Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34437 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34437 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1930/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio de ll’ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 19553/2023 della Corte Suprema di Cassazione, depositata il 10.7.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, questa Corte ha rigettato il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente contro la sentenza n. 302/2021 della Corte d’Appello di Ancona. La Corte territoriale, disattendendo l’appello del la ricorrente, aveva confermato la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Macerata aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME volto ad ottenere l’annullamento del licenziamento disciplinare disposto nei suoi confronti dal M.I.U.R., di cui era dipendente con funzioni di collaboratrice scolastica presso gli istituti indicati in epigrafe.
Contro l ‘ordina nza di questa Corte la lavoratrice ha ora proposto ricorso per revocazione affidato a un unico motivo.
Il Ministero si è difeso con controricorso intestato anche all’ufficio scolastico regionale e agli istituti scolastici interessati.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è presentato ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. ed è basato sulla testuale affermazione, in rubrica, che «la decisione impugnata è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa (costituito dalla revoca dell’applicazione in favore della ricorrente della legge n . 104/1992), del quale con la sentenza impugnata è stata omessa la disamina».
Occorre precisare che la sanzione disciplinare del licenziamento venne inflitta per l’in adempimen to all’ordine di rientrare in servizio impartito alla dipendente quando era in aspettativa per motivi familiari. L’ordine di r ientrare in servizio era stato impartito dopo che la pubblica amministrazione aveva appreso che le condizioni di salute della persona assistita dalla ricorrente non erano più quelle previste dalla legge n. 104 del 1992 quale presupposto per il diritto all’aspettativa, tant’è che l’IRAGIONE_SOCIALE aveva disposto la revoca de i benefici.
Con il presente ricorso la lavoratrice insiste nell’affermare la tesi secondo cui, in mancanza di una comunicazione da parte dell’I.N.P.S. della revoca dei benefici di cui alla legge n. 104 del 1992, il diritto al godimento di quei benefici doveva intendersi ancora perdurante. Il che la ricorrente ritiene di poter desumere da quanto disposto dallo stesso I.N.P.S. nella circolare n. 127 dell’8.7.2016.
Su questo presupposto si afferma, nel ricorso, che «La Corte di Cassazione ha adottato la sentenza impugnata sul presupposto dell’esistenza di un fatto che invece in maniera incontrovertibile non sussiste».
2. Il ricorso è manifestamete inammissibile.
2.1. A parte l’incomprensibile riferimento, nella rubrica del motivo, alla « omessa … disamina » di un fatto la cui verità sarebbe «incontrastabilmente esclusa», manca l’indicazione stessa di un «fatto» sul quale sia, in ipotesi, caduto l’errore di percezione della Corte.
È evidente che tale «fatto» non può consistere nella permanenza o meno del diritto a godere dei benefici della legge n. 104 del 1992, perché la permanenza o la cessazione dei
benefici è u n giudizio, in diritto, conseguente all’accertamento di determinati fatti. Lo stesso vale per il giudizio sulla rilevanza o meno, ai fini della permanenza o della cessazione del diritto ai benefici, della comunicazione agli interessati della revoca da parte dell’I.N.P.S. e della circolare dell’I.N.P.S. che quella comunicazione prevedeva.
2.2. In ogni caso, nella sentenza qui impugnata, la Corte di Cassazione si è limitata a dichiarare inammissibile il ricorso nella parte in cui tendeva a rimettere in discussione l’accertamento in fatto «che non sussistevano le condizioni richieste per la fruizione del congedo straordinario biennale».
Quindi, a tutto concedere, l’errore di fatto (se tale fosse) potrebbe averlo commesso la C orte d’Appello , non certo la Corte di Cassazione, che ha correttamente rilevato l’impossibilità di procedere a un riesame del fatto.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
4 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di revocazione, liquidate in € 4.500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
dà atto che sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della