Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3348 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3348 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 03206/2023
promosso da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (PEC: studiociliento@pec.giuffre.it), elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Comune di Ginestra , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME (PEC: avvgaraneoEMAILpec.giuffreEMAIL) ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’ avv. NOME COGNOME, in INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 675/2022, pubblicata il 21/11/2022 e notificata il 22/11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 119/2014, l a Corte d’appello di Potenza confermava la decisione del Tribunale di Melfi, che aveva rigettato la domanda di pagamento delle somme richieste da COGNOME NOME a titolo di prezzo (e accessori) delle opere eseguite in favore dell’Ente , per mancanza della forma scritta dei relativi contratti, dichiarando inammissibile la domanda subordinata di indennizzo da ingiustificato arricchimento, con condanna del COGNOME al pagamento delle spese processuali .
Quest’ultimo proponeva successivamente impugnazione per revocazione di tale pronuncia, deducendo che, in data 20/11/2020, aveva rinvenuto il contratto in forma amministrativa del 27/09/1988 rep. 9/88 e il contratto in forma amministrativa del 20/10/1989 rep. 23/89, relativi rispettivamente al I e al II Lotto dell’appalto di sistemazione a verde e realizzazione del campo da tennis appaltati alla sua impresa, nonché il contratto aggiuntivo stipulato in forma amministrativa in data 20/10/1983 rep. 10/83, a seguito alla variante dei lavori relativi al I Lotto già appaltati all’impresa con il contratto del 13/10/1981 rep. 18/81, ed il contratto stipulato in forma amministrativa in data 22/03/1991 rep. 6/1991 di appalto alla stessa impresa del II Lotto di completamento della casa municipale. La parte precisava che non aveva potuto depositare in giudizio tali documenti, nonostante ne avesse promesso la produzione, perché non li aveva trovati in azienda, dove siffatti documenti erano ordinariamente custoditi, evidenziando che il Comune si era avvantaggiato di tale situazione, dichiarando l’ inesistenza di tali contratti. Aggiungeva di avere effettuato il ritrovamento casualmente in un armadio della sua casa di abitazione. Nel giudizio si costituiva il Comune di Ginestra, che resisteva alla domanda.
La Corte, disattesa l’eccezione preliminare di improcedibilità della domanda, la rigettava invece nel merito.
Avverso tale pronuncia COGNOME Luigi ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di impugnazione.
L’intimat o si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 395, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché il vizio di motivazione ai sensi degli artt. 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Il ricorrente ha rilevato che la Corte di merito ha applicato la regola secondo la quale, per esperire l’azione di revocazione straordinaria occorre non solo che i documenti decisivi siano stati ritrovati, ma anche che la parte dimostri di non averli potuti produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sanza valutare l ‘ assenza di colpa dell’attore che aveva ricercato tali contratti in ogni dove, senza trovarli, tant’è che aveva ritenuto che gli fossero stati sottratti, o che comunque fossero andati smarriti, con conseguente omissione di motivazione sul punto.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta l’o messa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 395, n. 1, c.p.c. e il vizio di omessa motivazione ai sensi degli artt. 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Il ricorrente ha affermato che la Corte d ‘a ppello ha inteso che COGNOME NOME avesse agito ai sensi del n. 3 dell’art. 395 c.p.c., sebbene nell ‘ intestazione dell’atto fosse stato indicato anche il n. 1 dello stesso articolo, così non esaminando tale motivo di censura, mentre, invece, nell’atto di citazione per revocazione la parte aveva chiesto che la sentenza della Corte d’Appello di Potenza n. 119/2014 fosse revocata ai sensi dell’art. 395, n. 3 e n. 1 c.p.c., quanto al mancato riconoscimento dei corrispettivi e
degli interessi da ritardo calcolati sui corrispettivi previsti dai contratti relativi al I e al II Lotto dei lavori di costruzione della casa comunale, e al mancato riconoscimento dei corrispettivi e degli interessi relativi ai contratti di appalto all’impresa di COGNOME NOME dei lavori di sistemazione a verde e di realizzazione del campo da tennis (p. 7 dell’atto di citazione per revocazione), invocando la difesa intenzionalmente fraudolenta del Comune, che aveva negato l’esistenza dei contratti e i diritti vantati dal COGNOME.
