Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8532 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8532 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3369/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME DELLA PORTA NOME, DELLA PORTA NOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOMECOGNOME DELLO NOME COGNOME, NOME COGNOME, DELLO NOME COGNOME, DI NOME COGNOME, DI NOME COGNOME, NOME
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 80/2023, depositata il 02/10/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 30.06.2014, la Corte d’Appello di Roma in composizione monocratica riconosceva la violazione del termine di durata ragionevole della procedura fallimentare apertasi a carico della società RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita dal Tribunale di Avellino, Sezione
Fallimentare, con sentenza depositata in data 21.01.1999), e liquidava l’indennizzo a favore di tutti i ricorrenti ex lege n. 89 del 2001 nella misura di €. 5.000,00 (tranne due di essi, ai quali veniva riconosciuto un compenso inferiore), per il tempo compreso tra il 21.01.1999 (data di deposito della sentenza del Tribunale di Avellino che dichiarava il fallimento della società) e il 30.06.2014 (data di emissione del suddetto decreto).
1.1. Con successivo ricorso ex lege n. 89 del 2001, depositato il 18.01.2021, gli stessi ricorrenti chiedevano alla Corte d’Appello di Napoli l’indennizzo per l’ulteriore ritardo della medesima procedura fallimentare maturato successivamente al deposito del decreto della Corte territoriale romana del 30.06.2014 fino alla data del deposito del nuovo ricorso (il 18.01.2021).
Con decreto n. 899/21, emesso in data 12.03.2021, il magistrato designato accoglieva il ricorso e, in applicazione dell’art. 2 -bis , comma 3, della legge n. 89/01, determinava l’indennizzo in un importo non superiore al valore della causa per ciascun ricorrente, calcolato decurtando dal corrispondente valore della originaria domanda di ammissione al passivo, come formulata da ogni singolo ricorrente, le somme pagate dal fallimento in seguito ai riparti del 2008 e del 2013, nonché quelle già riconosciute dal decreto della Corte d’Appello di Roma del 30.06.2014.
1.2. Detto decreto veniva impugnato sia dal Ministero della Giustizia sia, in via incidentale, da tutti i ricorrenti.
La Corte d’Appello di Napoli, con decreto collegiale n. 2405/2022 accoglieva parzialmente l’opposizione principale e quella incidentale.
Con ricorso notificato il 12.5.2023, nel procedimento R.G. n. 1053/2023 solo i ricorrenti elencati in epigrafe chiedevano la revocazione, ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., del decreto n. 2405/2022.
Esponevano che la Corte d’Appello napoletana – dopo aver individuato correttamente quale valore della causa e, quindi, come limite all’indennizzo, il credito residuo precisato nella colonna n. 7 del II piano di riparto – da un lato avrebbe erroneamente proceduto alla decurtazione delle voci di cui alla colonna 6, nonostante l’importo di cui alla colonna 7 fosse già al netto della somma di cui alla colonna 6, e dall’altro avrebbe errato nella parte in cui le somme indicate alla colonna n. 5 del piano di riparto come «trattenute del 23%» non sono state aggiunte a quelle precisate nella colonna n 7 e precisate come «credito netto residuo» al 30.06.2013.
Il medesimo decreto n. 2405/2022 della Corte d’Appello di Napoli in composizione monocratica veniva impugnato nel procedimento R.G. n. 945/2023 , sempre ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., da cinque dei ricorrenti destinatari del suddetto decreto, censurando una svista e una falsa rappresentazione della realtà da parte della Corte territoriale, causa di erronea e negativa valutazione dell’istanza riparatrice ex lege n. 89/01.
2.1. I due ricorsi, poiché aventi ad oggetto la revocazione del medesimo decreto di equa riparazione n. 2405/2022, venivano riuniti innanzi alla Corte d’Appello di Napoli in composizione collegiale che, con la sentenza n. 80/2023 qui impugnata, relativamente alla causa identificata con R.G. n. 1053/2023, riteneva inammissibile il ricorso per revocazione.
A giudizio della Corte territoriale, trattandosi di una revocazione per errore di fatto ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., la stessa doveva essere proposta decorsi sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 327 cod. proc. civ. Poiché, nel caso di specie, il decreto oggetto di giudizio revocatorio era stato depositato il giorno 11.11.2022 e la revocazione notificata il 12.05.2023, essa
doveva ritenersi tardiva, in quanto pervenuta esattamente un giorno dopo il termine ultimo, da rinvenirsi nel giorno 11.05.2023.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i soggetti elencati in epigrafe, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste il Ministero della Giustizia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si deduce violazione e mancata applicazione degli artt. 156, 395, n. 4 e 400 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. ed artt. 6 § 1 e dell’art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. I ricorrenti censurano l’errore di diritto in cui sarebbe incorso la Corte territoriale, ritenendo che la revocazione ex art. 395, n. 4 cod. proc. civ. di un decreto emesso ai sensi della legge n. 89/01 vada proposta con citazione e non con ricorso, circostanza dalla quale Corte di Appello di Napoli ha fatto discendere l’inammissibilità per tardività del gravame con riferimento al giudizio identificato con R.G. n. 1053/2023.
Ritenendo non condivisibile l’interpretazione data da questa Corte nella sua più autorevole composizione, in virtù della quale in caso di impugnazione irritualmente proposta con ricorso anziché con citazione, la conversione si verifica soltanto in caso di tempestiva notificazione dell’improprio atto alla controparte (Cass SS.UU. 2907/14, ma anche SS.UU 23285 e 23286 del 2010), e ritenendo invece condivisibile un obiter dictum contenuto in una sentenza della Corte costituzionale (n. 89/21), che propone un’interpretazione dell’art. 400 cod. proc. civ. in virtù della quale innanzi al giudice adìto con la domanda di revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento instaurato davanti alla stessa autorità giudiziaria, in quanto non derogate da quelle del capo dedicato alla revocazione, i ricorrenti giungono a concludere nel
senso della correttezza della scelta da loro effettuata, nel senso di optare per il ricorso, trattandosi di giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi .
La Corte d’Appello di Napoli non è neanche giunta a discutere della possibile conversione dell’errato atto introduttivo del giudizio, ossia il ricorso scelto dagli odierni ricorrenti, anziché l’atto di citazione prescritto dall’art. 398 cod. proc. civ. Contrariamente a quanto argomentato in ricorso, il giudice adìto in revocazione si è limitato a rilevare la tardività dell’atto.
Detta tardività, correttamente rilevata dalla Corte d’Appello di Napoli, esclude la possibilità di conversione ex art. 159 cod. proc. civ. (per tutte: Cass SS.UU. 2907/14; SS.UU 23285 e 23286 del 2010).
Tanto basta ad escludere la possibilità di discutere della tesi sostenuta in ricorso – ossia che la revocazione deve necessariamente seguire le forme ed il rito del giudizio il cui provvedimento finale si vuole impugnare ai sensi dell’art. 400 cod. proc. civ.: nel che la correttezza della scelta effettuata dagli odierni ricorrenti di optare per il ricorso, trattandosi di giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 – atteso che detto ricorso è stato notificato dagli odierni ricorrenti in un giorno successivo alla prescritta scadenza.
Né questa Corte può mettere in discussione la legittimità della preclusione di accesso, o dello scopo o del ragionevole rapporto di proporzionalità, derivante dal termine perentorio prescritto dall’art. 327, comma 1, cod. proc. civ.
In definitiva, il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 115/2002 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende inapplicabile l’art. 13, comma 1quater , D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 2.153,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda