perché proposta oltre il termine perentorio di tre mesi decorrente da quando le parti hanno avuto conoscenza della cessazione della causa di sospensione;
(c) gli opponenti non hanno provato quando hanno avuto conoscenza dell ‘ ordinanza della Corte costituzionale n. 158 del 2017 ed è ragionevole ritenere che ciò sia avvenuto il 12/07/2017, quando la decisione della Consulta è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Rispetto a tale data l’istanza di prosecuzione del giudizio di opposizione del 23/05/2019, proposta quasi due anni dopo, è
senz’altro tardiva , e tanto basta per pronunciare l’estinzione del processo, a norma dell’art. 307, quarto comma, cod. proc. civ. ;
(d) non è condivisibile, infatti, la tesi degli opponenti secondo cui il termine perentorio per la riassunzione del giudizio non sarebbe cominciato a decorrere in mancanza della comunicazione, da parte della cancelleria, dell’esito del giudizio di legittimità , secondo l’insegnamento delle Sezioni unite (sentenza n. 4394 del 1996).
Questa ‘risalente’ pronuncia non è persuasiva perché, nella specie, condurrebbe all’incongrua conseguenza di una sospensione sine die del giudizio nel caso in cui la cancelleria ometta l’incombente informativo e nessuna delle parti si attivi spontaneamente per la riassunzione della lite, con palese lesione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo;
(e) del resto, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno certamente avuto conoscenza della decisione della Consulta, nell’ àmbito di altri procedimenti di opposizione che li riguardavano (in cui erano assistiti dagli stessi avvocati che li rappresentano in questo giudizio), nei quali la cancelleria aveva provveduto a pubblicare la decisione della Consulta nel fascicolo telematico in data 25/07/2017, al momento della ricezione degli atti dalla Corte costituzionale, rendendola in tal modo ‘visibile’ e conoscibile dalle parti del processo.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze hanno proposto distinti ricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME, sulla base di cinque motivi, sostanzialmente identici nei due ricorsi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I due ricorsi, contro la stessa sentenza, presentano motivi sostanzialmente identici e, quindi, le censure in essi contenute
vengono esaminate una volta soltanto facendo riferimento al ricorso di NOME COGNOME, con argomenti che valgono anche per i motivi di ricorso di NOME COGNOME.
1. Il primo motivo -(art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento. Artt. 295, 298, cod. proc. civ., art. 29 della legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 161 cod. proc. civ., artt. 111 e 24, Cost. -si fonda sull’assunto che, nel giudizio nel quale la Corte territoriale ha sollevato l’incidente di costituzionalità è stata omessa la pubblicazione nella Gazzetta U fficiale dell’ordinanza con la quale gli atti sono stati rimessi alla Consulta; non è stata pubblicata nella G.U. la decisione della Corte costituzionale, che probabilmente non ha mai emesso alcuna decisione, e, conseguentemente, la cancelleria del Giudice costituzionale non ha rimesso gli atti alla Corte di Firenze, come prescritto dall’art. 29, legge n. 87 del 1953.
Svolta questa premessa, il ricorrente ascrive alla Corte d’appello di avere disposto la prosecuzione del giudizio assumendo, erroneamente, che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 158 depositata il 17/07/2017 (pubblicata nella G.U. I° Serie Speciale n. 28 del 12/07/2017) avesse deciso la questione di costituzionalità anche in relazione a questo processo (r.g. n. 380/2014, riunito a quelli così rubricati: r.g. n. 378/2014 e r.g. n. 379/2014, promossi rispettivamente da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, anch’essi come il sig. COGNOME, membri del RAGIONE_SOCIALE e destinatari della delibera sanzionatoria 18886 del 18/04/2014) perché (cfr. pag. 4 della sentenza) «nella prima parte della decisione si fa riferimento, allorquando si richiamano le ordinanza di rimessione a n. 2 ordinanze della Corte d’appello di Firenze depositate il 4.5.15 e quindi è certo che la Corte Costituzionale si sia riferita anche all’ordi nanza di rimessione emessa nelle presenti cause riunite e non solo a quella,
assolutamente identica emessa da questa Corte in altro procedimento analogo di opposizione a sanzioni RAGIONE_SOCIALE (opponenti NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME COGNOME), pur essendo stata pubblicata sulla G.U. I° Serie Speciale n. 46 del 18.11.15 solo quest’ultima ordinanza di rimessione depositata il 4.5.15 (con numero d’ordine 242)».
Rileva che la motivazione della Corte d’appello non coglie nel segno in quanto, in realtà, le due ordinanze di rimessione del giudice COGNOME, depositate il 04/05/2015, riguardavano due processi diversi dal presente giudizio: il giudizio promosso dai sig.ri COGNOME e NOME COGNOME COGNOME, e il giudizio promosso da NOME COGNOME ed altri contro la RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza di rimessione pubblicata sulla G.U. I° Serie Speciale n. 47 del 25/11/2015.
Evidenzia che risulta per tabulas che la Corte costituzionale non ha emesso alcuna decisione nell’ àmbito del procedimento incidentale avviato dalla Corte d’appello e che, quindi, non essendo venuta meno la causa di sospensione necessaria del procedimento a quo (r.g. n. 380/2014), lo stesso doveva rimanere sospeso e la Corte di Firenze, come prescritto dagli artt. 295, 298, cod. proc. civ., non avrebbe dovuto né potuto ex lege disporne la prosecuzione.
Da una diversa angolazione giuridica, il ricorrente rimarca che, a norma dell’art. 29, legge n. 87 del 1953, la restituzione degli atti al giudice rimettente, da parte della cancelleria della Corte costituzionale – adempimento nella specie non intervenuto – è un presupposto indefettibile ai fini della prosecuzione del giudizio a quo .
Un ultimo rilievo critico investe il percorso argomentativo della sentenza impugnata là dove afferma che è ragionevole ritenere che gli opponenti COGNOME, COGNOME e COGNOME abbiano avuto conoscenza della ordinanza della Corte costituzionale a seguito della sua pubblicazione nella G.U. in data 12/07/2017, o ( ibidem , pag. 8) «al più quando la
Cancelleria della Corte ha depositato la decisione nei fascicoli telematici degli altri giudizi nei quali due di loro erano parti (COGNOME e COGNOME) e nei quali il RAGIONE_SOCIALE difensivo era esattamente identico a quello che difende i tre odierni opponenti. Rispetto a tali date l’istanza di prosecuzione del giudizio di opposizione è intervenuta quasi due anni dopo (23.5.19)».
Il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza, per illogicità e per irragionevole lettura degli atti processuali, dopo avere sottolineato che, secondo i princìpi del giusto processo, il giudice non può prescindere dalla corretta disamina degli atti ed assumere per presunzioni (tra l’altro errate) circostanze e situazioni che riguardano altri procedimenti.
Il secondo motivo -(art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 295, 298, cod. proc. civ. Art. 29, legge n. 87 del 1953, art. 161, cod. proc. civ. Artt. 24 e 111, Cost. -propone le medesime censure di cui al primo mezzo di impugnazione che, questa volta, vengono sussunte entro il parametro del n. 3, anziché del n. 4, dell’articolo 360.
Con il terzo motivo -(art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 297, 153, cod. proc. civ., e degli artt. 3, 24 e 111, Cost. -il ricorrente premette che la Corte d’appello, nell’ àmbito del giudizio di opposizione n. 380/2014, aveva disposto la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e che, tuttavia, l’ordinanza di rimessione degli atti alla Consulta non veniva pubblica nella Gazzetta Ufficiale e la cancellaria non provvedeva a dare alcuna comunicazione alle parti. Aggiunge di non essersi costituito dinanzi alla Corte costituzionale e che, facendosi parte diligente, quando erano trascorsi quattro anni dalla sospensione del giudizio di opposizione, aveva fatto un’istanza per dare impulso al giudizio sospeso.
Tutto ciò precisato, la parte si duole che la Corte d’appello abbia dichiarato l’estinzione del giudizio, discostandosi dall’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 4394/1996), ed assumendo che il dies a quo per la riassunzione del giudizio dovesse essere computato dalla pubblicazione dell’ordinanza n. 158 del 2017 nella Gazzetta Ufficiale, e non dal momento dell’adempimento degli obblighi informativi da parte della cancelleria del giudice rimettente.
Da ultimo, lamenta che, in ossequio ai princìpi costituzionali sul giusto processo, sussisteva quanto meno il diritto delle parti alla rimessioni in termini di cui all’a rt. 153, cod. proc. civ.
Il quarto motivo – (art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento. Artt. 297, 153, cod. proc. civ.; Artt. 3, 24 e 111, Cost. -propone le medesime censure di cui al terzo mezzo di impugnazione che, questa volta, vengono sussunte entro il parametro del n. 4, anziché del n. 3, dell’articolo 360.
Con il quinto motivo – (art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 65 del regio decreto del 3° gennaio 1941 dell’ordinamento giudiziario e degli artt. 24 e 111, Cost. – il ricorrente afferma di avere fatto affidamento sull’insegnamento nomofilattico ( Cass. Sez. U., n. 4394/1996) circa la necessità di una comunicazione di cancelleria alla parte all’esito della definizione del giudizio costituzionale.
Addebita, pertanto, alla Corte fiorentina di essersi posta in contrasto con la giurisprudenza della cassazione senza considerare che, come ricordano le Sezioni unite (sentenza 31/07/2012, n. 13620), benché nel nostro sistema processuale non esista una norma che imponga la regola dello ‘ stare decisis ‘, tuttavia essa costituisce una direttiva di tendenza immanente all’ordinamento, in base alla quale non è possibile discostarsi da una interpretazione del giudice di
legittimità, investito della funzione nomofilattica, in assenza di forti e apprezzabili ragioni giustificative.
Il primo motivo è fondato e i restanti sono assorbiti.
Le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 4394 del 10/05/1996, Rv. 497534 -01) hanno articolato il principio di diritto, secondo cui «el caso di sospensione del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il ‘ dies a quo ‘ del termine semestrale per la riassunzione del giudizio è rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte Costituzionale che ha definito la questione di costituzionalità ad essa rimessa, poiché solo questa comunicazione determina la conoscenza concreta della pronunzia medesima, senza che assuma rilievo, all ‘ indicato fine, il sistema di pubblicità legale, previsto per le sentenze e le ordinanze della Corte Costituzionale integralmente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale a norma, rispettivamente, dell ‘ art. 21 d.P.R. n. 1092 del 1985 e 12 d.P.R. n. 217 del 1986 -, diretto a rendere conoscibili dette sentenze alla generalità, ma insufficiente ad assicurarne la conoscenza legale da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio».
7.1. L’enunciato delle Sezioni unite muove dalla considerazione che la disciplina della Gazzetta Ufficiale (come rimodulata dal plesso normativo del 1984-1986) sulla pubblicità legale (attraverso la Gazzetta Ufficiale) di tutte le pronunce della Corte che definiscono il giudizio di legittimità costituzionale ha migliorato il regime di pubblicazione delle decisioni del Giudice delle leggi, ma non ha fatto venire meno le ragioni esposte dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 6653/1984) per ritenere che (appunto) la pubblicità legale, diretta a rendere conoscibile la sentenza della Corte alla generalità, non sia
sufficiente ad assicurare la conoscenza legale della stessa sentenza da parte dei soggetti che sono specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio.
Per tale ragione, spiegano le Sezioni unite (par. 6.4.), «i richiede la comunicazione della cessazione della causa di sospensione, secondo la linea ispiratrice della sentenza della Corte costituzionale 14 marzo 1970 n. 34, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 297 cod. proc. civ., facendo decorrere il termine per la prosecuzione del processo dalla comunicazione che le parti abbiano della cessazione della causa di sospensione».
Ed infatti, precisa questa Corte, in conseguenza della integrazione delle norme del processo civile con le disposizioni successive concernenti il giudizio di costituzionalità, non è sufficiente per la conoscenza delle pronunce della Corte costituzionale da parte del giudice a quo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ma si prevede anche la trasmissione delle stesse al detto giudice, realizzandosi così un mezzo di conoscenza individuale interno al processo che si aggiunge allo strumento di pubblicazione ufficiale indipendente dal processo (art. 29 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
Cruciale, nella pronuncia delle Sezioni unite, è l’icastico asserto secondo cui «nalogo mezzo di comunicazione individuale va previsto a favore della parte costituita nel processo a quo se si vuole mantenere al sistema una sua logica coerenza ed il necessario rispetto del diritto di difesa della stessa parte. Da qui deriva l’obbligo del cancelliere di effettuare la comunicazione della pronunzia della Corte, appena essa sia pervenuta dalla Corte costituzionale, a norma del citato art. 29».