Ad opinione della parte, l ‘ omessa pronuncia concerneva direttamente il motivo ex art. 395, n. 1, c.p.c. in quanto autonomamente apprezzabile, ritualmente e inequivocabilmente formulato, senza che potesse ritenersi assorbito, denunciando, in subordine, il vizio di motivazione ex art. 132 c.p.c., che sul punto era stata del tutto omessa.
Il primo motivo di ricorso è infondato nella parte in cui è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 395, n. 3, c.p.c.
2.1. Questa Corte ha chiaramente affermato che, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., è necessario che la parte si sia trovata nell’impossibilità di produrre il documento asseritamente decisivo nel giudizio di merito, incombendo sulla stessa parte, in quanto attrice nel relativo giudizio, l’onere di dimostrare che l’ignoranza dell ‘ esistenza del documento, o del luogo ove esso si trovava, fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza non era dipeso da colpa o negligenza, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore. Ne consegue che, nell’ipotesi di ignoranza dell’esistenza di un documento, l ‘ onere della parte è soddisfatto dalla dimostrazione di una situazione di fatto tale da giustificarne la mancata conoscenza, mentre in quella di ignoranza soltanto del luogo di conservazione l’ammissibilità dell’impugnazione è subordinata alla prova di una diligente ricerca del documento e, nel caso di un suo pregresso possesso, dell ‘ essersi verificato
lo smarrimento per cause eccedenti la possibilità di controllo della parte (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 735 del 16/01/2008).
In effetti, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per revocazione straordinaria, ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., è necessario non solo il rispetto dei termini di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., ma anche che la parte indichi nel ricorso sia le ragioni che hanno impedito di produrre i documenti rinvenuti in ritardo sia quelle relative alla decisività dei documenti stessi, incombendo sulla stessa l’onere di provare che l’ignoranza dell’esistenza del documento o del luogo ove esso si trovava non è dipesa da colpa o negligenza, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 22159 del 20/10/2014; Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 22246 del 03/11/2016; v. anche Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 29122 del 19/10/2023).
2.2. Nella specie, la Corte d’appello ha statuito come segue: «6. Nel merito, l’impugnazione è infondata. Il sig. COGNOME agisce ai sensi dell’art. 395 n. 3 c.p.c. (sebbene nell’intestazione dell’atto indichi anche il n. 1), sostenendo di aver ritrovato i documenti dimostrativi del rapporto contrattuale col Comune, la cui carenza era stata a base della decisione a lui sfavorevole, in un armadio di casa, custoditi in una cartella, in data 20.11.2020. Orbene, per esperire l’azione di revocazione straordinaria occorre non solo che documenti decisivi siano stati ritrovati, ma anche che la parte dimostri di non averli potuti produrre in giudizio per causa di forza maggiore o fatto dell’avversario. Nel caso de qua il COGNOME non ha dimostrato alcuno dei presupposti richiesti dalla norma; ha meramente dedotto di averli ritrovati. Il ritrovamento dedotto non costituisce avvenimento straordinario tale da giustificare la revocazione di una sentenza passata in giudicato. Afferma la S.C. che “in tema di revocazione, l’ipotesi prevista dall’art. 395, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove presuppone il ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti
decisivi non prodotti in giudizio per causa di forza maggiore, si riferisce ad un avvenimento straordinario, in nessun modo riconducibile ad un comportamento negligente della parte, sicché non è configurabile nel caso di omessa produzione in giudizio del ricorso introduttivo personalmente sottoscritto dal contribuente, sul quale incombe l’onere di controllarne l’effettivo deposito” (Cass. civ., sez. 5, sentenza 12162 del 30/5/14). Ad abundantiam, si rileva che la difesa processuale del COGNOME nei gradi precedenti era nel senso che non spettava a lui fornire la prova documentale del rapporto (e, implicitamente, che la mancata produzione dei contratti era derivata da una scelta difensiva). Né può sottacersi che i predetti contratti, depositati telematicamente in questa sede, sono di difficile lettura per difetto di definizione dell’immagine.»
2.3. Il Giudice di merito ha, dunque, valutato le circostanze dedotte in ordine al rinvenimento dei contratti in questioni, ritenendo che dalla stessa prospettazione della parte non emergessero i presupposti che giustificano la revocazione, operando una valutazione in fatto in perfetta aderenza ai principi enunciati da questa Corte e sopra richiamati.
Né parte attrice ha dedotto, e dimostrato, di avere prospettato e offerto di provare specifiche ragioni che rendessero non imputabile alla parte il mancato reperimento dei documenti, nei termini sopra indicati.
