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Riassunzione del processo: decorrenza del termine

Un investitore fa causa a una banca per presunte irregolarità in operazioni finanziarie. Durante la causa, la banca entra in liquidazione coatta amministrativa. Il Tribunale di primo grado dichiara estinto il processo, ritenendo tardiva la riassunzione del processo da parte dell’investitore. La Corte d’Appello riforma la decisione, stabilendo che il termine per la riassunzione decorre dalla dichiarazione giudiziale dell’interruzione e non dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, la Corte rigetta nel merito le domande dell’investitore, poiché non sussisteva nullità e, nel complesso, il portafoglio di investimenti aveva generato plusvalenze.

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Pubblicato il 17 febbraio 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Riassunzione del Processo: Quando Inizia a Scorrere il Tempo?

La riassunzione del processo è un istituto fondamentale della procedura civile, ma spesso fonte di dubbi, specialmente quando un evento imprevisto interrompe la causa. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma offre un chiarimento cruciale su quando inizia a decorrere il termine perentorio per riattivare il giudizio, distinguendo tra conoscenza legale astratta e conoscenza effettiva all’interno del processo. Questo caso, che contrappone un investitore a un istituto di credito, non solo risolve una questione procedurale, ma si addentra anche nel merito di una controversia bancaria, offrendo spunti sulla nullità selettiva e la buona fede contrattuale.

I Fatti di Causa: Dall’Investimento all’Estinzione in Primo Grado

Un investitore aveva citato in giudizio un istituto bancario, lamentando la nullità di una serie di operazioni di investimento effettuate tra il 2006 e il 2008 e chiedendo la restituzione delle somme. Durante il corso della causa, la banca veniva posta in Liquidazione Coatta Amministrativa, un evento che, per legge, interrompe automaticamente i processi in cui è parte.

Il Tribunale di primo grado, rilevato l’evento interruttivo, aveva dichiarato l’estinzione del giudizio. La motivazione? L’investitore avrebbe effettuato la riassunzione del processo oltre il termine trimestrale previsto dalla legge. Secondo il giudice, tale termine sarebbe iniziato a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di liquidazione sulla Gazzetta Ufficiale, considerata come momento di conoscenza legale per tutti.

L’Appello e la Questione della Riassunzione del Processo

L’investitore ha impugnato la sentenza, sostenendo un’interpretazione diversa. A suo avviso, il termine per la riassunzione non poteva decorrere da un evento esterno al processo, come la pubblicazione in Gazzetta, ma doveva essere ancorato a un momento interno al giudizio: la dichiarazione di interruzione pronunciata dal giudice in udienza. Poiché la sua riassunzione era avvenuta tempestivamente rispetto a tale dichiarazione, la causa non si sarebbe dovuta estinguere.

La Decisione della Corte sul Termine di Riassunzione

La Corte d’Appello ha accolto la tesi dell’investitore, riformando la sentenza di primo grado. Richiamando un fondamentale principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 12154/2021), la Corte ha affermato che il termine per la riassunzione del processo decorre da quando la parte interessata ha avuto conoscenza effettiva dell’evento interruttivo, e tale conoscenza si presume con la dichiarazione, la notificazione o la certificazione dell’evento all’interno del processo stesso.

Di conseguenza, la semplice pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a far scattare il termine perentorio. Il dies a quo è la data dell’udienza in cui l’interruzione è stata dichiarata, rendendo così tempestiva la riassunzione effettuata dall’investitore.

La Decisione nel Merito: Quando la Nullità Selettiva non Funziona

Superato lo scoglio procedurale, la Corte d’Appello non ha però rimesso la causa al primo giudice, ma ha deciso direttamente nel merito. Anche qui, le domande dell’investitore sono state respinte.

La Corte ha rigettato la domanda di nullità del contratto quadro, poiché un contratto scritto esisteva e le eventuali violazioni degli obblighi informativi da parte della banca non causano nullità, ma possono al massimo generare un diritto al risarcimento del danno.

Inoltre, e in modo decisivo, la Corte ha osservato che la banca aveva dimostrato come il portafoglio di investimenti del cliente, nel suo complesso, avesse generato plusvalenze. L’azione dell’investitore, volta a contestare solo le operazioni in perdita ignorando quelle in guadagno, è stata considerata contraria al principio di buona fede. Non è consentito ‘selezionare’ gli esiti negativi di una gestione patrimoniale complessivamente positiva per fondare una richiesta di risarcimento.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Sul piano procedurale, la Corte aderisce all’orientamento consolidato della Cassazione secondo cui la decorrenza del termine per la riassunzione del processo è legata alla conoscenza effettiva dell’evento interruttivo all’interno del giudizio, per garantire il diritto di difesa. Sul piano sostanziale, la Corte applica rigorosamente i principi in materia di contratti di intermediazione finanziaria: la violazione di obblighi informativi non comporta la nullità del contratto, ma una responsabilità risarcitoria. Tale responsabilità è stata esclusa nel caso di specie, poiché la contestazione selettiva delle sole operazioni in perdita, a fronte di un risultato complessivamente positivo, è stata giudicata un comportamento non conforme a buona fede.

le conclusioni

La sentenza offre due insegnamenti pratici di grande rilevanza. Primo, per gli avvocati, il termine per la riassunzione del processo a seguito di un evento interruttivo decorre dalla sua conoscenza formale in giudizio (es. dichiarazione del giudice in udienza), non da fonti di conoscenza legale esterne. Secondo, per gli investitori, non è possibile intentare azioni legali ‘selettive’, contestando solo gli investimenti andati male, se la gestione complessiva del proprio portafoglio da parte dell’intermediario ha prodotto un risultato positivo. Un simile tentativo rischia di essere respinto per violazione del principio di buona fede.

Quando inizia a decorrere il termine per la riassunzione del processo in caso di liquidazione di una delle parti?
Secondo la sentenza, il termine perentorio per la riassunzione decorre non dalla pubblicazione dell’evento sulla Gazzetta Ufficiale, ma dal momento in cui l’interruzione viene dichiarata dal giudice in udienza o comunque portata a conoscenza effettiva della parte interessata all’interno del procedimento.

Se la Corte d’Appello riforma una sentenza di estinzione, deve sempre rimettere la causa al primo giudice?
No. Se il primo giudice ha dichiarato l’estinzione dopo aver già esaurito la fase istruttoria e aver invitato le parti a precisare le conclusioni, la Corte d’Appello che riforma la sentenza di estinzione deve trattenere la causa e deciderla nel merito, senza rimetterla al primo grado.

È possibile chiedere il risarcimento per singole operazioni di investimento in perdita se il portafoglio complessivo ha generato un profitto?
No. La Corte ha stabilito che contestare solo le operazioni che hanno generato una perdita, ignorando quelle che hanno prodotto plusvalenze all’interno della stessa gestione patrimoniale, è un comportamento contrario a buona fede e, pertanto, la domanda risarcitoria non può essere accolta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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