La necessità di un formale meccanismo di conoscenza individuale ‘interno al processo’ , che si aggiunge allo strumento della pubblicazione ufficiale delle sentenze della Consulta, fa sì che sia
priva di rilievo, ai fini della prosecuzione del giudizio nel termine perentorio di cui all’art. 297, cod. proc. civ., una congerie di altre modalità di conoscenza, collocabili, per così dire, all’esterno del processo nel quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale.
La casistica dei modi di conoscenza indiretta (in quanto tale giuridicamente irrilevante) dell’esito del giudizio di costituzionalità dipende dalle circostanze del caso concreto. Vi rientra, a titolo di esempio, la modalità impropriamente valorizzata dalla Corte d’appello che consiste nella notizia del l’esito del giudizio di legittimità appresa dalle parti e dai loro difensori in altri processi (diversi da quello all’attenzione del giudice di merito) nei quali sia stato proposto il medesimo incidente di costituzionalità.
7.2. L’ orientamento inaugurato dalle Sezioni unite è stato costantemente seguito dalla giurisprudenza successiva di questa Corte, come risulta da Sez. 1, Sentenza n. 2616 del 07/02/2006 (Rv. 586607 – 01), che ribadisce il principio di diritto secondo cui «nche nel vigore della nuova disciplina della Gazzetta Ufficiale, che prevede la pubblicazione, in essa, del testo integrale di tutti i provvedimenti della Corte costituzionale, la pubblicità legale, così migliorativamente attuata, resta comunque diretta a rendere conoscibili alla generalità le decisioni della Corte e non è sufficiente ad assicurare anche la conoscenza legale della sentenza da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio, per cui solo la comunicazione di detta sentenza, da parte della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, determinando la conoscenza concreta della pronunzia medesima, costituisce il ‘ dies a quo ‘ del termine semestrale di riassunzione del processo, sospeso per trasmissione degli atti alla Corte costituzionale».
8. La sentenza impugnata si discosta dal consolidato indirizzo di legittimità che, per la Corte di Firenze, (cfr. pag. 6 della sentenza) «porta inevitabilmente alla incongrua conseguenza che il giudizio potrebbe rimanere sospeso sine die laddove la cancelleria ometta tale comunicazione e nessuna delle parti proponga spontaneamente istanza di riassunzione, con palese violazione del principio di ragionevole durata del processo, ora costituzionalizzato dall’art. 111, comma secondo Cost.».
A supporto della netta virata ermeneutica il giudice COGNOME nota che la giurisprudenza successiva di questa Corte, segnatamente Cass. n. 7580/2013, pone le premesse, di carattere logico, per prendere le distanze dal vecchio approdo nomofilattico.
La massima ufficiale di quest’ultima pronuncia recita : «Ai fini della tempestiva prosecuzione del processo, sospeso per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, il termine per la riassunzione decorre dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta ufficiale – che integra un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza delle sorti del processo costituzionale – e non dalla notificazione operata dalla parte interessata alle controparti a fini sollecitatori, dovendosi ritenere, da un lato, che la sospensione così effettuata vada ricondotta all ‘ art. 296 cod. proc. civ., con necessità di provvedere agli adempimenti per la prosecuzione del processo nei modi e termini previsti dall ‘ art. 297 cod. proc. civ., e, dall ‘ altro, che un meccanismo di riassunzione rimesso alla mera volontà delle parti non sia compatibile con il principio di ragionevole durata ex art. 111 Cost., in quanto suscettibile di provocare una quiescenza ‘ sine die ‘ del processo».
Il precedente che ha indirizzato la Corte d’appello non è pertinente giacché attiene ad una fattispecie eterogenea rispetto a
quella in esame, nella quale opera la cd. sospensione anomala, disposta in altro processo (diverso da quello in cui l’incidente di costituzionalità è stato proposto), in cui la medesima questione di costituzionalità appare comunque rilevante, in relazione al quale non trova applicazione la prescrizione dell’art. 29 , legge n. 87 del 1953 (‘Norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale’) , della trasmissione al giudice rimettente, a cura della cancelleria della Corte, entro due giorni dal deposito, della decisione della Corte, unitamente agli atti.
L ‘ arresto di legittimità al quale allude la Corte d’appello , a ben vedere, è in linea con Cass. Sez. U., n. 4394/1996, lì dove (cfr. pag. 8 della sentenza), una volta chiarita l’eterogeneità delle due fattispecie della sospensione necessaria e della sospensione cd. anomala, pone in risalto che nella prima ipotesi (che è quella che rileva nel presente giudizio) è prescritta la comunicazione di cancelleria, ‘senza rischio di quiescenza indefinita’ e puntualizza che a tale incombente si accompagna la restituzione degli atti processuali già rimessi alla Corte costituzionale, senza i quali neppure sarebbe praticabile la prosecuzione del giudizio.
Il che giustifica, ad avviso di Cass. n. 7580/2013, la diversa decorrenza del termine perentorio per riassumere il giudizio dalla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale nella G.U. nel caso sottoposto al suo esame, ravvisandosi la relativa ‘ ratio discretiva’ , testualmente ( ibidem ) «nel rilievo che la scelta delle parti di non reiterare autonomamente l’eccezione di costituzionalità le priva dell’affidamento su attività di cancelleria per definizione esclusive dell’ufficio giudiziario remittente».
È chiaro, inoltre, l’errore prospettico della Corte d’appello: il rischio di una prolungata quiescenza del giudizio di merito nel quale è stata sollevata la questione di legittimità non nasce da ll’applicazione
dei princìpi enunciati dalle Sezioni unite di questa Corte; la battuta d’arresto del processo alla quale la Corte di Firenze ha inteso porre rimedio è dipesa piuttosto dalle irregolarità del giudizio incidentale manifestatesi (lo afferma la Corte di Firenze e le parti non lo contestano) fin dalla mancata pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale da parte del giudice di merito, e culminate ne ll’omissione degli adempimenti di cui all’art. 29, legge n. 87 del 1953.
Nel caso in esame quest’ultima carenza procedimentale è stata causata dal fatto, documentato dai ricorrenti, che la citata ordinanza n. 158 del 2017, diversamente da quanto reputa la Corte fiorentina, non ha specificamente statuito sulla questione di costituzionalità proposta dalla stessa Corte nell’àmbito di questo giudizio, come si desume dalla constatazione che il passo della n arrativa dell’ordinanza n. 158 del 2017 che richiama (tra gli altri) i giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 7, d.lgs. n. 58 del 1998, promossi dalla Corte d’appello di Firenze ‘con due del 4 maggio 2015’ , pubblicate nella Gazzetta Ufficiale numeri 46 e 47, prima serie speciale, del 2015, non fa riferimento a questa causa, ma (rispettivamente) a quella promossa da COGNOME e altri contro RAGIONE_SOCIALE, e a quella promossa da NOME COGNOME e altri contro RAGIONE_SOCIALE.
È agevolmente comprensibile, allora, la ragione per la quale la cancellaria della Corte costituzionale non ha mai provveduto agli adempimenti dell’articolo 29, cit. , vale a dire alla trasmissione della decisione e alla restituzione degli atti al giudice a quo entro due giorni dalla pubblicazione della decisione.
Le irregolarità del procedimento attinente all’incidente di costituzionalità (dall ‘omessa pubblicazione nella G.U. dell’ordinanza che propone la questione di legittimità costituzionale, fino alla mancanza degli adempimenti di cui all’ articolo 29) non possono
pregiudicare in maniera irreversibile la posizione processuale delle parti del processo a quo, e quindi condurre, come è accaduto nella fattispecie concreta in esame, alla declaratoria di estinzione del giudizio ex art. 307, cod. proc. civ., motivata dall’asserita (ma insussistente) inerzia della parte interessata nell’adoperarsi tempestivamente per la prosecuzione del processo al venir meno della causa della sospensione necessaria del giudizio.
E questo perché gli opponenti hanno fatto legittimo affidamento sulla necessità della comunicazione (che, nella specie, non è avvenuta), da parte della cancelleria, dell ‘ esito del giudizio costituzionale, al fine di dare impulso alla causa di merito quiescente mediante la richiesta di fissazione della nuova udienza, nel termine perentorio di tre mesi di cui all’art. 297, cod. proc. civ., decorrente dalla formale conoscenza della cessazione della causa di sospensione.
10. In conclusione, in relazione ai due ricorsi, in accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo , anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 9 gennaio 2024.