Il primo motivo di ricorso è viziato anche nella parte in cui è dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata.
3.1. Com’è noto, in virtù della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del
03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
3.2. Nel caso di specie, come si evince dal tenore della statuizione sopra riportata, la decisione risulta chiaramente motivata in fatto e in diritto, avendo la Corte spiegato come il postumo rinvenimento, nella casa del ricorrente, del contratto da lui firmato non potesse giustificare la revocazione della sentenza.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Come sopra evidenziato, il ricorrente ha dedotto che il giudice non si è pronunciato sulla richiesta di revocazione della sentenza fondata sul dolo della controparte, sull’erroneo presupposto che l’impugnazione, pur menzionando il n. 1 dell’art. 395 c.p.c. insieme al n. 3 dello stesso articolo, fosse fondata solo sul ritrovamento dei contratti. In subordine, ha denunciato il rigetto di tale censura senza motivazione.
4.1. Questa Corte ha già precisato che, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione della omessa pronuncia su un motivo di impugnazione – per erronea lettura del suo contenuto da parte del giudice di merito – integra un error in procedendo , che legittima il giudice di legittimità all’esame degli atti del giudizio, in quanto l’oggetto di scrutinio attiene al modo in cui il processo si è svolto, ossia ai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato, fermo restando che tale deduzione presuppone, comunque, che la censura sia stata formulata nel rispetto delle norme di contenuto-forma del ricorso al giudice di legittimità (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 16028 del 07/06/2023).
Ovviamente, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione
dell’articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la S.C. ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 30684 del 21/12/2017).
4.2. Nella specie, la parte ha rappresentato di avere prospettato la violazione dell’art. 395, n. 1, c.p.c. nell’atto di citazione per revocazione, ove aveva chiesto che la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 119/2014 fosse revocata «ai sensi dell’art. 395, n. 3 e n. 1 cpc, quanto al mancato riconoscimento dei corrispettivi e degli interessi da ritardo calcolati sui corrispettivi previsti dai contratti relativi al I e al II Lotto dei lavori di costruzione della casa comunale, e al mancato riconoscimento dei corrispettivi e degli interessi relativi ai contratti di appalto all’impresa di COGNOME NOME dei lavori di sistemazione a verde e di realizzazione del campo da tennis» , con riferimento all’oggetto del giudizio per il pagamento dei corrispettivi degli appalti, evocando la difesa intenzionalmente fraudolenta del Comune, dal momento che quest’ultimo aveva negato non solo l’esistenza dei contratti, ma anche i lavori eseguiti e i diritti vantati dalla controparte, richiamando argomenti spesi nella comparsa conclusionale del giudizio di revocazione (p. 11-12 del ricorso per cassazione).
D alla lettura dell’atto di citazione per revocazione, che , come sopra evidenziato, questa Corte è chiamata a compiere in ragione della natura del vizio denunciato, si evince chiaramente che, nell’illustrazione dei motivi della richiesta di revocazione, la parte ha posto soltanto il ritrovamento dei contratti relativi ai lavori sopra menzionati.
Nel menzionato atto, infatti, dopo l’illustrazione dello svolgimento del procedimento definito con la sentenza oggetto della richiesta revocazione, è riportato quanto segue: «Il Comune di Ginestra aveva in data 27 luglio 2020 notificato precetto di pagamento della somma di euro 21.422,88 in recupero delle spese processuali. E’ seguito il pignoramento in data 22.10. 2020, con citazione per l’udienza G.E. del9 dicembre 2020, e ricercando motivi di opposizione all’intrapresa esecuzione, in data 20 novembre 2020 sono stato rinvenuti contratto in forma amministrativa del 27 settembre 1988 rep. 9/88 e contratto in forma amministrativa del 20 ottobre 1989 rep. 23/89, relativi rispettivamente al I e al II Lotto dell’appalto di sistemazione a verde e realizzazione del campo da tennis appaltati all’ impresa di COGNOME LuigiCOGNOME nonché il contratto aggiuntivo stipulato in forma amministrativa in data 20 ottobre 1983 rep. 10/83, a seguito alla variante dei lavori relativi sempre al I Lotto già appaltati all’impresa COGNOME con il contratto del 13 ottobre 1981 