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Riacquisto immobile abusivo: niente indennizzo

La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di riacquisto di un’area da parte di un consorzio industriale, nessun indennizzo è dovuto per il fabbricato costruito con irregolarità edilizie, anche se potenzialmente sanabili. L’ordinanza chiarisce che il valore del riacquisto immobile abusivo si limita a quello del terreno, escludendo il valore della costruzione se non è stata presentata una formale istanza di sanatoria prima dell’atto di riacquisto. La decisione conferma che il proprietario non può trarre un vantaggio economico da un’attività edilizia illegale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Riacquisto Immobile Abusivo: la Cassazione Nega l’Indennizzo per il Fabbricato

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto immobiliare: la valutazione di un bene in caso di riacquisto immobile abusivo da parte di un consorzio industriale. Quando un fabbricato presenta irregolarità edilizie, anche se potenzialmente sanabili, ha diritto a un indennizzo? La risposta della Suprema Corte è netta e fornisce importanti chiarimenti per proprietari e operatori del settore.

I Fatti del Caso: la Controversia sul Prezzo di Riacquisto

La vicenda nasce dall’azione di un Consorzio Industriale che esercita il proprio diritto di riacquisto su un’area, comprensiva di un opificio, precedentemente assegnata a un imprenditore. Il Consorzio, a fronte dell’inadempimento degli obblighi di sviluppo industriale, avvia la procedura prevista dall’art. 63 della L. 448/1998.

Il punto di scontro è il prezzo: il Consorzio offre una somma basata quasi esclusivamente sul valore del terreno, sostenendo che il fabbricato su di esso edificato fosse abusivo e quindi non indennizzabile. L’imprenditore, al contrario, si oppone, ritenendo il valore insufficiente e contestando la legittimità della procedura.
La Corte d’Appello, chiamata a decidere sul prezzo, dà ragione al Consorzio. Accertato che l’immobile presentava difformità edilizie significative (prospetti non conformi, locali con altezze inferiori ai minimi, mancanza di autorizzazioni), conclude che il valore del manufatto non può essere computato, anche se le irregolarità fossero teoricamente sanabili. Di qui il ricorso in Cassazione del proprietario.

La Questione Giuridica sul Riacquisto Immobile Abusivo

Davanti alla Suprema Corte, il ricorrente solleva tre motivi principali:
1. L’errata applicazione della procedura speciale di riacquisto, sostenendo che si sarebbe dovuta seguire la disciplina generale dell’espropriazione per pubblica utilità.
2. La violazione delle norme procedurali in materia di determinazione dell’indennità.
3. Il punto cruciale: la violazione dell’art. 38 del d.P.R. 327/2001 (Testo Unico Espropriazioni), secondo cui il valore di un bene con abusi sanabili dovrebbe essere considerato, al netto dei costi per la regolarizzazione.

Il cuore della controversia legale verte quindi sulla possibilità di riconoscere un valore economico a una costruzione illegale nell’ambito di una procedura ablatoria come quella del riacquisto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello con un’argomentazione chiara e lineare.

Innanzitutto, la Corte distingue la procedura di riacquisto ex art. 63 L. 448/1998 dall’espropriazione ordinaria. Si tratta di un istituto speciale, con presupposti e modalità proprie, finalizzato a garantire la reindustrializzazione delle aree. La giurisdizione sulla legittimità dell’atto di riacquisto spetta al Giudice Amministrativo, mentre quella sulla determinazione del prezzo spetta al Giudice Ordinario.

Nel merito della valutazione dell’immobile, la Corte sposa il principio secondo cui un’opera abusiva non può generare un vantaggio economico per chi l’ha realizzata in violazione della legge. Anche se il d.P.R. 327/2001 non è direttamente applicabile nella sua interezza, i suoi principi in materia di stima sono un riferimento corretto. In particolare, l’art. 38, comma 2-bis, subordina la valutazione di una costruzione abusiva a una condizione precisa: che, alla data dell’esproprio, sia già stata presentata una domanda di sanatoria.

Nel caso di specie, il proprietario non aveva mai avviato alcuna pratica per regolarizzare le difformità. La mera circostanza che gli abusi fossero potenzialmente sanabili, e a un costo relativamente basso, è stata ritenuta irrilevante. Senza un’istanza formale di sanatoria, l’immobile è considerato tamquam non esset (come se non esistesse) ai fini dell’indennizzo. Di conseguenza, il prezzo di riacquisto è stato correttamente determinato considerando solo il valore dell’area di sedime e del terreno residuo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione ha implicazioni pratiche di grande rilievo. Stabilisce un principio di non tolleranza verso l’illegalità edilizia, impedendo che il proprietario possa trarre profitto da un’attività svolta in contrasto con le normative urbanistiche, anche in contesti di procedure ablatorie.

Per i proprietari di immobili industriali o commerciali, il messaggio è chiaro: la regolarità urbanistico-edilizia non è un optional. La presenza di abusi, anche se ritenuti minori o facilmente sanabili, può azzerare completamente il valore del fabbricato in caso di esproprio o riacquisto. Non basta la teorica sanabilità: è necessario aver intrapreso concretamente il percorso di regolarizzazione presentando la relativa istanza agli uffici competenti. Attendere che sorga una controversia per poi invocare la possibilità di sanare è una strategia destinata al fallimento, come questa ordinanza dimostra in modo inequivocabile.

Un immobile con abusi edilizi sanabili ha diritto a un indennizzo in caso di riacquisto forzato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, nessun indennizzo è dovuto per la costruzione se, al momento del riacquisto, non è stata formalmente presentata un’istanza di sanatoria per regolarizzare le irregolarità. La mera possibilità teorica di sanare gli abusi è irrilevante ai fini della valutazione economica.

Quale giudice è competente a decidere sulla legittimità e sul prezzo del riacquisto di un’area industriale?
La competenza è ripartita: il Giudice Amministrativo è competente per le questioni relative alla legittimità del provvedimento di riacquisto (se l’ente aveva il diritto di agire), mentre il Giudice Ordinario è competente per la determinazione del corretto prezzo o indennizzo da corrispondere al proprietario.

La procedura di riacquisto da parte di un consorzio industriale segue le stesse regole dell’espropriazione per pubblica utilità?
No. La procedura di riacquisto prevista dall’art. 63 della legge n. 448/1998 è un istituto speciale, con presupposti, modalità e termini propri, non sovrapponibili a quelli del procedimento espropriativo generale disciplinato dal d.P.R. n. 327/2001. Tuttavia, i principi di quest’ultimo possono essere applicati per analogia su questioni specifiche, come la valutazione degli immobili abusivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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