Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10564 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8226/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1787/2021 depositata il 16/9/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Il Tribunale di Siracusa emetteva decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 497/2000 con cui intimava, tra gli altri, a NOME COGNOME di pagare alla ricorrente Banca Popolare di Augusta la somma di £ 523.115.657 per una fideiussione rilasciata per RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME si opponeva; la causa veniva interrotta all’udienza del 16 dicembre 2003 e, non essendo stata riassunta, era dichiarata estinta nel 2006, conseguentemente consolidatosi il decreto ingiuntivo.
Con atto di citazione notificato il 27 novembre 2015 il Caporale conveniva davanti allo stesso Tribunale controparte per l’accoglimento di domanda di revocazione del decreto ingiuntivo ex articolo 395 n.2 c.p.c.; la banca resisteva.
Il Tribunale di Siracusa, con sentenza n. 12/2020 dichiarava l’inammissibilità della domanda. In particolare osservava che la domanda si era fondata su sentenza penale di condanna di tale NOME COGNOME per il reato di truffa, divenuta irrevocabile il 29 novembre 2014, l’attore aveva soltanto addotto genericamente nell’atto di citazione di esserne venuto a conoscenza casualmente nel novembre 2015, così non adempiendo al suo onere di allegare e provare in citazione, pena inammissibilità, la data della scoperta della falsità, e avendo tentato poi di farla valere tardivamente mediante prove richieste nella seconda memoria di cui all’articolo
183, sesto comma, c.p.c.; di qui l’inammissibilità riportata dal primo giudice.
Il Caporale proponeva appello, cui resisteva, a seguito di successione, RAGIONE_SOCIALE tramite la sua procuratrice RAGIONE_SOCIALE La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1787/2021, rigettava il gravame, osservando che l’articolo 398 c.p.c. stabilisce che l’atto di citazione deve indicare, a pena d’inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti attinenti, tra l’altro, al n.2 dell’articolo 395 c.p.c., del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti; e l’appellante avrebbe chiesto prova testimoniale soltanto nella memoria di cui all’articolo 183, sesto comma, n.2 c.p.c., ‘senza neppure enunciare in citazione il tipo di prova offerto’.
Il Caporale ha presentato ricorso, sulla base di due motivi; si è difesa con controricorso RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, che ha pure depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli articoli 395 e 398 c.p.c.
In sintesi, si sostiene la necessità di una ‘corretta esegesi’ dell’articolo 398 c.p.c., esponendone il contenuto per dedurne che gli oneri probatori dell’attore sarebbero ‘diversi ed autonomi’ in relazione ad ognuna delle ipotesi di revocazione e che, per la fattispecie di cui all’articolo 395 n.2 c.p.c. l’onere probatorio sarebbe stato ‘esaustivamente assolto’ mediante l’indicazione testuale della domanda di revocazione, la dimostrazione del fatto allegato -cioè la declaratoria della falsità -e la prova dell’accertamento della falsità stessa – cioè il passaggio in giudicato della sentenza che l’aveva accertata -.
Non rileverebbe, peraltro, la data della ‘scoperta’ – attinente solo alle ipotesi di dolo , bensì inciderebbe la data dell’accertamento della pretesa falsità; inoltre, trattandosi di revocazione per falsità documentale, rileverebbe ‘esclusivamente la indicazione della data’ dell’avvenuto accertamento giudiziale, cioè la indicazione della sentenza (penale in questo caso).
Ancora, il momento di effettiva scoperta sarebbe stato ‘adeguatamente allegato’ in citazione mediante la seguente locuzione: ‘Durante il corrente mese di novembre 2015’. Tempestiva sarebbe stata poi la notifica della citazione avvenuta lo stesso mese della scoperta, cioè il 27 novembre 2015.
Il secondo motivo viene presentato attraverso tre diverse rubriche: violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.; ‘illegittima mancata ammissione dei mezzi di prova testimoniale espressamente articolati e ribaditi’ quanto alla specificazione del momento di conoscenza effettiva della falsità documentale; nullità della sentenza e del procedimento ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
Si richiama il capitolo testimoniale, presente – con i due testi chiamati a rispondervi – nella seconda memoria ex articolo 183, sesto comma, c.p.c., segnalando di avere reiterato la richiesta di prova nella precisazione delle conclusioni, ed evocando Cass. 950/1986, secondo cui per indicare la prova ‘non è necessario che si proceda all’articolazione specifica dei singoli capitoli … essendo sufficiente che si enunci il tipo di prova offerto (non escluse le presunzioni) e si indichino con gli opportuni dettagli le circostanze in cui è avvenuta la scoperta del dolo o della falsità’, dati che potrebbero risultare ‘comunque dedotti e specificati nell’esposizione in fatto della citazione’.
I due motivi possono essere vagliati congiuntamente.
L’articolo 395 n.2 c.p.c. configura la fattispecie di revocazione per quando ‘si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza’ – è evidente che qui è stata invocata la prima parte della norma . L’articolo 398 c.p.c., dotato di rubrica che espressamente si riferisce all’atto introduttivo -‘Proposizione della domanda’ -, al secondo comma stabilisce che, pena inammissibilità, la citazione deve indicare, oltre al motivo della revocazione, ‘le prove relative alle dimostrazioni dei fatti’ tra l’altro del n.2 dell’articolo 395, nonché le prove relative alla dimostrazione ‘del giorno della scoperta o dell’accertamento … della falsità’.
Risulta pacifico che nell’atto di citazione le prove non sono state indicate, venendo invece proposte nella seconda memoria di cui all’articolo 183, sesto comma, c.p.c.
Ciò conduce effettivamente la domanda di revocazione alla inammissibilità, con assorbimento del resto, come correttamente affermato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza (‘atteso che l’attore per la prima volta ha indicato ed articolato la chiesta prova testimoniale in occasione del deposito della memoria ex art. 183 co.6 n.2, senza neppure enunciare in citazione il tipo di prova offerto, correttamente il Tribunale ha ritenuto la tardività della indicazione e la conseguente inammissibilità della domanda…’).
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025