rep. 18/81, ed il contratto stipulato in forma amministrativa in data 22 marzo 1991 rep. 6/1991 di appalto all’impresa di COGNOME NOME del II Lotto di completamento della casa municipale (che non poterono essere prodotti nei giudizi, nonostante ne fosse stata promessa la produzione, non essendo stati rinvenuti, e per altro, tali contratti non erano stati prodotti neppure dal Comune di Ginestra, che aveva dichiarato anzi la loro inesistenza, così intendendo trarne vantaggio). Sulle circostanze del ritrovamento: i contratti sono stati rinvenuti fuori dei locali aziendali, in un armadio in casa COGNOME (di COGNOME NOME), custoditi in una cartella. I documenti avrebbero dovuto essere consegnati all’avv. NOME COGNOME affinché li producesse in giudizio, ma ancorché l’avv. COGNOME ne avesse promesso e riservato la produzione, non poté farlo per non essergli stati consegnato. Il sig. COGNOME ne usciva soccombente nei tre gradi, e allorché gli venne notificato l’atto di precetto il sig. COGNOME pagò acconti per euro 5.600,00, come risulta dall’atto di pignoramento ( a pag. 2). Se i contratti
fossero stati rinvenuti per tempo, il sig. COGNOME avrebbe opposto già il precetto. Occorrendo, si indica in qualità di teste la sig.ra COGNOME NOME (moglie del sig. COGNOME NOME), affinché riferisca sulla circostanza “se vero che il 20 novembre 2020, aprendo una cartella custodita nell’armadio della camera da letto, trovò alcuni atti del Comune di Ginestra, e che li mostrò al marito, il quale riconobbe i contratti di appalto stipulati con il Comune di Ginestra” (COGNOME NOME residente in Barile c.da RAGIONE_SOCIALE ). Per tali ragioni, si chiede che la sentenza della Corte d’Appello di Potenza n. 119/2014 sia revocata ai sensi dell’art. 395, n. 3 e n. 1 c.p.c., quanto al mancato riconoscimento dei corrispettivi e degli interessi da ritardo…»
Non è dunque ravvisabile alcuna omessa pronuncia, poiché il Giudice del merito ha esaminato il riferimento alla richiesta di revocazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 395, n. 1, c.p.c., contenuta nell’atto di impugnazione per revocazione, ma ha proceduto ad interpretare la domanda, ritenendo che essa contenesse la richiesta di revocazione soltanto ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., sebbene le conclusioni riportassero anche il richiamo all’art. 395, n. 1, c.p.c. , dando correttamente rilievo al fatto che non vi fosse una concreta illustrazione, nell’atto introduttivo del giudizio, di tale vizio ( «Nel merito, l’impugnazione è infondata. Il sig. COGNOME agisce ai sensi dell’art. 395 n. 3 c.p.c. (sebbene nell’intestazione dell’atto indichi anche il n. 1), sostenendo di aver ritrovato i documenti dimostrativi del rapporto contrattuale col Comune, la cui carenza era stata a base della decisione a lui sfavorevole, in un armadio di casa, custoditi in una cartella, in data 20.11.2020» ).
4.3. Tale interpretazione dell’atto di impugnazione è illustrata con chiarezza dalla Corte d’appello , come si evince da quanto appena riportato, fondandosi, come appena evidenziato, in modo chiaro sulle ragioni poste dalla stessa parte a base dell’ atto di impugnazione, sicché nessun vizio di motivazione, come sopra inteso, è ravvisabile.
4.4. Infine, occorre comunque tenere presente che il dolo processuale revocatorio non è integrato dalla mera violazione dell’obbligo di lealtà e probità previsto dall’art. 88 c.p.c., né dalle allegazioni false, dalle reticenze o dal mendacio, occorrendo ai fini della configurazione dalle fattispecie una macchinazione intenzionalmente fraudolenta, che si concretizzi in artifizi o raggiri soggettivamente diretti e oggettivamente idonei a paralizzare la difesa avversaria e ad impedire al giudice l’accertamento della verità, che pregiudichi l’esito del procedimento (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 31211 del 21/10/2022; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 41792 del 28/12/2021).
4.5. La parte non risulta avere prospettato, quale motivo di censura, fatti riconducibili al dolo processuale revocatorio, come sopra inteso, non avendo dedotto alcuna macchinazione, volta a realizzare artifizi o raggiri, che hanno portato alla soccombenza del COGNOME, essendosi limitat a a stigmatizzare il tenore delle difese della controparte.
Il ricorso deve pertanto essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M. la Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal Comune, liquidate nella somma di € 7 .000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile